Inerzia psichedelica
La storia di Marble Madness sembra quella di un racconto evangelico-videoludico, con innumerevoli morti e resurrezioni sotto falso nome ma con un comun denominatore, l’amore per la fisica delle sfere, atavica, quella che un bimbo che non sa ancora nemmeno parlare applica ai suoi giocattoli, incurante delle leggi che la regolano. E
Marble It Up!, ennesimo tributo al classico Atari datato 1984, è proprio questo, un
videogiocattolo da rigirarsi tra le mani, pasticciare, rompere, generando stress per diventare anti-stress, capace di regalare divertimento sincero, studiando le meravigliose costellazione di Super Mario Galaxy per carpirne i segreti di level design e applicarli poi ad un puzzle-platform inerziale, audiovisivamente psichedelico e graziato da un motore fisico tanto semplice quanto eccezionale, precisissimo e naturale. Facciamo rotolare questa recensione.
Let’s roll just like we used to
La verità viene a galla subito, appena inclinato l’analogico per dare vita alla prima rotazione: noi sappiamo già come giocare, l’abbiamo già fatto nella realtà e gli sviluppatori hanno ricreato nel virtuale, 1:1, quella stessa sensazione di peso, attrito, inerzia e rimbalzo. Un’esperienza quasi surreale, totalmente basata sulla memoria muscolare, sottopelle, che ci porta a prevedere le conseguenze di ogni collisione prima che questa venga calcolata dal motore di gioco.
Ci si dimentica quasi di stare interagendo con un pad da quanto è naturale il feedback. Ludo-telepatia pura che spinge alla sperimentazione, a interpretare i livelli in modo creativo, cercando il collezionabile nascosto (
nuove skin per la nostra sfera) nei posti più assurdi e provando a “rompere” lo stage per guadagnare una medaglia di platino, il cui tempo di riferimento rimarrà ben celato tra le pieghe del gioco. Marble It Up! chiede velocità di pensiero ed esecuzione, variando le sue regole di design di livello in livello, senza mai fossilizzarsi su canoni pre-impostati, neo-classici, ma cercando sempre di evolversi e spiazzare, riuscendo ad ammaliare con una
ricerca artistica gameplay-centrica che omaggia le geometrie del capostipite. Se è vero che l’obiettivo primario di ogni quadro è raggiungere il proverbiale punto B in costante
time attack, per arrivarci dovremo rotolare per i corridoi di una galleria d’arte contemporanea, ammirando opere molto diverse per concezione e gimmick, lasciando le similitudini a pochi elementi o alle evoluzioni di un determinato concept lungo i 4 mondi disponibili.
Compatti, mai dispersivi, essenziali eppur studiati nel minimo dettaglio per farsi giocare e rigiocare, anche per il solo piacere di risolvere ancora una volta un passaggio particolarmente ostico e galvanizzante, di quelli che fanno sudare le mani e pompare adrenalina dopo mezz’ora di tentativi per
raggiungere la perfezione. Un sentimento che viene istillato proprio dalla cura per il design e il sistema di controllo, troppo bello e preciso per giocare come viene, svilendolo e affidandosi ai vari checkpoint dopo l’ennesimo salto nel vuoto.
Troppo stimolante dare il giusto valore al lavoro dei disegnatori giocando nel modo più spettacolare possibile, arrivando a passaggi assetati di precisione che ricordano le fatiche di Trials Fusion, mentre la travolgente colonna sonora dance sfonda le porte della mente con la sua cassa dritta e si sincronizza col ritmo dei nostri rimbalzi a 60 frame al secondo. Tutto diventa fluido, vellutato. Correre a velocità folle sfruttando una serie di dossi o esibirsi in sezioni di puro platforming gestendo in volo la rotazione della sfera, raccogliere gemme lungo complesse costruzioni paraboliche dalle bizzarre proprietà gravitazionali o controllare con grazia lo scivolamento sul ghiaccio, come virtuali Pljuščenko del moto rotatorio. Senza dimenticare
4 poteri speciali che tenderanno a rivoltare il gameplay e creare ulteriori opportunità: la planata, per coprire enormi distanze nel vuoto, boost di accellerazione per superare le salite più ripide, salti in aperta diatriba con la gravità e un bullet time che tira per la maglia il cronometro.
Il problema,
a sorpresa,
è nelle quantità. 40 livelli come già detto, una dose di goduria tanto inebriante da rendere questo numero un antipasto capace solo di affamare ancor di più, irrisorio. Un ottimo starter pack che, per fortuna, riceverà presto due aggiornamenti (
i mondi 5 e 6, a quanto pare gratuiti) già in cantiere, di cui uno che aspetta solo di essere approvato da Nintendo. Su Switch manca inoltre l’editor presente nell’edizione Steam. Arriverà? Non arriverà? Vai a sapere, ma sarebbe cosa buona e giusta darlo in pasto anche alla fervente comunità che ogni sera prega rivolta verso Kyoto.
Poi che dire,
esteticamente è bellissimo. Pochi poligoni senza eccedere nel low-poly, colori vibranti e tanti piccoli tocchi di classe, come le splendide e soffici nuvole volumetriche e le biglie che, superficie permettendo, riflettono tutto l’ambiente in tempo reale, nel dettaglio. Un Kula World lisergico e futuristico, con strutture artificiali fluttuanti nello spazio o sospese nell’atmosfera terrestre come in un sogno di Magritte, pulitissime, quasi a sembrare oggetti di design esposti a prezzi improponibili nelle boutique di Brera.
Verdetto
8.5 / 10
Due palle così!
Commento
Pro e Contro
✓ Modello fisico strepitoso, preciso e "vero"
✓ Level design artistico
✓ Gran gusto estetico
x 40 livelli sono un antipasto
x Ah, dimenticavo, l'icona su Switch è agghiacciante
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