I titoli sviluppati da Naughty Dog sono quasi da tradizione legati in modo viscerale alle console di casa Sony, soprattutto grazie ai personaggi che vi compaiono e che sono immancabilmente divenute vere e proprie icone del mondo Playstation. La prima console della casa nipponica aveva Crash Bandicoot, mentre in questa generazione l’utenza ha conosciuto ed impersonato Nathan Drake. Nella scorsa generazione questo “ingrato compito” è stato ricoperto dalla serie Jak e Daxter, arrivata sugli scaffali nel dicembre del 2001 vestita da adventure/platform, poi assecondando una certa deriva verso l’azione con i capitoli successivi. Dopo una prima raccolta in HD per Playstation 3 la trilogia viene adesso riproposta anche su Playstation Vita (sfruttando, purtroppo solo per le due versioni digitali, la formula del cross-buy) mettendo il giocatore davanti alla solita domanda a cui deve rispondere quando si parla di HD Collection: The Jak and Daxter Trilogy è la “solita” riproposizione finalizzata al semplice guadagno oppure il lavoro di conversione è adeguato e ci ritroviamo tra le mani un biglietto per una Haven City restaurata a dovere?
La prima proposta di questa collaborazione tra Naughty Dog e MassMedia inc. è Jak and Daxter: The Precursor Legacy. L’avventura inizia subito con i due protagonisti alle prese con l’esplorazione dell’Isola della Nebbia. Ed è qui che Daxter cade in una vasca di Eco, una sostanza presente nel mondo di gioco in più varietà, ognuna con dei poteri precisi. Questo incidente causerà la trasformazione di Daxter in un bizzarro animale a metà tra una donnola e una lontra, e lo scopo principale dei due protagonisti sarà quello di andare alla ricerca del saggio Gol con lo scopo di annullare la trasformazione. Per fare questo il giocatore, calato nei panni di Jak, dovrà esplorare varie aree alla ricerca di batterie, dei collezionabili indispensabili per poter alimentare alcuni macchinari necessari per proseguire verso altre zone. Queste possono essere raccolte, oltre che con la classica esplorazione o barattandole con i globi precursor (altri collezionabili), anche affrontando nemici o cimentandosi in mini-giochi dalla tipologia decisamente eterogenea (si spazia dalla pesca a sezioni a bordo dello Zoomer, una specie di motocicletta in grado di fluttuare in o in groppa all’uccello Flut Flut, passando per la risoluzione di enigmi e puzzle come vuole la tradizione del genere). Il grosso pregio di questa scelta d’impostazione è quello di dare variabilità all’esperienza, scongiurando il pericolo della ripetitività e garantendo allo stesso tempo una certa libertà al giocatore che può decidere a quali sfide dedicarsi per completare la storia (non è infatti necessario raccogliere tutte le batterie per poter proseguire). La versione portatile della raccolta beneficia inoltre del touchscreen, che rende più accessibile ed immediata la fruizione di alcuni mini-giochi ponendosi come valida alternativa ai controlli fisici. Altro aspetto che interviene nell’espandere la variabilità di gameplay del titolo è l’Eco in tutte le sue varianti: entrando in contatto con questa sostanza Jak acquisirà per un certo periodo di tempo delle abilità extra come l’aumento della velocità di movimento o la possibilità di “sparare” delle palle di energia. Oltre a queste capacità temporanee il protagonista può inoltre vantare su due tipi di attacco (un pugno in linea retta utilizzabile grazie al tasto quadrato e uno spin attivabile premendo cerchio), la possibilità di saltare ed aggrapparsi alle estremità delle piattaforme e sulla facoltà di nuotare ed immergersi per recuperare collezionabili o semplicemente per esplorare le varie zone. Dal punto di vista della rimasterizzazione di HD il lavoro si scontra inevitabilmente con l’età anagrafica del titolo (parliamo di un gioco uscito praticamente all’inizio della scorsa generazione), e nonostante lo sforzo non riesce a mascherare in pieno la piattezza delle texture e dei poligoni. Da segnalare anche qualche calo di frame-rate e la presenza dei bug originali, anche loro riproposti assieme al titolo, oltre ad un paio di sviste a livello di menu (come la presenza delle opzioni di vibrazione). Non sono problemi tali da “uccidere” l’esperienza, ma data la qualità generale di questo primo episodio resta un po’ di amaro in bocca.
Davanti a Jak 2: Renegade il giocatore non può fare altro che rimanere spiazzato: pur essendo il sequel diretto di Precursor Legacy questo secondo capitolo fa sicuramente il possibile porsi ai suoi antipodi, ad iniziare dall’ambientazione che diventa molto più cupa sia a livello di “colore” utilizzato per rappresentarla che per quanto riguarda trama e tematiche. All’inizio del gioco i due protagonisti verranno costretti dagli eventi ad attraversare un portale Precursor che li porterà ad Haven City, città futuristica con tanto di macchine fluttuanti piegata sotto il giogo del barone Praxis. Quest’ultimo catturerà Jak per utilizzarlo come cavia in esperimenti a base di eco oscuro, col fine ultimo di trasformalo in un’arma da utilizzare contro le Teste di Metallo, una razza decisa a distruggere la città. Una volta evaso grazie all’aiuto di Daxter, il protagonista quindi si trova nel bel mezzo di una guerra tra fazioni, che vede in campo oltre al barone e alle Teste di Metallo anche il Mondo sotterraneo , la classica organizzazione di ribelli avversi al regime. Questo cambio drastico a livello di storia influenza anche gli altri aspetti del gioco, rimarcando in modo netto la distanza tra questo capitolo ed il precedente: le cutscene si fanno più “hollywoodiane” e si riempiono di battute e scene tipiche da film d’azione ed il gameplay stesso vira decisamente verso l’action, pur non eliminando del tutto gli spezzoni di platform che fanno sovente capolino tra una sezione e l’altra. I mini-giochi subiscono una sorte simile, diventando per lo più gare a bordo di veicoli o percorsi di addestramento per le armi da fuoco (anche qui con qualche eccezione a richiamare lo spirito del primo capitolo). Alle abilità di base di Jak già presenti nel primo capitolo si aggiungono la possibilità di utilizzare armi da fuoco e la capacità di trasformarsi in Jak Oscuro dovuta agli esperimenti del barone, acquisendo forza e velocità potenziate ed una serie di tecniche brutali in grado di fare piazza pulita di Teste di Metallo e Guardie Kremizi (le truppe di Praxis). A completare l’offerta c’è l’impostazione in stile free roaming scelta per guidare il giocatore tra le missioni che compongono l’avventura, che però risulta un (talvolta frustrante a causa dell’elevato “traffico” cittadino) riempitivo e spezza un po’ il ritmo del giocato, complice una Haven City piuttosto dispersiva e non resa particolarmente accattivante da esplorare. A livello di adattamento non si riscontrano grosse pecche sotto il versante tecnico-grafico ed il lavoro svolto è positivo, ma in ottica mappatura dei comandi la scelta di rimpiazzare gli “assenti” R2 ed L2 con il touchpad posteriore per attivare la visuale in prima persona e la trasformazione in Jak Oscuro non si rivela particolarmente felice, specie nelle situazioni più concitate in cui la risposta di questo non è tempestiva (capita ad esempio di non riuscire a trasformarsi in Jak Oscuro al “primo colpo” e di essere colpiti dai nemici). Vale poi lo stesso discorso sui bug originali fatto per il primo capitolo, non corretti nemmeno in questa occasione.
Dopo un capitolo “ribelle” e fuori dagli schemi della saga come Renegade, Jak 3 ci mette davanti ad un sequel “vero” in tutto e per tutto del capitolo precedente. La trama riprende più o meno da dove si era interrotta nel secondo episodio, e ci mette nei panni di un Jak (anche se in qualche sezione sarà possibile controllare Daxter) accusato di aver tramato per riportare la guerra ad Haven City ed esiliato nel deserto. Ma a salvarlo da morte certa interviene un gruppo di Cacciatori del Deserto che deciderà di recuperare il duo di protagonisti per portarlo a Spargus, una “ridente cittadina” spartana di nome e di fatto. Questo ultimo tassello che completa la collection eredita il meglio (e come vedremo dopo, purtroppo, anche il peggio) dai precedenti capitoli, offrendo una versione riveduta e corretta del free roaming del secondo capitolo, reso meno fine a sé stesso e completato da fasi di esplorazione e platform riprese dal primo episodio finalizzate alla raccolta di collezionabili. L’avventura alternerà queste fasi (oltre che a dei mini-giochi che riscoprono una certa varietà rispetto alla seconda iterazione del brand) a sezioni più adrenaliniche in cui scatenare i nuovi poteri e le nuove armi di Jak contro gli avversari di turno. Alla trasformazione in Jak Oscuro se ne aggiungerà infatti un’altra basata sul potere dell’Eco di luce che bilancerà (a livello di trama ma soprattutto dal punto di vista del gameplay) le capacità di attacco del protagonista, garantendo delle abilità più tattico-strategiche come la possibilità di rigenerare la salute o di rallentare il tempo. Il nostro arsenale di armi da fuoco verrà invece espanso ed integrato con dei “modificatori” in grado di cambiare la natura dei proiettili, permettendogli ad esempio di rimbalzare contro pareti e nemici o di mutarsi in onde d’urto che colpiscono a 360 gradi. Tirando le somme questo terzo capitolo non è sicuramente il più rivoluzionario della serie, ma pur limitandosi ad espandere quanto fatto dal suo “progenitore” e a limarne i difetti ci mette comunque tra le mani un prodotto più completo e assolutamente all’altezza del suo nome, quantomeno sotto il profilo delle meccaniche. A mostrare il fianco sono ancora una volta l’aspetto tecnico (con cali di frame meno vistosi, ma anche più frequenti rispetto a quanto osservato nel primo capitolo) e il sistema di controllo, che alterna nuovamente soluzioni appropriate che sfruttano il touchscreen a veri e propri fiaschi quando si parla di sostituire L2 ed R2 con il touchpad posteriore, che si riconferma non all’altezza del compito.
Dovendo dare un giudizio definitivo, la versione per Playstation Vita di The Jak and Daxter Trilogy si presenta all’occhio come virtualmente indistinguibile dalla gemella per console domestica. Le note dolenti iniziano però una volta avviati i giochi (fa eccezione il secondo capitolo che dal punto di vista tecnico si difende meglio del “fratello” più grande e di quello più piccolo) a causa di cali di frame non tali da rendere il prodotto ingiocabile ma sicuramente capaci di farlo apparire meno godibile. Altra “mazzata” è la scelta di sostituire i due grilletti del Dualshock con il touchpad posteriore della console, manovra non molto riuscita che pregiudica la giocabilità della trilogia più dei problemi tecnici. La versione Vita è dunque da evitare? “Ni”, perché fortunatamente viene soccorsa dalla scelta di distribuire le due versioni digitali della collection in cross buy, pagandone una e ricevendole entrambe. I giocatori per cui il formato digitale non rappresenta un ostacolo possono optare per questo e mettere le mani su un prodotto tecnicamente non riuscitissimo ma comunque “affrontabile”, per tutti gli altri rimane una versione Playstation 3 decisamente migliore ed eseguita a 60 frame al secondo.
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