Uno dei temi più scottanti ed attuali della scena videoludica è senza dubbio quello della violenza nei videogiochi. Dagli albori dell’industria fino ad oggi la discussione ha prima iniziato a fare capolino assieme alle prime produzioni “spinte” e spiazzanti dal punto di vista sangue per poi crescere di pari passo insieme a queste (arrivando a strumentalizzazioni da una parte e dall’altra, con polemiche sempre più feroci a questa tendenza al macabro e titoli pronti a cavalcarne l’onda pur di far parlare di sé). Ma indipendentemente dalla corrente di pensiero che si decide di seguire è comunque innegabile che rispetto alle scorse generazioni i videogiochi violenti destino al giorno d’oggi meno scalpore, con critica e pubblico sicuramente più abituati e quasi “desensibilizzati” rispetto al fenomeno. A riportare un po’ di “sana” violenza sugli scaffali (digitali) dei nostri store e al centro dell’esperienza videoludica ci provano i ragazzi di Dennaton Games con il loro Hotline Miami, videogioco d’azione indie con visuale top-down arrivato prima su PC e approdato il mese scorso su Playstation 3 e Playstation Vita. In attesa di mettere le mani su quella che era nata come un’espansione e si è poi ingrandita fino a diventare un vero e proprio secondo capitolo (Hotline Miami 2: Wrong Number), rechiamoci in una Miami al finire degli anni 80 per scoprire se c’è altro da offrire oltre alla brama di sangue.
Versioni testate: Playstation 3, Playstation Vita, PC
La trama in Hotline Miami è raccontata in un modo particolarmente intricato: gli eventi sono spesso narrati fuori dall’ordine cronologico in cui sono avvenuti e spesso e volentieri non è chiaro se quello che il giocatore vede sullo schermo è reale (quantomeno all’interno del mondo di gioco) oppure se si tratta di allucinazioni del protagonista. Le ambientazioni colorate e psichedeliche di contorno e una colonna sonora curatissima ed adatta (anche grazie ad una certa ripetitività, che accentua ulteriormente questa sensazione) fanno da perfetta spalla a questi dubbi, permettendogli di insinuarsi piuttosto agilmente nella testa del giocatore. La storia si articola attraverso ventuno capitoli (di cui per la versione PC uno viene aggiunto mediante patch e l’altro è disponibile come DLC, ma rimane comunque un extra tutto gameplay e scollegato dalla storia) che ripetono ciclicamente lo stesso canovaccio: arriva una telefonata, il protagonista risponde al telefono e dopodiché si reca sul luogo del massacro dove fa piazza pulita di tutti i presenti. A lavoro compiuto infine si attraversa a ritroso lo scenario, con i cadaveri delle vittime ad aspettarci nelle pozze di sangue dove li avevamo lasciati quasi come una presa di coscienza del male che abbiamo elargito, per far ritorno alla macchina. Le variazioni sul tema sono la saltuaria presenza di qualche boss fight e le cutscene con cui viene mandata avanti la narrazione. A rendere questo aspetto del gioco qualcosa più di un pretesto utile per riflettere lo stile del gioco e poco altro interviene la presenza di alcuni collezionabili, uno per ogni capitolo “principale”, che una volta raccolti tutti compongono il messaggio che apre la strada verso il vero finale del gioco.
L’aspetto principe del titolo Dennaton Games è senza dubbio il gameplay. Lo scopo del gioco è quello di eliminare tutti i nemici presenti nelle varie aree per poter proseguire alla successiva, facendo ricorso ai pugni o ad armi corpo a corpo come mazze da baseball, katane o piedi di porco oppure affidandosi alle più rumorose ma più a lungo raggio armi da fuoco, scegliendo tra pistole, mitra e fucili a pompa raccolte dalle fredde mani dei cadaveri delle nostre vittime. I controlli di base consentono, oltre al movimento (tramite levetta sinistra su console e i tasti WASD su PC) e alla possibilità di spostare la visuale (R2 + levetta destra su PS3, usando il touchscreen su Vita e con la combo Shift e movimento del mouse su PC) la facoltà di agganciare un nemico (R3, toccandolo con il touchscreen o premendo il tasto centrale del mouse in base alla piattaforma) e quella di raccogliere e lanciare armi col fine di mandarli al tappeto. Non manca la possibilità di stordire i malcapitati di turno facendo irruzione nelle stanze dove si trovano sbattendogli la porta in faccia e poi infierendo quando questi sono a terra mediante il tasto X (o barra spaziatrice).
Per portare a termine il capitolo il giocatore può scegliere di volta in volta l’approccio che preferisce, optando per una manovra più ragionata e silenziosa a base di corpo a corpo oppure aprendo il fuoco e attirando l’attenzione del bersaglio e dei suoi alleati, e nei casi più disperati afferrarli alle spalle per usarli come scudo umano contro i proiettili dei loro soci. Ulteriore libertà di manovra è offerta dalla scelta della maschera di gomma da indossare all’inizio di ogni livello, con ognuna di queste a fornire un’abilità diversa o un’arma al giocatore, spaziando dalla capacità di uccidere a colpo sicuro sfruttando le porte alla maggior capienza dei caricatori della armi da fuoco, passando per l’inversione dei comandi e la traduzione in francese di tutti i dialoghi. La CPU degli avversari scongiura infine il pericolo di sbilanciare l’esperienza verso il trial and error, grazie a nemici che di quando in quando varieranno il pattern “standard” dei loro movimenti introducendo una certa imprevedibilità “a piccole dosi” che non rende più frustrante il giocato ma contemporaneamente costringe a tenere i sensi all’erta e gli occhi vigili. L’unica nota dolente da questo punto di vista è una gestione delle collisioni non proprio perfetta che causa talvolta qualche game over non meritato: problemi non frequentissimi che ricadono comunque nell’accettabile, ma siamo sicuri che i giocatori avrebbero vissuto anche senza.
Se da una parte il rilascio su più piattaforme permette di raggiungere una fetta di utenza più grande, dall’altro costringe gli utenti che giocano su più “mondi” a scegliere con cura la versione del gioco da acquistare. Nel caso di Hotline Miami dal punto di vista del gameplay (e anche sotto l’aspetto tecnico, complice la veste grafica vintage scelta per confezionare il prodotto) la scelta dipende sostanzialmente dalle preferenze del singolo: il titolo si lascia giocare senza problemi di sorta sia con mouse e tastiera che pad alla mano. Le uniche note da fare in questo senso riguardano la versione portatile del gioco, che pur beneficiando del touchscreen per quanto riguarda il sistema di agganciamento sfrutta lo schermo “anteriore” anche per quanto riguarda i movimenti della telecamera (laddove il touchpad posteriore sarebbe apparso più comodo ed intuitivo da utilizzare). Anche qui comunque si parla di problematiche assolutamente non proibitive e che non trasformano l’esperienza in un calvario, ma così facendo si poteva alzare ulteriormente il livello già elevato della produzione. Dal punto di vista dei contenuti invece sulla carta dovrebbe essere preferibile l’acquisto della versione per Playstation Network, data la distribuzione in cross-buy e la presenza di contenuti extra. In realtà però questi ultimi si limitano ad un capitolo ambientato all’Eurogamer Expo (comunque disponibile come DLC su PC) e ad una maschera che si limita ad applicare un effetto in bianco e nero al gioco, non rappresentando di fatto un incentivo sufficiente a consigliare una versione rispetto all’altra. L’ago della bilancia in definitiva è la console portatile di Sony: per i possessori di Playstation Vita è sicuramente preferibile pagare il gioco una sola volta e riceverne due versioni, diversamente la scelta va ponderata in base alle preferenze rispetto alla piattaforma.
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