Recensione Fallout 4: Automatron

Una delle parti meglio riuscite di Fallout 4 è la mole di meccaniche dedicate alla personalizzazione e al potenziamento di praticamente qualsiasi cosa: le location, per cui l’estensivo (ma tuttora imperfetto) sistema di creazione degli insediamenti fornisce la capacità di ricreare una parvenza di civiltà – o la più bieca delle baraccopoli, a seconda della nostra voglia di perderci tempo; armi e armature, che beneficiano di un notevole miglioramento rispetto alle inutili complessità nelle meccaniche di potenziamento viste in New Vegas, consentendo di rendere anche la più squallida pistola a tubo una macchina di morte la cui estetica è il sogno di ogni amante del fai-da-te; persino i companion, a cui possiamo finalmente dare un equipaggiamento che li renda perlomeno presentabili in battaglia (ammettiamolo: affrontare un’orda di super mutanti inviperiti contro l’umanità vestiti di trench e basco non era proprio il massimo dell’intelligenza, nemmeno aggiungendo degli occhiali da sole fighissimi).

Tuttavia, a questo delirio di possibilità, mancava ancora qualcosa, come un piccolo tarlo che ronza nella testa sin dal momento in cui il buonsenso inizia a prendere il sopravvento sull’atmosfera e l’immersività: in una Boston in cui la tecnologia sembra essere decisamene a livelli superiori rispetto alle precedenti zone contaminate, nella quale esistono ancora una pletora di enti il cui unico scopo è progredire nel campo della meccanica, e dove il sistema stesso di gioco incoraggia a sperimentare con cacciavite, martello e computer… Per quale motivo il massimo dell’interazione robotica era equipaggiargli un cappello a bombetta?!

Per tutto questo, e per le vostre esigenze nel campo delle macchine di morte -barra- fedeli compagni meccanici, Automatron è il DLC che fa per voi!

Versione Testata: PC

POSSIAMO RICOSTRUIRLO, ABBIAMO LA TECNOLOGIA
La storia in due parole: The Mechanist. Per chi di voi ha già giocato a Fallout 3, la figura del Macchinista dovrebbe far suonare un campanello d’allarme: già presente nel precedente capitolo principale della saga, sotto forma di side quest, il vigilante/villain mascherato è un personaggio nato dalla fusione tra un personaggio dei fumetti pre-atomici e l’idea (sulla carta buona) di aiutare la popolazione della zona contaminata. Come nel precedente caso, tuttavia, anche il nuovo Macchinista si è ben presto rivelato più un problema che un valido supporto alla ricostruzione della civiltà, questa volta a causa di alcune intelligenze artificiali (i Robocervelli) che hanno preso sin troppo alla lettera la propria programmazione. Saremo quindi chiamati a sistemare le cose, a partire da un radiosegnale di aiuto lanciato da un robot – Ada -, il nuovo companion robotico il cui aspetto richiama alla mente una strana commistione tra il mostro di Mary Shelley e la fantascienza Asimoviana, con la tendenza a citare i Borg di Star Trek.

A questa premessa segue poi l’introduzione ai fondamenti di personalizzazione robotica (su cui torneremo nel dettaglio più avanti), con una serie di “fetch-quest” neanche particolarmente ispirate, che ci condurranno a spasso per il Commonwealth all’interno di alcuni brevi dungeon lineari. La nostra ricerca di pezzi da montare in Ada, per costruire un tracciante in grado di condurci alla fonte dei problemi, ci porterà eventualmente a fare la conoscenza di una delle IA più volutamente fastidiose dai tempi di GlaDOS: fortunatamente, sopportare i frequenti insulti e lagne di Jezebel, ci frutterà un gustosissimo bottino in termini di equipaggiamenti leggendari e componenti robotici, oltre a spianarci la strada per il capitolo finale di un’avventura che, come la trama del gioco base, non brilla certo per longevità.

“Noi siamo i bot, la resistenza è inutile!”

SI. PUO’. FARE!!!!
Il vero cuore pulsante di Automatron, fortunatamente, è ben altro: la trama piuttosto banalotta e i personaggi coloriti ma poco profondi, servono principalmente a introdurre il concetto di personalizzazione robotica. Alla base del tutto c’è la nuova struttura realizzabile negli insediamenti, il banco da lavoro robotico. Oltre ad essere una delle costruzioni più massicce del gioco – senza considerare i mod -, la postazione ci consentirà sia di installare componenti di svariate tipologie sui companion artificiali già presenti nel gioco (Codsworth, Curie e Ada, ma non Nick), sia di creare nuovi ibridi completamente da zero.

Il livello di personalizzazione consentito in quest’ultimo caso è enorme: a condizione di possedere i pezzi, avremo la possibilità di scegliere la modalità di locomozione, il tipo di armi, torso, testa, aggiunte extra, componenti estetiche, e addirittura se includere o meno certe componenti essenziali in grado di rendere il nostro Frankenbot più interattivo con l’ambiente circostante ma al tempo stesso più ingombrante e specializzato in certi tipi di territori.

Avremo quindi la possibilità di girare per il Commonwealth accompagnati da una devastante sentinella cingolata alta tre metri e armata fino ai denti (il cui primo e fondamentale problema è la manovrabilità – dannate scale per i sacchi di carne!), o optare per un più fine motore a reazione modello Mr. Handy che consentirà una mobilità decisamente maggiore al prezzo di una minor resistenza in combattimento. Oppure potremmo decidere di avere il meglio di entrambi i mondi e realizzare un piccolo catorcio assassino fluttuante grande quanto un bidone dell’immondizia, dotato di corazze pesanti, doppio gatling e uncini da macellaio, potenzialmente in contemporanea.

Ovviamente, a patto di avere l’intelligenza necessaria per farlo,e costringendo i giocatori ad un pesante grinding di livelli qualora non in possesso. Quella build basata su carisma e destrezza che ci ha sorretto finora non sembra più la scelta migliore eh?

Puppamelo, Skynet!

Puppamelo, Skynet!

ROBOT WARS
Al di là del puro aspetto distruttivo, e saltato a piedi pari il settore trama, Automatron aggiunge una cosa che mancava sin dall’inizio nel titolo base: la varietà.

Intendiamoci: molti dei PNG, seppur con uno spessore caratteriale pari ad un foglio A4, reggono abbastanza bene come individui a sé stanti, e spesso anche i generici abitanti degli insediamenti hanno qualcosa che li contraddistingue. Ben diverso, invece, è il discorso per gli avversari: dai generici predoni pseudo-punk alla Mad Max, ai mutanti, passando per sintetici e artificiali impazziti, l’intera pletora di antagonisti random del gioco si riduce ad una manciata di avversari calibrati in difficoltà sul livello del giocatore e riciclati in continuazione. Qualcosa che va bene per le prime ore di gioco, ma che in un titolo massiccio come Fallout 4 scadono ben presto nel noioso.

Automatron sconvolge completamente le carte in tavola, perlomeno per quanto riguarda gli avversari artificiali: pur mantenendo gli stessi tre/quattro nominativi generici (che indicano principalmente quanto alto sia il rischio di lasciarci le penne in uno scontro diretto), i nemici robotizzati del DLC sono quanto di più vario possa offrire il gioco. Il paragone più immediato possibile è con il primo Toy Story: mentre il gioco base offriva principalmente i “giocattoli di Andy”, quelli da scaffale, sempre uguali anche dopo la centesima volta, i “giocattoloni” del Macchinista sono gli ibridi di Syd, costruiti senza alcuna logica apparente mescolando pezzi a caso.

Il risultato è un’eterogenea orda di creature che attaccano con i più disparati pattern possibili, dal meccanico e calcolato al pazzo suicida, nel quale, spesso e volentieri, è completamente possibile perdere di vista le proprie creature, salvo mirati lavori di personalizzazione estetica.

“Uno di noi, uno di noi!”

Verdetto
Si
Questi SONO i droidi che stavate cercando
Commento
L’idea alla base di Automatron è probabilmente il sogno – neanche troppo nascosto – di qualsiasi bambino degli anni ’90, cresciuto a pane, lego e robottoni. Pane a parte, il primo DLC di Fallout 4 risponde perfettamente a questa esigenza, dandoci non solo la soddisfazione di creare un colosso semovente in grado di trebbiare qualsiasi forma di vita nello spettro del visibile, ma anche un nuovo scopo che revitalizza decisamente un’esperienza che, a cinque mesi dall’uscita originale del gioco base, stava diventando stagnante e ripetitiva. Purtroppo non stiamo parlando della trama, no, quella resta il solito pretesto di sottofondo tipico di ogni Fallout, fatta di eventi poco ispirati, personaggi tutt’altro che memorabili e una conclusione potenzialmente a tarallucci e vino. Il cuore di Automatron è la ricerca e la personalizzazione della macchina perfetta: sconfiggendo il Macchinista non ne erediteremo solo il costume, ma anche la voglia di riempire il Commonwealth di enti meccanici in salsa frankensteiniana, sopperendo alle mancanze individuali dei companion canonici del gioco. Bug negli script a parte, abbiamo a che fare con uno degli add-on che forse più degli altri, nella storia recente del brand, rivoluziona ed espande l’esperienza di gioco, anziché fornire una bolla chiusa in sé stessa che nasce e muore una volta esauriti gli eventi narrati. Oltre alle corpose ricompense in termini di equipaggiamenti, Automatron aggiunge un intero livello di giocabilità, che interagisce alla perfezione con il materiale base, espandendone le potenzialità ben oltre quello che è l’involucro narrativo. E questo prima ancora che la community ci metta le mani. Il che, conoscendo certe tendenze dei modder a dissacrare qualsiasi cosa, apre la possibilità a inquietanti scenari, dai più prevedibili riferimenti a Terminator a… beh, diciamo che componenti robot con una quarta di seno potrebbero essere i meno preoccupanti…
Pro e Contro
Nuove meccaniche di gioco
Aggiunge varietà ai PNG
Massiccia mole di equipaggiamenti e componenti

x Troppo lineare
x Storia banale
x Costringe al grinding per sbloccare molti contenuti

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