Recensione Mercenary Kings

Tra quei generi videoludici capaci in un primo momento di spopolare nelle sale giochi e arrivare in seguito nei salotti con conversioni per console ad 8, 16 e 32 bit ma poi spariti quasi del tutto dalla scena in tempi più moderni va sicuramente inserito quello degli sparatutto a scorrimento, terreno capace di far fiorire perle come Contra o Metal Slug ma non per questo risparmiato dalla dura lex del mercato degli ultimi anni. Come per prodotti di altri generi a fungere da ancora di salvezza sono i team di sviluppo più piccoli o indipendenti: è questo il caso di Mercenary Kings dei canadesi Tribute Games (già noti per il gioco di ruolo Wizorb, datato 2011), titolo che cerca di riproporre una formula da “grande classico”, ammodernando dove necessario e condendo il tutto con ironia, citazioni e la pixel art di Paul Robertson (in passato già visto al lavoro, oltre che su Wizorb, con Scott Pilgrim vs. the World: The Game e Fez).

Versione testata: PS4

Non sono mica Mandrake

La storia ruota attorno ad un gruppo di quattro “cani da guerra”, i Mercenary Kings, ingaggiati da un’organizzazione con lo scopo di recuperare il dottor James Neil, la mente dietro il Mandrake Formula Project (una formula in grado di copiare e ricostruire le cellule del corpo umano), che è stato rapito dall’organizzazione criminale C.L.A.W. (Cybernetic Loyal & Active Weapons) guidata dal perfido Comandante Byron Baron. Una volta arrivati sull’isola di Mandragora però il gruppo verrà eliminato dagli scagnozzi del Comandante, e solamente i due membri fondatori, King ed Empress, verranno recuperati e riportati in vita proprio grazie alla formula, per poi essere di nuovo spediti sul campo di battaglia per potersi vendicare.

Heavy Machine Gun

Dal punto di vista del gameplay Mercenary Kings è, come detto, uno sparatutto a scorrimento di stampo abbastanza tradizionale: una volta scelto il personaggio da utilizzare il giocatore potrà muoversi utilizzando le frecce direzionali (o l’analogico), mentre tramite il tasto X si azionerà il salto ed il tasto quadrato permetterà di fare fuoco con l’arma. Premendo il tasto L1 si accederà in tempo reale al risicato inventario, che permetterà di utilizzare la radio (graficamente identica al Codec visto nella serie Metal Gear) o di utilizzare l’equipaggiamento di supporto come il C4 o il kit di pronto soccorso, mentre R1 permetterà di ricaricare l’arma con modalità simili a quelle osservate in Gear of Wars. La dotazione dei due mercenari è completata dalla possibilità di attaccare corpo a corpo i nemici mediante il tasto triangolo, sfoderando un coltello in grado di infliggere danno e di deviare la traiettoria dei proiettili che ci vengono sparati contro. A fare la differenza con i fratelli più blasonati non è solo la modalità di ricarica: a differenza di quanto si vede generalmente in un side-scrolling shooter in Mercenary Kings è presente un sistema di crafting che permette, raccogliendo gli oggetti lasciati cadere occasionalmente dai nemici eliminati, di creare nuove componenti per le armi da fuoco (personalizzabili dal caricatore alla canna, compresi proiettili e modalità di fuoco) o di forgiare nuovi coltelli, aumentandone il danno di base o introducendo effetti elementali. È inoltre possibile combinare il bottino raccolto sul campo di battaglia per creare alcune Mod che andranno installate sul corpo del mercenario, introducendo una serie di bonus (o malus) che spaziano dalla sicurezza che ogni nemico “droppi” qualche oggetto, pagata in una minore probabilità di raccogliere oggetti rari, all’utilizzo di un paracadute capace di rallentare la caduta dopo un salto.

Non come la Mother Base, ma quasi

Una volta completato il caricamento il giocatore viene catapultato nella base operativa dei Kings, una sorta di hub in cui è possibile (oltre a personalizzare il proprio alterego con le modalità viste poco sopra) accedere all’offerta ludica del prodotto, articolata in un congruo numero di missioni suddivise a seconda della loro difficoltà, mutuato dalla gerarchia dei gradi militari. In generale queste missioni sono di generi diversi, e spaziano da incarichi in cui l’obbiettivo è liberare un certo numero di ostaggi ad assegnamenti dove bisogna far fuori un tipo di unità nemica, arrivando alle missioni di cattura (che consentono di accedere al grado successivo) che richiedono di catturare i “boss” di livello, messi dal Comandante Baron alla guida di unità robotiche e all’occorrenza anche in grado di scappare in un altro punto della mappa quando messi alle strette. Per completare ognuna delle missioni è necessario portare a termine l’incarico principale (e opzionalmente i due incarichi secondari, quando presenti, e l’obbiettivo nascosto) entro un tempo limite variabile. Oltre a questo timer a complicare la vita interverranno i nemici presenti sulla mappa di gioco (liberamente esplorabile entro i suoi confini), in grado di infliggere un discreto quantitativo di danni ai due mercenari superstiti e caratterizzati da una buona varietà a livello di “fauna” ed armi utilizzate. Nonostante sulla carta la tipologia delle missioni dovrebbe garantire una buona variabilità all’esperienza nella pratica queste appaiono troppo simili tra loro,richiedendo di fatto di fare le stesse cose in mappe diverse ed  introducendo una certa ripetitività scongiurata solo in parte dal gameplay solido e dal livello di sfida ben congegnato.

L’arte tutta in un pixel

Sul fronte tecnico, eccettuato qualche “scatto” leggero in fase di caricamento, non ci sono particolari problemi da segnalare, grazie anche alla scelta di confezionare il prodotto in una pixel art (come si diceva in apertura, curata da Paul Robertson) caratterizzata da molto colore e da animazioni fluide. Dal punto di vista sonoro le tracce presenti, rigorosamente chiptune, conferiscono all’opera un sapore quasi vintage, accompagnando il giocatore tranquillamente dall’inizio alla fine dell’esperienza. Buttando invece un occhio al portafogli il prezzo appare tendenzialmente in linea con quella che è l’offerta presente, anche se (Playstation Plus a parte) i 17,99€  richiesti su PSN (18,99€ su Steam) potrebbero scoraggiare qualche potenziale aquirente.

Verdetto
8.5 / 10
È Metal Slug se fosse uscito nel 2014
Commento
Nonostante il nome, Tribute Games con Mercenary Kings va oltre il semplice tributo proponendo un prodotto che da una parte è fedele alle radici dello sparatutto a scorrimento e dall’altra propone alcune meccaniche “moderne” mutuate da prodotti più recenti. Il risultato è un titolo assolutamente divertente, consigliato sia agli amanti del vetusto Metal Slug che alle “nuove leve” che non si sono mai avvicinate a nulla di simile. Facendo attenzione alla ripetitività che alla lunga può emergere nonostante le tante missioni presenti.
Pro e Contro
Ottima commistione di meccaniche vecchie e nuove
Gameplay solido e pixel art riuscita
Tante missioni proposte...

x …Ma alla lunga troppo simili
x Il prezzo potrebbe scoraggiare

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