Recensione Tomb Raider

Il 1996 fu un anno di rottura. Fu un anno nel quale il mondo dei videogiochi venne segnato da profondi cambiamenti che modificarono profondamente la concezione di due generi molto affini tra loro: i platform e gli adventure. In quell’anno, a poca distanza l’uno dall’altro si affacciarono sul mercato due prodotti destinati a sovvertire ed influenzare le generazioni a venire. Stiamo parlando di due dei personaggi più iconici del panorama videoludico, ovvero Super Mario e Lara Croft.
Se il primo, grazie al supporto di Nintendo, è riuscito negli anni a sfornare continui capolavori, il destino toccato alla giovane Lara Croft è stato molto più sofferto: dal boom del successo di Tomb Raider, che l’ha consacrata a personalità di prim’ordine al pari di una diva hollywoodiana tanto da guadagnarsi anche due pellicole cinematografiche, fino al declino nell’era dei 128 bit, dove la serie ha subìto un arresto sia qualitativo che di vendite tanto da protrarsi nell’attuale generazione. Nel corso degli anni, che hanno visto il passaggio di testimone da Core Design a Crystal Dynamics e dopo una serie remake, collection e spin-off, i programmatori sono arrivati di fronte ad un bivio che li ha portati ad una scelta difficile e quanto mai abusata in questo periodo. Ricorrere ad un operazione di reboot della serie, dando nuova linfa vitale al brand di Tomb Raider e rilanciare al tempo stesso la sua formosa protagonista. Così arriviamo a questo 2013 che ha visto il ritorno di molte facce note, compresa quella dell’amata Lara Croft, la giovane archeologa pronta a vivere un nuovo filone narrativo rimediando agli errori del passato. Sarà riuscita Crystal Dynamics nell’intento? Continuate a leggere e lo scoprirete.

Born to be alive!

Puntando tutto sul fattore reboot, Crystal Dynamics ha pensato bene di fare tabula rasa di tutti gli elementi dei precedenti giochi della serie, arrivando a rivedere la stessa psicologia di Lara Croft. Se in passato avevamo a che fare con una provocante donna vissuta, spesso arrogante o irriverente tanto da essere una delle più desiderate femmes fatales della moderna era digitale, in questo capitolo ci troveremo di fronte ad una versione della stessa avventuriera molto più intima e introspettiva. Il viaggio della nuova Lara non sarà solamente ludico ma anche interiore, riversando su schermo tutte le sue paure e le sue sofferenze, strappandole con la forza la voglia di vivere e sopravvivere senza mai arrendersi a quella che apparentemente potrebbe sembrare la fine di tutto.
Tomb Raider inizia con Lara in viaggio sulla nave Endurance, in missione nei pressi del Triangolo del Drago, nefasta zona geografica nell’oceano pacifico, ricca di strane attività magnetiche e custode di importanti segreti, tra cui il mistero dietro al quale si nasconde il Regno Yamatai, per secoli ambito traguardo archeologico. Come al solito le cose non vanno per il verso giusto, prendendo una piega inaspettata, Lara e l’equipaggio dell’Endurance finiscono per naufragare su una misteriosa isola che di li a poco mostrerà la sua natura inospitale. Svegliatasi legata all’interno di una grotta, Lara (e al tempo stesso il giocatore) dovrà iniziare la sua corsa alla salvezza diventando dapprima vittima sacrificale di alcuni selvaggi per poi far luce su una serie di eventi che la porteranno a scoprire interessanti risvolti mistici legati al culto della Regina del Sole Himiko. Messa alle strette, turbata nella psiche e martoriata nel fisico, Lara Croft dovrà ricorrere a tutte le sue forze per salvare se stessa e i suoi amici, cercando di svelare il mistero che si cela sull’isola e perché no, mettere fine alla sete di sangue della setta dei Solarii. Sarà così l’inizio di un’avventura che accompagnerà il giocatore per una quindicina di ore, fatte di arrampicate, fughe al cardiopalma e sparatorie senza dimenticare l’esplorazione, fin dagli albori elemento cardine della serie, che qua viene ridimensionato ma non dimenticato. La trama offre numerosi spunti interessanti, traendo ispirazione dalla mitologia orientale sfociando nel misticismo con risultati non del tutto convincenti specialmente nelle ultime fasi di gioco.

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Bring me to life

Lara affronterà il suo viaggio senza disporre di nessuna risorsa. Nei primi minuti di gioco, ancora spiazzati per il naufragio e il rapido decorso degli eventi, ci troveremo a girovagare nei boschi dell’isola cercando di trovare qualche risorsa che possa rivelarsi utile alla nostra sopravvivenza. È qua che, metteremo mano ai due utensili più importanti che ci accompagneranno durante tutto il corso del gioco, diventando al tempo stesso elementi di gameplay per la risoluzione di puzzle ambientali o durante le fasi platforming: stiamo parlando dell’Arco e del Rampino. Entrambi rudimentali ad inizio avventura, con il proseguo della storia saremo in grado di apportare alcuni upgrade, così come al resto dell’equipaggiamento, rendendoli non solo più efficienti, ma al tempo stesso più performanti, permettendo di sbloccare nuove abilità che consentiranno di compiere nuove azioni o accedere a nuove zone. Ad esempio, nelle prime fasi di gioco il mostro arco sarà un arma molto semplice, da impiegare prevalentemente nella caccia o contro i nemici che popolano l’isola. Raccogliendo le molteplici risorse disseminate in lungo e in largo potremo ampliare il set di possibilità, sbloccando versioni potenziate capaci di utilizzare corde per creare nuovi passaggi o frecce incendiarie da scagliare contro i nemici più coriacei. Lo stesso dicasi per il rampino, che una volta potenziato si rivelerà utile per le scalate estreme sulle pareti rocciose più impervie o perché no, durante i combattimenti come arma letale e silenziosa.
Lara, nonostante la sua inesperienza e la giovane età si muove con disinvoltura trovandosi suo malgrado a suo agio in questa nuova veste, diventando di colpo da preda a cacciatrice e potrà esplorare in libertà l’isola nella sua interezza, anche se la sua accessibilità sarà vincolata allo svolgimento della trama, che con l’avanzare degli eventi si renderanno disponibili nuove macro aree ricche di segreti e zone da visitare alla ricerca di tesori. Ogni superficie affrontabile sarà sempre ben in evidenza per essere scalata o saltata e nel caso non riusciate a trovare la retta via, sarà possibile utilizzare una sorta di sesto senso che ci indicherà la via per il nostro obiettivo.
Tomb Raider pone l’accento anche sui combattimenti e gli scontri a fuoco, disseminando il gioco di nemici pronti a tutto per eliminare Lara e per garantire la nostra sopravvivenza disporremo di alcune armi, anch’esse vincolare al sistema di miglioramento che regola i meccanismi di crescita del personaggio. Lara sarà in grado durante i combattimenti di mettersi al riparo dietro i numerosi elementi di copertura disseminati nelle aree di gioco, evitando così di finire vittima dei colpi nemici. Sebbene il gioco proponga numerosi e a volte fin troppe situazioni contro ondate quasi infinite di nemici, consente di aggirarle sfruttando alcune soluzioni stealth e di eliminare la minaccia in maniera veloce e pulita. Ad esempio potremo fare fuori un ostacolo che si trova sul nostro cammino utilizzando l’arco o se la distanza è più ravvicinata aggirare l’obiettivo alle spalle per eseguire un uccisione letale.
Fin dalla sua presentazione, Tomb Raider ha fatto discutere per la forte somiglianza a livello di gameplay, con un altro mostro sacro di questa generazione, Uncharted. Se è vero che Crystal Dynamics abbia attinto a piene mani dal titolo Naughty Dog, creando un gioco d’azione che non fosse solo bello da vedere tecnicamente ma anche scenografico, con un taglio cinematografico degno del migliore Indiana Jones e capace di tenere incollati allo schermo per tutta la sua durata. Anche il combat system con annesse coperture e le fasi platform ricordano molto da vicino l’esclusiva Sony, senza però che questo si trasformi in un plagio disensato, tutt’altro. Crystal Dynamics in questo senso è stata brava a cogliere l’essenza del “rivale” e rielaborarla aggiungendo nuovi elementi nel gameplay riuscendo a mantenere in qualche modo la propria identità e senza snaturare la figura di Lara Croft.

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I’m a survivor

Dove pecca il gioco però sono le lunghe fasi scriptate che guidano il giocatore dall’inizio alla fine su binari prestabiliti, dai quali ci è concesso uscire solamente nel caso si voglia dedicare qualche momento all’esplorazione delle aree. Se questo è positivo sul lato della freneticità, in quanto saremo sempre occupati in qualcosa e senza un attimo di respiro, spesso la sensazione è che siano buttate li senza cognizione di causa o fin troppo ripetutamente. L’esempio più lampante è quello delle sezioni di fuga, che nonostante cambi il movente della nostra corsa, l’iter sarà lo stesso, con il giocatore a controllare Lara mentre saremo inseguiti quando dagli spari dei nemici, quando da una valanga, quando da un ponte che sta crollando. Tutte situazioni fin troppo simili tra loro e fin troppo abusate nel corso della storia, tanto da risultare esagerate agli occhi del giocatore.
Anche gli scontri a fuoco, che peccano fin da subito sul lato della difficoltà, troppo tarata verso il basso anche al livello più difficile e da una scarsa intelligenza artificiale, alla lunga diventano più un pretesto che un reale momento di piacere, buttando il giocatore contro ondate di nemici un po’ alla rinfusa e perdendo quel tatticismo da sopravvivenza che si respirava nelle prime fasi di gioco.
Per fortuna la situazione migliora sul lato platforming, qua forse una spanna superiore anche al già citato Uncharted, che grazie a qualche aggiunta nel gameplay, come dei semplici QTE, o l’interazione ambientale integra alla perfezione il level design con gli enigmi, non complicatissimi, ma che richiederanno soprattutto nelle fasi finali una buona dose si tempismo per essere superati. Il sistema di crescita del personaggio si rivela una buona intuizione e la possibilità di sbloccare nuove abilità che migliorano le caratteristiche di Lara, spinge il giocatore a cercare di guadagnare il più possibile punti esperienza, uccidendo con stile e brutalità i nemici o scoprendo i segreti disseminati nell’isola. E per gli insaziabili del gioco online, Tomb Raider propone una modalità multigiocatore che va ad ampliare la breve ma intensa avventura principale, rivisitando le classiche modalità competitive come il deathmatch a squadre o cattura la bandiera riproponendo gli stessi elementi caratteristici del gioco in singolo. Anche qua la crescita del personaggio, attraverso 60 livelli permette di sbloccare nuove caratteristiche per il proprio personaggio e di personalizzare il proprio equipaggiamento da portare in partita. Le mappe sono ispirate ad alcune delle ambientazioni del gioco proponendo stage multilivello ed aperti alle più varie soluzioni d’attacco. La manciata di mappe disponibili verrà poi infoltita da nuovi DLC che andranno ad espandere l’offerta di gioco grazie a nuovi contenuti dedicati al multiplayer. Come aggiunta, il comparto multigiocatore è piacevole e si lascia anche giocare per qualche ora specialmente se accompagnati da qualche amico. Dove invece lascia a desiderare è sul lato dell’originalità, dove in questo caso non convince appieno, facendosi dimenticare presto per esperienze online più interessanti e divertenti.

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Welcome to the Jungle

Dove Tomb Raider brilla particolarmente è nell’aspetto tecnico, vera punta di diamante del reboot. Crystal Dynamics ha lavorato egregiamente sotto questo punto di vista, ottimizzando un engine grafico capace, almeno su console, di farci dimenticare momentaneamente la prossima sfornata di console, risultando uno dei titoli multipiattaforma più belli da vedere in questo finale di generazione. Tutto appare quasi perfetto, dalla modellazione poligonale dell’isola, capace di regalarci splendidi scorci mozzafiato passando dalle fitte e umide giungle a sezioni montane battute da gelide tempeste di neve. Impeccabile la texturizzazione, sia delle superfici che dei modelli poligonali, in particolar modo quello di Lara che nel corso dell’avventura subirà notevoli mutazioni per via dei continui traumi fisici a cui è sottoposta. Fa la sua parte anche il lavoro posto sull’animazione, con un set di azioni ricco da rendere ogni movimento particolarmente fluido e credibile, lo stesso vale per le animazioni facciali, capaci di far percepire al giocatore lo stato di Lara. Anche sul lato delle strutture, il level design ci grazia con un alternanza fra costruzioni moderne e rovine fatiscenti, proponendo soluzioni visive sempre coerenti (per quanto possano essere) con certi periodi storici ai quali si ispira la storia di questo nuovo capitolo. L’uso di un sofisticato sistema particellare per la realizzazione delle condizioni atmosferiche (pioggia, neve, vento) dona infine al gioco quell’anima che rende l’isola viva e al tempo stesso pericolosa che unito ad motore per la gestione delle luci in tempo reale, confezionano un comparto tecnico di prim’ordine. Tutta questa bellezza però non è esente da qualche piccola imperfezione. Ad esempio su Xbox rispetto alla controparte Sony, notiamo una risoluzione leggermente inferiore delle texture e una minor nitidezza sugli oggetti in lontananza. Per quanto riguarda la fluidità invece entrambe soffrono di qualche rallentamento dovuto all’enorme mole di lavoro a cui sono sottoposte le console, causando perdite di fluidità nei momenti più caotici. Tuttavia sono solamente piccole sbavature che fortunatamente non minano in alcun modo la qualità complessiva dell’opera.
Pure l’orecchio vuole la sua parte e in Tomb Raider viene pienamente accontentato. Doppiaggio italiano di buona qualità, in questa nuova edizione Lara avrà la voce di Benedetta Ponticelli, famosa doppiatrice che ha prestato la sua voce ad innumerevoli serie televisive, film e serie animate. Qua offre un’interpretazione perfetta per la parte, riuscendo a riproporre la stessa enfasi del doppiaggio originale senza strafare o apparire artefatta come purtroppo capita di sentire, purtroppo, in alcuni doppiaggi italiani. A completare il tutto un sonoro che si divide fra una soundtrack capace di evidenziare gli innumerevoli momenti d’azione e un un insieme di suoni ambientali che danno vita all’isola e a tutti i suoi abitanti.

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Verdetto
8.5 / 10
Il triangolo no, non lo avevo considerato
Commento
La scelta di Crystal Dynamics di proporre una nuova Lara Croft e ridare vita alla serie di Tomb Raider si può dire che è stata più che azzeccata. Molta ispirazione viene presa dal suo diretto concorrente, Uncharted, ma piuttosto che scimmiottare l'esclusiva Sony riesce nell'intento di mantenere la sua identità, offrendo un prodotto di qualità e al tempo stesso interessante. Restano comunque alcuni problemi a livelli di gameplay, non tanto nelle meccaniche per lo più funzionali ma nella ripetizione estenuante delle stesse, che si ripropongono in maniera forzata facendo apparire certe situazioni fin troppo esagerate e una trama che nelle fasi finali appare claudicante, tanto da spingere il giocatore a terminare l'avventura in tutta fretta. Anche la difficoltà del gioco contribuisce in parte sul giudizio finale, influendo sulla facilità con la quale è possibile portare a termine il gioco nella sua completezza. Questo Tomb Raider rinasce sotto nuova forma, con un “primo” episodio capace di saggiare nuove strade e darci un assaggio di quello che attende il futuro della serie. Crystal Dynamics deve stare attenta a non commettere più gli errori di una volta ma, vista la buona base di partenza di questo reboot, possiamo solamente sperare per il meglio.
Pro e Contro
Graficamente imponente
Sistema di crescita ben integrato
Frenetico e cinematografico

x Alcune situazioni eccessive e ripetitive
x Sviluppo della trama non convincente
x Difficoltà tarata verso il basso

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