Recensione Root Letter

In questi ultimi anni le visual novel hanno preso sempre più piede in occidente, sensibilizzando i giocatori verso un genere decisamente di nicchia e poco conosciuto qua da noi. Merito anche di alcune serie come Ace AttorneyDanganronpa, divenuti propri fenomeni culturali e con essi tutta la scia di ibridi più o meno famosi (un esempio sono proprio le avventure di Professor Layton). Oggi siamo a parlare di una nuova storia ambientata nel cuore del Giappone rurale, fra ricordi d’infanzia e misteri irrisolti, raccontati con maestria in Root Letter (√Letter), che arriva a noi grazie agli sforzi di PQube.

Versione Testata: PlayStation Vita

Letters to Juliet Aya
La storia di Root Letter inizia con il nostro protagonista, Takayuki, che sulla soglia dei 30 anni decide di rinnovare la propria vita cambiando lavoro. Proprio nel momento di riordinare le cose e fare pulizia con il passato, Takayuki ritrova delle lettere scambiate con un’amica di penna ai tempi della scuola, Aya Fumino. In queste missive i due parlavano del più e del meno, della scuola, delle ambizioni e propositi per il futuro, e dei propri amici. Insomma una normale vita da adolescenti condita da momenti più o meno felici. L’attenzione di Takayuki però verrà attirata da una lettera mai aperta, priva di affrancatura e rimasta li per anni a prendere polvere. All’interno però scopre una dura verità: Aya confessa di aver ucciso qualcuno e che avrebbe pagato per i suoi peccati. Queste poche parole riescono a gettare nello sconforto Takayuki, che decide di partire in fretta e furia per la prefettura di Shimane e scoprire qualcosa di più su Aya Fumino e cosa le è successo in questi anni.

Questa è la parte introduttiva di Root Letter, visual novel caratterizzata da elementi investigativi, che come detto in apertura, lo avvicinano molto come stile e meccaniche a serie come Ace Attorney. Il gioco basa tutto il suo fascino sulla narrativa e sulla storia, catturando il giocatore in un mondo che sembra quasi rimasto immobile nel tempo. Il Giappone rurale descritto nel gioco è un posto quasi magico e pieno di fascino, con i suoi luoghi incantati e i ritmi di vita lenti, lontani anni luce dagli stereotipi spesso dipinti in altri giochi, quasi come se ci trovassimo di fronte ad una guida turistica mascherata da videogioco. Ed è proprio questo attaccamento alla realtà e al racconto fortemente descrittivo a funzionare bene in Root Letter, riuscendo ad immergere il giocatore nella storia. Storia che viaggia tra alti e bassi, alternando momenti ben riusciti e carichi di suspense ad altri più lenti, che sembrano essere stati messi li giusto per diluire l’avventura, spezzando in più di un’occasione i ritmi del gioco.

Reach Out To The Truth
L’avventura si compone di fasi nette e ben distinte fra loro. Avremo quelle investigative, dove saremo chiamati a raccogliere tutti gli indizi necessari per far luce sulla scomparsa di Aya. Spostandoci fra le varie location (tramite un’apposita mappa) potremo interagire con l’ambiente, esaminando con attenzione tutti i dettagli della scena, che saranno ben evidenziati in rosso al nostro passaggio. In presenza di personaggi potremo anche fare delle domande, con argomenti che verranno di volta in volta aggiornati in base alla situazione. Per aiutare il giocatore in caso di stallo o vicolo cieco è presente anche il comando “Think”, che ci permetterà di riordinare le idee facendo il punto della situazione, così da sbloccarci e proseguire oltre, senza però rendere il tutto troppo facile o più guidato del necessario.
Queste fasi saranno poi fondamentali per aiutarci a identificare gli ex compagni di classe di Aya, tasselli preziosi del racconto che ci forniranno di volta in volta nuovi dettagli per far luce sul mistero della sua scomparsa. Ovviamente questi non saranno prede facili, anzi faranno di tutto per ostacolarci e impedirci di arrivare alla verità. Quando saremo al loro cospetto partirà la fase Interrogativa.

Qua, proprio in maniera molto simile ai casi di Phoenix Wright dovremo “tartassare” il nostro interlocutore in modo da scucirgli le informazioni che cerchiamo. La raccolta di indizi della fase esplorativa serve proprio a supporto di quest’ultima, utilizzando il materiale raccolto per smentire le loro “deposizioni” e scoprire la verità sull’accaduto. In caso di errore perderemo uno dei 5 tentativi a nostra disposizione, che una volta esauriti ci obbligheranno a ricominciare da capo. Quando il nostro interlocutore si troverà alle strette potremo sferrare il colpo di grazia utilizzando il Max Mode, una sorta di Bullet Time Battle di Danganronpa grazie al quale, scegliendo accuratamente una delle risposte presenti, che varieranno in base all’intensità dei dialoghi, potremo concludere l’indagine. Rispetto ai più illustri colleghi, la parte investigativa (e comunque il gioco in generale) è abbastanza permissivo, e non avrete grandi difficoltà a portare a termine gli interrogatori. Anche la possibilità di poter salvare in qualsiasi momento aiuta, evitando così di dover riaffrontare i lunghi scambi di battute (che possono essere avanzati velocemente).

 

Root Letter è completabile nel giro di 15 ore, tempo medio che può variare in base a quanto deciderete di esplorare della cittadina di Matsue. A questo tempo andrà poi sommata un’altra manciata di ore, che serviranno per completare le restanti route che andranno a chiudere la storia nel suo insieme e scoprire realmente tutti i misteri del gioco. A determinare quale dei diversi finali sarà possibile ottenere saranno dei punti di svolta inseriti all’inizio di ogni capitolo, nei quali rileggendo le lettere ricevute da Aya avremo la possibilità (tramite un flashback) di rispondere tramite un sistema a scelta multipla, che a seconda delle varie combinazioni si andrà a concretizzare in uno dei finali. Una volta terminato il gioco si sbloccano anche alcuni extra, tra cui una voce d’accompagnamento aggiuntiva e una gallery che ci fornirà preziosi indizi per ottenere tutte le ending.

Vado a vivere in campagna 
Trattandosi di una visual novel le pretese sotto il profilo tecnico sono limitate. Nonostante i passi fatti da questo punto di vista da Ace Attorney (ormai punto di riferimento) o l’ultimo capitolo della serie Zero Escape, qua ci troviamo di fronte ad un titolo completamente bidimensionale e statico. Il character design è affidato a Mino Taro, che dopo aver passato anni a disegnare belle ragazze in LovePlus (date sim di casa Konami) si presta per dare forma ai protagonisti di Root Letter con risultati pregevoli, in particolar modo attraverso i personaggi femminili, riuscendo a valorizzare la loro espressività e gli stati emozionali, pur non affidandosi a nessun tipo di animazioni, se non semplici transizioni fra un’immagine e l’altra. Lo stesso si può dire per la realizzazione delle location, che riprendono fedelmente quelle esistenti di Matsue, spingendo l’acceleratore sul lato dell’immersione grazie a questo forte legame con la realtà.

 


Anche le musiche aiutano ad immergersi nel mondo rurale di Root Letter, sia puntando su sinfonie capaci di creare la giusta atmosfera, sia con brani più “accesi” che accompagneranno le fasi interrogative, sebbene ci sia una tendenza alla ripetizione delle tracce, spesso fin troppo marcata. Ottimo il doppiaggio, rigorosamente giapponese, mentre i testi sono in inglese. Data la natura del gioco e la mole di dialoghi presenti, una buona conoscenza della lingua è fondamentale.

Verdetto
8 / 10
Amica di pen....na
Commento
Amanti delle visual novel gioite. Root Letter è un titolo interessante che saprà sicuramente intrattenervi per diverse ore, grazie alle sue atmosfere e all'alone di mistero dietro la figura di Aya Fumino. La storia non sempre riesce a mantenersi su alti livelli a causa di una tendenza a perdersi un po' con certi eventi o a spezzare il ritmo, ma nel complesso ci troviamo di fronte ad un prodotto riuscito, che renderà felici chi negli anni ha già apprezzato Ace Attorney e affini.
Pro e Contro
Belle atmosfere
Fasi interrogative riuscite
Storia intrigante...

x ...ma spesso troppo diluita
x Tendenzialmente facile e lineare
x Musiche ripetitive

#LiveTheRebellion