Era una notte buia e tempestosa…
Ok, forse non proprio tempestosa, ma la notte nella quale è ambientato White Night, a dispetto del titolo, è senz’altro scura e tetra come poche.
A metà tra l’avventura noir anni ’30 e il survival horror, il nuovo titolo di OSome Studio (distribuito esclusivamente in versione digitale da Activision) propone una veste grafica decisamente accattivante pur sfruttando solo i contrasti forti tra bianco e nero.
Nei panni di un povero malcapitato dotato di immancabile impermeabile degli anni d’oro del noir, e armati della sola, tenue, luce di alcuni fiammiferi, saremo chiamati a scoprire cosa si cela dietro una misteriosa donna e una tetra magione che chiaramente non vuole essere esplorata.
Versione Testata: PC
La nostra discesa nell’orrore inizia con un classico dell’horror: un autista distratto, una figura (donna? ragazza? bambina?) che improvvisamente gli taglia la strada, facendolo sbandare e perdere conoscenza. Al risveglio, l’auto è andata, e della figura investita nessuna traccia. In compenso le ferite del nostro alter-ego si fanno sentire, e per evitare di lasciarci la pelle in mezzo al nulla, l’unica opzione è chiedere aiuto in una tetra magione vicino al luogo dell’incidente.
Sin da queste premesse, purtroppo, il carattere dell’intero titolo resta altalenante tra momenti di genuina ansia e tensione, accompagnati da enigmi ingegnosi e svariate note d’atmosfera (come ad esempio il diario del protagonista, le cui “annotazioni” si compongono in una sorta di giornale d’epoca), e cliché che rendono fin troppo prevedibili gli eventi.
Più costante, sicuramente è il comparto audio: ad un ottimo doppiaggio, si accompagna una musica di qualità. I pezzi che si alternano sono da una parte piacevoli armonie soft jazz e ambientali, dall’altra prolungate dissonanze fatte di archi che stridono in accordi inquietanti, in particolar modo in prossimità di fantasmi. Il tutto si intona alla perfezione sia al tono spettrale della storia narrata, sia agli stati d’animo del nostro alter-ego, permettendo al giocatore una connessione anche emotiva con lo stesso.
E’ a questo punto che White Night ci ricorda brutalmente la sua natura di survival horror, e pure decisamente old school, nel bene e nel male. Pertanto, prendercela troppo comoda in punti non illuminati sarà un ottimo modo per fare la conoscenza con le Ombre inquiete che abitano la magione, dotate (purtroppo per noi) di un tocco letale e una fastidiosa tendenza a bloccare punti di passaggio obbligato. A questo clima di costante tensione si somma il limite di 12 fiammiferi trasportabili, reperibili un po’ in tutta la casa e in numero fortunatamente sufficiente a permetterci un’esplorazione completa, ma mai abbastanza per darci modo di tirare realmente il fiato. Ciliegina sulla torta è la scelta di OSome Studio di puntare al realismo: casualmente, può capitare che alcuni dei fiammiferi a nostra disposizione facciano cilecca nell’accendersi, lasciandoci impantanati nell’oscurità. Se questo può essere un deciso fastidio con le tasche piene di zolfanelli, diventa una sistematica condanna a morte una volta arrivati agli sgoccioli.
Situazioni simili, comunque, sono se non altro volute, e contribuiscono a calare il giocatore nel clima di tensione che ci si aspetterebbe da una storia simile. Sfortunatamente, White Night mette i suoi utenti di fronte anche a mostri ben peggiori dei fantasmi e dell’ansia…
Il vero problema sorge al momento di fare i conti con la gestione delle telecamere del gioco. Così come nel primo Resident Evil, anche White Night soffre delle inquadrature fisse e dei controlli che tendono a invertirsi a seconda della direzione della visuale. Semplicemente camminare in avanti verso un corridoio, tenendo premuto il pulsante d’avanzata, può improvvisamente diventare un’odissea qualora ci fosse, a metà strada, un cambio di inquadratura. Il rischio è che, spostando la visuale verso un’angolatura differente, questa trasformi la nostra avanzata in una curva, o peggio ancora in una retromarcia. Va da sé che il problema peggiora con l’aumentare del numero di fantasmi incontrati: una fuga perfetta può trasformarsi in morte certa se, girando un angolo, non saremo abbastanza pronti a spostarci verso il nuovo tasto che ci consentirà di proseguire nella direzione voluta.
Unica salvezza è mantenere la pressione sullo stesso tasto, in modo da evitare la ricalibrazione automatica nella nuova direzione, ma anche così alcune sequenze diventano decisamente frustranti. Per questo motivo, dalla metà in poi, il titolo tende a barcamenarsi tra una piacevole esperienza di scoperta, esplorazione e tensione, e un impietoso “trial and error”.
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