Mettere le mani su una Proprietà Intellettuale storica, specie se si tratta di una serie che ha segnato la tua infanzia, è probabilmente una sfida parecchio sentita per uno sviluppatore: da una parte c’è quello che l’originale era, le sensazioni che è riuscito a trasmettere ed i messaggi che ha lanciato verso chi ci stava giocando, dall’altra giocoforza emerge, come è giusto che sia, la visione personale che si ha sia del prodotto di origine che del nuovo progetto, quello che è stato interiorizzato ma anche le idee che dalla carta andranno a tradursi in codice sorgente. Immaginiamo che sia questo lo spirito con cui
Heavy Spectrum Entertainment Labs si sia avvicinata ed abbia lavorato a
Shadow of the Beast negli ultimi tre anni: è il momento di scoprire con quali esiti, dopo la buona prova fornita dal titolo in fase di
anteprima.
All’ombra della bestia
A quasi 27 anni di distanza dall’originale Shadow of the Beast, il giocatore si ritrova nuovamente a vestire i panni di Aarbron, un essere umano rapito dietro ordine di Maletoth, signore oscuro di Karamoon con lo scopo di trasformarlo nella Bestia, una potente creatura assetata di sangue tramite la quale esercitare il suo potere su vasta scala e ghermire più vite da immolare per i suoi esperimenti. Nelle prime battute dell’esperienza però la creatura riesce a riappropriarsi dei propri ricordi, capendo di essere stato utilizzato da Zelek (l’arcimago di Maletoth e uno dei fedelissimi dello stregone) e dal suo signore, ribellandosi e scendendo in battaglia alla ricerca della sua vendetta.
Il focus è sul giocato, ma non manca qualche sviluppo dedicato alle vicende narrate
Quanto riportato corrisponde all’incipit della storia proposta da Shadow of the Beast,
che viene poi espansa con ulteriori dettagli raccogliendo in ciascuno dei sette livelli presenti le sfere della profezia, collezionabili che sbloccano i diversi capitoli del gioco e permettono di dipanare la narrazione nei suoi vari aspetti, dai retroscena dietro il rapimento di Aarbron fino ad arrivare ai sei finali proposti dal gioco (due accessibili direttamente, gli altri legati alla raccolta dei collezionabili e alla soddisfazione di alcune condizioni in-game). Il risultato finale, ad ogni modo, rimane volutamente un contorno dell’esperienza, pensato per arricchire l’esperienza piuttosto che caratterizzarla, in ossequio alle regole delle produzioni “old school” che vogliono sotto i riflettori il gameplay e gli aspetti più ludici dell’opera.
Contorno che comunque strizza in più di qualche occasione l’occhio ai fan della trilogia originale di Shadow of the Beast, raccontando una storia simile a quella del primo capitolo ma non disdegnando l’inserimento di qualche aspetto ripreso dal secondo e dal terzo titolo della serie.
Brama di sangue
Se stavate cercando un titolo dall’animo arcade e capace di punire seriamente gli errori del giocatore, lo avete trovato
Chi ha giocato l’originale Shadow of the Beast probabilmente lo ricorda come un titolo impegnativo e molto esigente per quanto riguarda la precisione di manovra quando si ingaggiavano i nemici a schermo, capaci di incalzare Aarbron e per nulla disposti a lasciarlo uscire indenne dallo scontro. Heavy Spectrum, in equilibrio tra vecchio e nuovo, non se n’è sicuramente dimenticata: per quanto siano
presenti alcune facilitazioni, come la possibilità di ricominciare esattamente da dove ci si era interrotti in caso di Game Over, la rivisitazione del titolo del 1989 a cura dello studio britannico
richiede ancora tantissima precisione nelle fasi di attacco e risulta dannatamente punitiva per chi decide di giocarla in “stile arcade”, puntando al punteggio più alto per troneggiare nella classifica mondiale (o quantomeno in quella dei propri amici). Nei vari incontri che compongono i livelli (un po’ sulla falsariga dei Versetti di
Bayonetta che assieme andavano a costituire il capitolo completo) i nemici incalzano Aarbron da destra e da sinistra, e sta al giocatore utilizzare le varie capacità della bestia per cercare di non subire nessun attacco ma parallelamente di accumulare più punti possibile, massimizzando i due criteri che danno poi la valutazione finale dell’incontro (e, sommati assieme, del livello). I comandi di base prevedono la possibilità di attaccare con il tasto quadrato, elargendo un certo bonus se la pressione avviene nel momento e alla distanza perfetti, e quella di stordire i nemici per un certo tempo (bloccando di conseguenza eventuali loro compagni alle loro spalle, trattandosi di un titolo a due dimensioni) con il tasto triangolo. La bestia è poi in grado di parare gli attacchi con R1, contrattaccare se si preme L1 poco prima di subire il colpo (in alternativa, R1 e quadrato o triangolo) e superare gli avversari andando alle loro spalle premendo X quando si è loro vicino o rotolando tramite lo stick analogico (per un massimo di tre capriole consecutive prima di essere costretto a terra per qualche istante), oltre a poter contare, al costo di un indicatore ira, una mossa in grado di ripulire velocemente l’area di gioco dai nemici, da utilizzare però tenendo presente che è la stessa tecnica che permette di raccogliere le sfere della profezia. Le regole di base prevedono che ogni nemico abbattuto permetta di accumulare punti, aumenti di un certo valore il moltiplicatore del punteggio e, nella maggior parte dei casi, rilasci una certa quantità di sangue che va a riempire l’indicatore dedicato. Ogni colpo subito azzera il moltiplicatore e allontana la possibilità di raggiungere un buon punteggio nell’incontro, sia perché (banalmente) a moltiplicatore azzerato si ottengono meno punti sia visto che la valutazione include anche il numero di colpi subiti:
per ottenere la medaglia di platino è necessario superare il punteggio indicato e non subire nemmeno un colpo, sforzi che vengono ricompensati con l’accumulo di elisir che permettono di “ingannare la morte” e resuscitare praticamente a costo zero (in caso contrario, ogni Game Over implica il dover sacrificare un’anima, impedendo l’accesso ad uno dei finali finché non si rigioca il livello senza sacrifici).
Catena di Rabbia: una sorta di “Devil Trigger” ma a doppio taglio
Riempita la barra è possibile attivare la Catena di Rabbia, che permette di far fuori i nemici istantaneamente e senza dar loro possibilità di difendersi a patto di direzionare correttamente l’attacco e premere quadrato abbastanza velocemente, manovra che diventa via via più complessa man mano che la combo aumenta (
la Catena di Rabbia tra l’altro oltre ad azzerare la barra del sangue resetta anche il moltiplicatore di punti). Man mano che si avanza è possibile acquistare e potenziare dalla Saggezza delle Ombre, lo shop di gioco, le cosiddette tecniche speciali di Aarbron, che al costo di un indicatore della barra di sangue permettono, sempre nell’ipotesi che vadano a segno (la loro esecuzione è più lenta rispetto agli attacchi classici), di ottenere bonus particolari: ricaricare la barra della salute (R2 e quadrato), ricaricare gli indicatori di ira (R2 e cerchio) oppure eseguire una sorta di finisher che elargisce tantissimi punti a nemico eliminato (R2 e triangolo). Non manca nemmeno una tecnica speciale, attivabile premendo R2 assieme al tasto X, che sacrifica un punto di salute per ricaricare completamente la barra di sangue.
La rigiocabilità non manca, permettendo di raggiungere un buon rapporto tra prezzo e contenuti
Ogni tecnica ha rapporti diversi tra punti che permette di guadagnare, effetti sul moltiplicatore e quantità di sangue raccolta (per esempio, un nemico ucciso mentre è di spalle fa aumentare il moltiplicatore più velocemente), e questi rapporti cambiano anche in base al tipo di nemico che si ha di fronte, con spiriti e scheletri che per esempio non rilasciano sangue quando vengono eliminati, condizionando l’uso delle mosse speciali. Insomma, come detto
Heavy Spectrum non si è dimenticata per nulla quali erano le caratteristiche dello Shadow of the Beast uscito su Commodore Amiga (piattaforma di riferimento per il primo capitolo dell’esperienza),
ideando e realizzando un prodotto solido e divertente nel gameplay e che regala davvero tante soddisfazioni agli amanti dei titoli arcade, garantendo una certa rigiocabilità se si punta (oltre che al punteggio) anche al completamento del 100% del titolo, raccogliendo tutti i collezionabili (oltre alle sfere di profezia sono presenti dei sigilli che una volta infranti permettono l’acquisto di alcuni talismani, capaci di regalare bonus in-game) ed affrontando anche gli incontri segreti presenti nei livelli. Per sbloccare questi è infatti necessario ottenere una medaglia almeno d’oro in alcuni incontri “principali” selezionati, e dopodiché esplorare la mappa a disposizione cercando di capire dove comparirà la nuova sfida. Scelta indovinata per quanto riguarda l’idea e, di nuovo, simile a quanto visto nel primo Bayonetta, ma che introduce (come per il titolo Platinum Games)
un certo backtracking sterile in mappe che, dopo aver sconfitto gli avversari di turno, sono essenzialmente vuote finché non si incappa nell’incontro segreto.
Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo
Le funzionalità online di Shadow of the Beast vanno oltre le classifiche online presenti (oltre a quella legata al punteggio, ce ne sono altre due che quantificano il tempo necessario per completare un livello così com’è o al 100% raccogliendo tutti i collezionabili) e al Live Feed che notifica in tempo reale eventuali cambiamenti di queste.
Sulla falsariga di quanto visto nella serie Souls è possibile imbattersi durante l’esperienza le anime di altri giocatori sconfitti, e a questo punto decidere se salvare l’anima regalandogli un elisir o divorandola per ottenere del punteggio extra, oltre a ricevere una Pietra Ombra che permette di richiedere assistenza.
Quasi una collector’s edition digitale
Ma per un aspetto inedito inserito, ci sono diversi contenuti più “vintage” da sbloccare nella Saggezza delle Ombre,
tanto da far quasi venire il sospetto di essere davanti ad una sorta di Collector’s Edition digitale dello Shadow of the Beast originale: spendendo i propri punti è possibile sbloccare, oltre ad una versione emulata del titolo del 1989, una modalità (sempre e solo per il titolo emulato) a vita infinite, un Playtrough completo del gioco e la sua colonna sonora originale, ascoltabile anche in-game (spendendo altri punti extra), oltre a poter leggere una retrospettiva sulla serie e sbloccare l’illustrazione originale della scatola del gioco, disegnata da Roger Dean.
Beauty of the Beast
Visivamente? Un gioiello a due dimensioni
Un altro degli aspetti che sicuramente Heavy Spectrum ha curato con attenzione è quello artistico: il titolo, complice anche l’utilizzo di Unreal Engine 4 e delle sue tinte accese,
riesce a dipingere a schermo immagini sicuramente ispirate e ben realizzate, che vanno a caratterizzare le varie zone di gioco con maestria. Cura che si respira anche, come dicevamo in anteprima, andando ad analizzare la animazioni dei personaggi a schermo, che rispondono (soprattutto nel caso del protagonista) con movimenti fluidi e ben coreografati, rendendo perfettamente la violenza e la rabbia della Bestia. Insomma, l’esperienza dal punto di vista tecnico è più che promossa e priva di particolari problemi tecnici, e si fa assistere da un comparto sonoro che, anche escludendo la colonna sonora originale sbloccabile, fa sicuramente il suo dovere in fase di accompagnamento.
Verdetto
8 / 10
Vecchia scuola, nuovo indirizzo
Commento
Pro e Contro
✓ Il gameplay regala soddisfazioni
✓ Artisticamente ispiratissimo
✓ Rigiocabilità estrema...
x ... Ma solo 7 livelli
x Backtracking alle volte sterile
x Non un titolo per tutti
#LiveTheRebellion