Recensione State of Mind – Mens sana in Corpore sano

Reale e Virtuale si scontrano e si incontrano nella Berlino utopica di State of Mind.

Qualche mese fa, David Cage e Quantic Dream ci hanno portato in una Detroit futuristica, all’alba della rivolta degli androidi, decisi a guadagnarsi la loro  indipendenza dagli uomini. Non era certamente la prima volta che si affrontava il quesito “Cosa significa essere umani“. La diatriba uomo-macchina, non è un argomento inesplorato nè nel mercato videoludico, nè tanto meno in quello mediatico in generale.
Martin Ganteföhr ha cercato di spingersi oltre la dualità uomo-macchina, concentrandosi tra il reale e il virtuale come filo conduttore per State of Mind. Disponibile dallo scorso ferragosto su ogni piattaforma, l’avventura grafica distribuita da Daedalic Entertainment ci ha impegnato per una decina d’ore.

Saranno riusciti i misteri della vita di Richard Nolan a soddisfare la nostra sete d’idee?
 

Versione testata: PlayStation 4

 

 

State of Mind tratta argomenti importanti, ma pecca fortemente sul fronte gameplay

 

 

A seguito di un’incidente, il giornalista Richard Nolan scopre che la moglie Tracy è sparita portando via il figlio James. Contattato dai ribelli di Brakpoint, l’uomo scoprirà che per fare chiarezza sul proprio passato, dovrà trovare i frammenti dei propri ricordi all’interno di City5, un mondo utopico virtuale in cui  gli esseri umani sono felici.  Per farlo dovrà allearsi con Adam Newman,  padre di famiglia che ha subito stranamente un incidente analogo a quello di Richard.

Scendere  più nel dettaglio della trama di State of Mind, rovinerebbe quello che probabilmente è l’unico punto a favore della produzione.

La storia scritta da Martin Ganteföhr è intrigante e ricca di spunti interessanti, dalla politica, all’immortalità, alla differenza di ceto. Si perde però per strada, schiantandosi con due finali decisamente banali e raffazzonati, e lasciando decisamente troppe strade aperte e inesplorate. Personaggi introdotti spariti nel nulla, linee di dialogo che non portano ai risultati sperati e una caratterizzazione dei personaggi fin troppo sopra le righe. 

State of Mind bene o male si lascia guardare (e giocare) , ma non riesce a lasciare un segno.

Ed è un vero peccato, considerando la scrittura di buona parte delle dieci ore. Purtroppo i momenti avvincenti vengono diluiti da un ripetersi di situazioni più o meno riuscite, e dal ben poco gameplay generale.
Come avventura grafica, State of Mind si discosta completamente sia dalle produzioni Telltale sia dai già citati Quantic Dream. Ogni fase d’azione sarà un filmato, nessun quick time event di sorta che richiede   la prontezza di riflessi del giocatore. La parte giocata dell’intera produzione è vincolata ai dialoghi a scelta multipla e all’esplorazione dell’ambiente in cerca d’indizi. 

Alcuni di questi indizi daranno accesso a dei mini-giochi, dall’hackerare una telecamera muovendo l’analogico destro, al prendere controllo di un drone evitando le telecamere. Anche questi piccoli puzzle ambientali sono molto superficiali e oltre a non dare alcuna soddisfazione, spezzano il ritmo del racconto.

Non la più brillante delle idee, soprattutto quando il costo è così elevato (39,99 €).

 

Ancora una volta, un vero peccato che le fasi giocate siano così irrisorie e scialbe, riuscendo ad intaccare il punto forte di State of Mind. La Berlino (e la City5) di State of Mind sono create in grafica low poly, che se da un lato convince negli ambienti, non da lo stesso effetto per i modelli dei personaggi, manichini finti negli stage preimpostati. Anche le interazioni con lo stesso ambiente sono purtroppo ridotte all’osso. Negli appartamenti di Richard e Adam, ad esempio, potremo decidere di suonare un pianoforte “ad orecchio” data l’assenza di uno spartito da seguire. 

I personaggi di State of Mind possono però godere di un ottimo doppiaggio inglese (salvo un paio d’eccezioni) che li rende decisamente più vivi malgrado il loro aspetto. Se da un lato le voci  sono da premiare, lo stesso non si può certo dire dell’adattamento italiano, che casca  spesso su traduzioni letterali o refusi  in bella vista (come un Trofeis ogni volta che si apre il menù). Nulla di tutto ciò ci ha impedito di arrivare al termine dell’avventura di Richard. Anche se, come già anticipato, il dilemma etico protagonista della parte finale del titolo, è meno approfondito rispetto al resto del racconto qualsiasi sia la vostra ultima scelta.

Verdetto
6.5 / 10
Minimale, vivi male.
Commento
Se da un lato sono decisamente contento di quanto raccontato da Martin Ganteföhr, dall'altro State of Mind è un occasione sprecata. Il futuro di State of Mind è credibile, veritiero e a tratti preoccupante. Per buona parte del titolo, sono stato disposto a chiudere un occhio sulla povertà di gameplay, veramente ridotta all'osso e che non giustifica assolutamente il prezzo della corsa. Questo perché, una volta raggiunti i titoli di coda, vengono a galla tutte le diverse magagne fatte di misteri lasciati in sospeso e personaggi presentati come importanti svaniti nel nulla. Non un brutto racconto, anzi, ma un'esecuzione a malapena sufficiente e facilmente trascurabile in questo periodo dell'anno.
Pro e Contro
Temi trattati
Un buon racconto per il genere
Grafica Low Poly indovinata

x Gameplay insufficiente
x Finale sbrigativo
x Refusi di traduzione italiana
x Prezzo troppo alto

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