Il meccanismo più delicato con cui uno sviluppatore si trova a che fare quando si trova a “dover mettere mano” ad un nuovo capitolo di una saga è quello legato all’innovazione. Quanto tra la critica quanto tra il pubblico c’è sempre chi percepisce la mancanza di evoluzione e la riproposizione delle meccaniche “già viste” nei vecchi capitoli come un difetto, ma d’altra parte anche apportando qualche cambiamento di troppo si rischia di incorrere nelle ire dei fan. Se poi la saga in questione ha alle spalle quattro capitoli e dodici anni di onorata carriera il terreno si fa ancora più accidentato, specie se ci si sta muovendo nel non facile contesto delle graphic novel come nel caso della serie Ace Attorney. Ed è proprio a Phoenix Wright: Ace Attorney – Dual Destinies che viene affidato il compito di riportare nelle aule di tribunale i giocatori a cinque anni di distanza da Apollo Justice: Ace Attorney.
Davanti ad un prodotto di un genere particolare come quello delle graphic novel è difficile affrontare l’aspetto legato alla trama senza incorrere nel rischio di “azzoppare” uno degli aspetti portanti del titolo. Chiamati alla sbarra per deporre non possiamo quindi che avvalerci della facoltà di non rispondere, ma non certo per coprire l’imputato in questione: Dual Destinies è da questo punto di vista in tutto e per tutto all’altezza dei precedenti episodi della saga, mettendo il giocatore davanti a cinque casi diversi (che tradotti in tempo corrispondono circa ad una ventina di ore) scritti e raccontati in modo efficace ed in grado di tenere vivo l’interesse di chi gioca, strappando qualche sorriso e, tagliando corto, in grado di intrattenere grazie agli ottimi dialoghi, un cast di (nuovi) personaggi splendidamente caratterizzati e ad una narrazione che si arricchisce di qualche cutscene in stile anime giapponese. Il filo conduttore che lega le cinque vicende è quello della cosiddetta “età oscura della Legge”, una sorta di medioevo del sistema legale in cui avvocati e procuratori si combattono a colpi di prove costruite ad arte ed ogni altro mezzo di questo tipo, per quanto possa andare contro lo stesso sistema che rappresentano. In un primo momento questo tema è introdotto in sordina e appena accennato, per poi acquistare un posto più centrale nella storia man mano che si passa da una causa all’altra.
Come si diceva in apertura la questione legata al rinnovamento di una serie è un tasto particolarmente spinoso, soprattutto all’interno di un genere che di per sé non permette grandi libertà dal punto di vista ludico (specie escludendo le strade già intraprese nei precedenti capitoli). Dal punto di vista del gameplay Dual Destinies si presenta come un capitolo “classico” della serie e non porta avanti nessuna rivoluzione, limitandosi ad introdurre qualche nuova feature e a limare gli aspetti più macchinosi della struttura. I cinque casi proposti seguono il solito canovaccio che vede alternare fasi di indagini sulla scena del crimine (dove lo scopo è quello di andare alla ricerca di prove, testimonianze ed indizi) alle sezioni nell’aula di tribunale in cui si difenderà il cliente di turno dalle accuse. Chi conosce la serie noterà sicuramente i passi avanti fatti a livello di “user experience”, specie nelle fasi investigative. Adesso è ad esempio possibile spostarsi da un luogo all’altro in modo diretto senza dover transitare per tappe intermedie e le stesse scene del crimine sono analizzabili da punti di vista diversi grazie al d-pad del 3DS, che permette di posizionare l’inquadratura sui diversi angoli della scena ed esplorarla su più fronti. Di pari passo una certa dose di aria fresca si respira anche una volta seduti dietro il banco della difesa: contrariamente a quanto accadeva nei precedenti capitoli (dove il giocatore impersonava un solo avvocato per tutta l’esperienza, eccettuata qualche parentesi come ad esempio in Trials and Tribulations) nel corso della storia si impersoneranno a turno tre diversi avvocati difensori. Oltre a Phoenix Wright, di ritorno dopo gli eventi di Apollo Justice: Ace Attorney e allo stesso Apollo protagonista del precedente capitolo sarà possibile vestire i panni di Athena Cykes, un giovane avvocato difensore appena unitosi alla Wright Anything Agency. La possibilità di impersonare avvocati diversi non si limita ad una questione estetica, ma condiziona il gameplay all’interno delle due fasi grazie alle abilità speciali di ciascun personaggio, capaci di introdurre qualche “variazione sul tema”: Phoenix potrà contare sul tradizionale Magatama, una sorta di talismano che permette di vedere (e spazzare a colpi di prove e deduzioni) i “lucchetti psichici” che si manifestano quando un testimone sta nascondendo informazioni, mentre Apollo sarà in grado di capire quando il suo interlocutore mente riconoscendone i tic nervosi grazie al suo bracciale. La novità in questo senso è rappresentata dalle capacità di Athena, in grado (con l’aiuto di Widget, un dispositivo elettronico a forma di collana) di percepire ed estrapolare le emozioni di chi sta testimoniando, per poi confrontarle con il racconto del testimone per mettere in evidenza le contraddizioni tra le azioni e lo stato d’animo. L’unica critica che si può avanzare sotto questo punto di vista è la mancanza della possibilità di scegliere quando e quale di queste abilità utilizzare, che lascia un po’ di amaro in bocca dato che avrebbe potuto “mischiare le carte” dal punto di vista del gameplay in modo più deciso.
Pur non innovando e rivoluzionando sul fronte gameplay (ma portando comunque qualche miglioramento ed una certa dose di novità) la creatura di Capcom riesce comunque a rinnovarsi puntando su uno degli aspetti storicamente più riusciti della serie, i personaggi. Dual Destinies mette il giocatore davanti ad un cast composto in massima parte da facce completamente nuove, con la sola eccezione di un paio di “cavalli di ritorno” della prima trilogia sul finire dell’esperienza. Cast che risulta caratterizzato assolutamente a dovere, non facendo rimpiangere per nulla i capitoli usciti sull’ormai vetusto Nintendo DS. Altro comparto che appare in grande spolvero è quello tecnico, che si rinnova dalla grafica fino al sonoro, che da una parte permette di caratterizzare i nuovi personaggi anche grazie alle loro animazioni (esagerate e pittoresche come vuole il canone della serie) e dall’altra accompagna tutte le situazioni di gioco con un sonoro che amalgama vecchie e nuove track in modo puntuale ed adatto al contesto.
Dopo la scelta di distribuire solo in digitale (e senza localizzare i dialoghi) Okami HD, Capcom riconferma questa presa di posizione: Dual Destinies è infatti disponibile solo tramite Nintendo e-shop ed in lingua inglese. Se la scelta di rilasciare il titolo nel solo formato digitale non ne inficia in nessun modo la giocabilità diverso discorso va fatto per la mancanza di adattamento in italiano, che in un gioco che fa di dialoghi e narrazione la sua colonna portante può essere un ostacolo da non sottovalutare. Fortunatamente ad eccezione di qualche termine legale la lettura non è particolarmente ostica, ma in caso d’acquisto va messa in conto una conoscenza almeno base della lingua inglese. Come però va messo anche in conto il prezzo ridotto (24.99€) con cui è possibile portarsi a casa (in senso figurato, dato il formato digitale) il prodotto.
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