Recensione Watch Dogs

Il 27 Maggio è finalmente finita la corsa ad ostacoli che ha portato Aiden Pearce dall’annuncio di Watch Dogs all’E3 del 2012 all’uscita nei negozi. Corsa ad ostacoli non priva di sorprese e colpi di scena tra rinvii, rumor, polemiche e una campagna di marketing mai come in questo caso imponente e virale. Dopo tante parole è quindi finalmente arrivato il momento di toccare con mano la nuova creatura targata Ubisoft, cui spetta il difficile compito di essere al livello delle grandi aspettative create dalla software house transalpina e, forzando un po’ il paragone, competere con le altre due produzioni open world cui prima dell’uscita è stata (in un modo o nell’altro) confrontata: Grand Theft Auto V e inFamous: Second Son.

Versione testata: Playstation 4

Quis custodiet ipsos custodes?

Le vicende narrate in Watch Dogs hanno come punto di partenza un fatto risalente ad undici mesi prima: un colpo ai danni del Merlaut Hotel fallito da Aiden ed il suo socio, Damien Brenks. A farne le spese sarà la nipote (di sei anni) del protagonista, che rimarrà vittima di un “incidente”che doveva invece mettere fine ai giorni di Aiden. Lo scopo del giocatore è quindi quello di accompagnare l’hacker grey hat nella sua vendetta contro il misterioso mandante, guidandolo attraverso una serie di esperienze che permetteranno al personaggio di crescere e capire chi è.

Dal punto di vista narrativo la storia raccontata è dunque abbastanza tradizionale, ma grazie al peculiare contesto cui si inserisce riuscirà a toccare tematiche interessanti anche in un modo decisamente atipico (il condizionamento mentale ad esempio non è esattamente qualcosa di nuovo, ma ottenuto attraverso l’utilizzo di sistemi informatici assume un sapore molto più fresco), accompagnando tutto con un contorno pieno di tocchi umoristici “da programmatore”. Un vero peccato che gran parte di questi temi siano introdotti un po’ in sordina attraverso le comunicazioni tra personaggi non giocanti che Aiden può ascoltare hackerandone i telefoni per poi erompere all’improvviso in modo più deciso nell’economia della narrazione, trovando purtroppo uno spazio non sempre adeguato per emergere e caratterizzare maggiormente la storia.

God is Real, unless declared Integer

Sotto il profilo del gameplay le meccaniche tipiche da free roaming vengono amalgamate con quello che è l’aspetto portante (e caratterizzante) della produzione: l’hacking, e più in generale la tecnologia ed l’uso che viene fatto di questa, permea infatti praticamente tutti gli aspetti di Watch Dogs, fungendo spesso e volentieri da vero valore aggiunto. Aiden è infatti capace di interfacciarsi grazie al suo smartphone, con i diversi elementi che compongono questa Chicago virtuale, inserendosi e prendendo il controllo del ctOS (sigla che sta per Central Operating System ma se letta con pronuncia anglofona suona come “city OS”, sistema operativo per la città). Oltre ai telefoni dei cittadini, al network orwelliano sono connessi una miriade di dispositivi, dai semafori alle tubature del gas: il giocatore può quindi sfruttare (all’inizio in modo più basico e via via sempre di più potenziando le abilità di Aiden relative) l’intera metropoli per i suoi scopi, sia che voglia seminare degli inseguitori causando incidenti agli incroci o alzando i dissuasori stradali sia quando invece l’obbiettivo è infiltrarsi in modo più o meno furtivo in alcuni edifici, localizzando i nemici presenti grazie alle telecamere oppure ricorrendo a diversivi più o meno complicati (spaziando da sms per distrarre l’ignara guardia a valvole che si allentano facendo fuoriuscire dal gas, fino ad arrivare a dispositivi che esplodono attirando gli avversari lontani ed uccidendo quelli vicini). Non manca poi la possibilità di causare blackout per sfruttare di notte l’oscurità tanto cara ad un’altra icona videoludica di Ubisoft, distruggendo i generatori o ricorrendo a dell’equipaggiamento ad-hoc da craftare con gli oggetti raccolti o acquistati ai banchi dei pegni. La tecnologia poi fornisce anche degli spunti riusciti per quanto riguarda le “attività collaterali” fruibili in gioco, sia sul fronte collezionabili (hackerando telecamere ed ascensori per poter esplorare Chicago alla ricerca di questi, oppure utilizzando una sorta di clone di Foursquare per fare il check-in davanti ai monumenti) che per quanto riguarda i mini-giochi presenti, che uniscono delle simpatiche sottoesperienze in realtà aumentata ai “trip digitali”, più onirici e dotati di una certa anima “alla Saint’s Row”.

Cose da migliorare nella release 2.0

Il vero e più grande tallone di Achille (e che purtroppo, in un modo o nell’altro riesce a “mettere le mani” un po’ dappertutto rovinando a chi gioca una festa altrimenti riuscita) risiede nel sistema di guida: la risposta dei diversi veicoli non è infatti puntuale, rendendo i mezzi di trasporto faticosi e quasi frustranti da utilizzare (e causando spesso e volentieri vittime tra i pedoni presenti). Non convince nemmeno la fisica dietro ad urti e collisioni, troppo “gommosa” e capace di consentire manovre davvero troppo distanti dalla realtà anche abusando della sospensione dell’incredulità. Alla luce di quanto detto prima per quanto riguarda l’hacking e del numero di mezzi a disposizione di Aiden si parla insomma di un’occasione mancata, che speriamo di vedere raccolta da un eventuale secondo capitolo. Diverso il discorso per quanto riguarda il combat system grazie ad un sistema di coperture che permette di utilizzare praticamente tutto lo scenario per ripararsi e ad un quantitativo a dir poco generoso di armi ed equipaggiamento, oltre ad uno skill-tree  (già menzionato di sfuggita prima) nutrito e capace di incoraggiare il progresso in quantomeno tre dei quattro rami a disposizione (hacking, combattimento, guida e fai da te, che permette di “craftare” alcuni dispositivi come jammer per le comunicazioni e bombe artigianali).

E staccati da quel telefono!

Altra componente decisamente riuscita dell’ultima fatica di Ubisoft è senza dubbio il multigiocatore: missioni principali e secondarie vedono affiancarsi a loro i “contratti online”, capaci di mettere uno contro l’altro i vari “fixer” tra di loro in sfide di diversa natura. Tra le più divertenti spiccano fondamentalmente quelle relative all’hacking, molto vicine alla filosofia della componente online dei vari Assassin’s Creed (lo scopo è localizzare il bersaglio e hackerarne il telefono stando attenti a non farsi scoprire, sfruttando ad esempio i personaggi non giocanti per mimetizzarsi) e le sfide ctOS mobile, che vedono da una parte chi sta giocando al titolo su PC o console e dall’altra i giocatori mobile della companion app. Il giocatore su smartphone e/o tablet deve riuscire a catturare, controllando le forze di polizia e i vari snodi della città connessi al ctOS, l’altro giocatore, il cui obbiettivo è invece quello di scappare evitando le trappole e lo spiegamento di forze messe in campo dal rivale.

L’arte dell’inganno

Sotto il profilo tecnico, il titolo (quantomeno nella versione provata da noi su Playstation 4) si difende più che egregiamente, in virtù di una fluidità generale che viene a mancare praticamente solo quando si completa una missione e vengono visualizzati a schermo diversi avvisi a mo di finestre. L’aspetto grafico invece appare un po’ meno puntuale, probabilmente a causa della natura “cross-gen” del titolo, che pur non scendendo mai sotto un certo standard visivo presenta alcune mancanze come gli specchi o aspetti un po’ trascurati come i riflessi e il sistema di illuminazione. Il comparto acustico è invece promosso, grazie ad un bacino di tracce che abbraccia generi diversi tra di loro e all’aiuto della natura di collezionabili di alcune di queste, ottenibili hackerando gli smartphone di determinati cittadini.

Verdetto
8 / 10
Gesù Cristo a pedali
Commento
Riassumere in un paio di cifre un giudizio su un prodotto complesso e per certi versi eclettico come Watch Dogs è un’impresa tutt’altro che semplice: se è vero che da una parte ci sono non pochi aspetti riusciti ed originali (come più o meno tutto quello che riguarda l’hacking) e la carica ironica del titolo riesca ad accompagnare il giocatore tranquillamente dall’inizio alla fine, dall’altra agli aspetti meno riusciti (sistema di guida su tutti) si mescolano cose che, usando una frase fatta e forse un po’ stantia, “hanno il potenziale ma non si applicano” come la trama. Il voto finale scaturisce quindi da una sorta di media e giocoforza non ha la stessa capacità espressiva delle circa 1200 parole spese più sopra: se si è capaci di andare oltre i difetti del titolo e di apprezzarne le trovate fresche ed originali allora Watch Dogs può essere facilmente considerato un titolo da 9, diversamente se le imperfezioni presenti proprio non vanno giù la valutazione scende di un punto rispetto a quella espressa. Cercando di essere il più oggettivi possibili quindi l’open world di Ubisoft si “accontenta” di essere un ottimo titolo con qualche controindicazione, in attesa di un secondo capitolo (che a questo punto aspettiamo con una certa ansia) che ne limi tutti i difetti come fece a suo tempo Assassin’s Creed II con il suo predecessore.
Pro e Contro
L’hacking è un valore in-game aggiunto
Multiplayer riuscito e convincente
Longevo e ricco sotto quasi tutti i punti di vista
La storia tocca argomenti interessanti in modo abbastanza originale...

x ... Ma non gli dedica abbastanza spazio
x Il sistema di guida non convince
x Tecnicamente è un po’ frenato dallo sviluppo cross-gen

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