Apriamo gli occhi nel cuore della notte subito dopo un incidente stradale, e la prima cosa che vediamo è un’immensa villa al termine di un viale, circondata da un fitto bosco. Le uniche luci che ci mostrano il cammino sono quelle dell’auto accartocciata sul ciglio della strada, e i violenti lampi di un temporale che annebbia la vista. Doloranti, storditi, barcolliamo in cerca d’aiuto verso il portone d’ingresso. Una voce infantile ci risuona nella testa. Perdiamo conoscenza. Al nostro risveglio, siamo all’interno dell’abitazione.
L’inizio di Silver Chain non è molto diverso da quello di molte altre storie horror. Un temporale che sembra non voler finire, una villa labirintica ricca di stanze a soqquadro e di cunicoli nelle intercapedini, pezzi di bambolotti sparpagliati un po’ ovunque, l’impianto elettrico non funzionante e porte perennemente cigolanti.
Qualcosa è successo in questa villa, e a raccontarcelo sono delle brevi pagine di diario che troviamo qua e là.
Esplora
La meccanica di gioco è molto semplice:
esplora e
trova. Tutto ciò che abbiamo a disposizione sono una
lampada e un particolare
monocolo che permette di scoprire determinati oggetti, e con questi dobbiamo, appunto, esplorare e cercare. I pochi
enigmi ambientali presenti fanno affidamento sulla nostra memoria – chiedendoci magari di ricordare un particolare di una stanza da cui siamo già passati – oppure sono puzzle di cui ci viene data sempre la soluzione. Davvero,
vengono proprio date le soluzioni.
Ma perché? Perché
lo scopo del gioco non è quello di bloccarci per ore su un enigma, ma è quello di
farci progredire con la storia e l’esplorazione. Perché solo andando avanti e scoprendo spazi claustrofobici della villa possiamo incontrare ciò che ci insegue, ed essere spaventati da jumpscare appositamente piazzati.
Silver Chains non è uno stealth dove dobbiamo stare sempre attenti ai nemici che abbiamo intorno. Vi è un singolo
essere che ci insegue, e farà la sua apparizione solo in
determinati punti del gioco. Passati quei momenti, non riapparirà fino al prossimo punto della storia.
Prosegui e non ti fermare
Ascolta, nasconditi e osserva
L’audio è uno strumento fondamentale (vi consiglio vivamente di giocarlo con le cuffie).
Voci infantili ci guideranno e ci daranno indizi, un
brusio si farà sempre più forte mano a mano che ci avvicineremo a ciò che stiamo cercando, e la
musica partirà solo nei momenti di pericolo. Per il resto del tempo,
Silver Chains è dominato dal silenzio. Un silenzio pieno, rotto occasionalmente da un forte tuono, oppure amplificato da un cigolio alle nostre spalle.
Non possiamo affrontare ciò che ci insegue. Non ne abbiamo né gli strumenti né le capacità. Tutto ciò che possiamo fare è
nasconderci in un armadio e
aspettare,
osservando ciò che ci insegue dall’anta socchiusa. Una meccanica di gioco di questo tipo risulta, inevitabilmente, monotona e ripetitiva, anche per questo il gioco dura (al massimo) 4 ore. Purtroppo, in queste quattro ore viene
sacrificata la storia.
Mancanza
Silver Chains parte con delle
premesse convincenti. Un po’ cliché, ma convincenti.
Però le spreca. La storia emerge unicamente dalle poche pagine di diario che troviamo sparpagliate nella villa. Queste pagine, scritte dalla signora che abitava la casa, ci narrano di episodi macabri, perdendo però poi credibilità descrivendo la reazione della signora. Azioni insensate, a volte anche totalmente incoerenti che spezzano così quello stato di ansia e di tensione che il gioco vorrebbe mantenere.
Non vi sono particolari dettagli narrativi ambientali (a parte delle chiazze di sangue qua e là), e le reazioni del nostro personaggio di fronte a queste scoperte sembrano sempre innaturali, meccaniche e poco credibili.
Reazioni plastiche, come delle bambole
Alla fine
Silver Chains alla fine mi ha coinvolta poco. La prima ora di gameplay l’ho vissuta con l’ansia, con quella tensione e quella paura di muovermi che attiva ogni senso e che, paradossalmente, blocca dalla paura. Una volta
capite le meccaniche dei momenti di pericolo, una volta
abituata allo stile dei jumpscare, una volta
memorizzate quelle poche stanze fondamentali,
il gioco ha perso tutto. Non ho trovato purtroppo una storia capace anche solo di incuriosirmi, e non sono riuscita a immedesimarmi nel personaggio che interpretavo.
Quella prima ora di gioco, però, è impagabile. Una sensazione di smarrimento che fa venire le vertigini. La percezione di stare camminando come su pezzi di vetro.
Cracked heads ha cercato di creare un gioco dove non è la paura a dominare, ma l’angoscia. Per la prima parte del gioco, ci sono riusciti.
Voto e Prezzo
6.5 / 10
10€ /25€
Commento
Pro e Contro
✓ Angoscia iniziale
✓ Struttura labirintica
x Storia frettolosa
x I personaggi
x Jumpscare forzati
#LiveTheRebellion