Il 14 Novembre 2001 Bungie si preparava a festeggiare il lancio dell’originale Halo: Combat Evolved. Il titolo (curiosamente presentato nel ’99 come un RTS per Mac OSX) da quel momento in poi avrebbe cambiato ed influenzato il genere degli sparatutto in prima persona, riuscendo nella(all’epoca) proibitiva impresa di far spopolare il genere anche su console e diventando una vera e propria killer application per la prima Xbox. Tredici anni dopo, con alle spalle un sofferto divorzio con Microsoft e con la sua creatura, la software house a stelle e strisce ci prova di nuovo con una Proprietà Intellettuale destinata (consentiteci la battutaccia) a far parlare di sé ancora a lungo,
anche solo per una mera questione di numeri.
Versione testata: Playstation 4
What’s my Destiny Dragon Ball
Il comparto narrativo funge da pretesto iniziale e da collante “di comodo” tra gli eventi dei vari pianeti
Nelle intenzioni di Bungie, Destiny doveva essere il più possibile una creatura “poliedrica”, attingendo caratteristiche da generi diversi come lo sparatutto in prima persona, il gioco di ruolo e l’MMO. Questa scelta d’impostazione giocoforza va ad influenzare tutti i piani della produzione, non salvando
nemmeno il comparto narrativo che viene infatti “piegato” allo scopo e pare fungere da pretesto iniziale e collante di comodo tra le vicende che succedono sui vari pianeti ed il resto dell’offerta ludica. Il Viaggiatore, una misteriosa entità portatrice di Luce, ha tempo addietro difeso la Terra dall’Oscurità, la sua nemesi, al costo di uscire dal conflitto gravemente mutilato e privato di molto del suo potere. Adesso che l’Oscurità minaccia di nuovo il cosmo la situazione è delicatissima, e la responsabilità ricade tutta sulle spalle dei Guardiani, i protagonisti della storia (la cui durata si attesta attorno alle 15-20 ore).
Il destino di un cavaliere
La componente da FPS funziona ed è all’altezza di Bungie
Vista la commistione di generi che caratterizzano il gameplay finale del prodotto, per esprimere considerazioni sulla sfera ludica dell’esperienza bisogna “smembrarla” ed analizzarla a pezzi. La base di partenza è come detto quella dello sparatutto in prima persona:
il pedrigree di Bungie in questo caso parla da solo, e di conseguenza il risultato registra delle meccaniche solide e decisamente all’altezza del nome dello sviluppatore americano. Si prende la mira con il grilletto sinistro, si apre il fuoco con il destro, si controllano inquadratura e movimenti del personaggio con le due levette e si sfrutta la “pulsantiera frontale” per le tipiche azioni di ricarica e cambio dell’arma, salto (che diventa una planata col jetpack già nelle prime fasi di progressione) e per accovacciarsi o eseguire una scivolata in corsa.
Il GDR viene inserito in modo abbastanza atipico, con un risultato finale anche qui convincente
Su questa base dallo stampo classico si vanno poi ad inserire gli elementi ripresi dal gioco di ruolo,
presentati però con un approccio sui generis e abbastanza inedito. Pur essendo presente un sistema di esperienza e previsto l’aumento di livello le statistiche dipenderanno in toto dall’equipaggiamento del Guardiano (diviso in “fasce” di rarità e capace di salire di livello in dipendenza da questa), che “da nudo” vedrà i suoi valori di Forza, Intelletto e Disciplina essere pari a zero indipendentemente dal tempo speso in gioco. Le tre caratteristiche poi non influenzeranno il gameplay in modo diretto (
ad esempio definendo i danni inflitti dai vari attacchi), ma agiranno sui tempi di ricarica di ciascuna delle tre abilità a disposizione degli eroi: la Forza permetterà di eseguire più spesso l’abilità legata al corpo a corpo potenziato, la Disciplina velocizzerà il recupero delle Granate e l’Intelletto infine permetterà un più frequente utilizzo della cosiddetta “Super”. Dal GDR è ripreso anche il concetto di classi (sono presenti al momento il Titano, l’attaccante più fisico, il Cacciatore, più versato sulla lunga distanza e lo Stregone, dotato di abilità più particolari), ognuna dotata di due rami evolutivi intercambiabili durante il gioco e utilizzati per accedere alle diverse abilità del Guardiano.
Deludono un po’ le componenti da MMO: Poca interazione e Always Online
Più altalenanti invece gli aspetti mutuati dal Massive Multiplayer Online. A trovate riuscite e divertenti (soprattutto quando si gioca in cooperativa, fino a tre giocatori) come quelle degli eventi, che riescono a funzionare bene come punto di raccolto tra i diversi Guardiani online sullo stesso pianeta fornendo un obbiettivo comune da seguire e appunto alla possibilità di incontrare altri giocatori direttamente in-game e decidere se seguirli o ignorarli si affiancano aspetti che fanno un po’ storcere il naso (ad esempio la scarsa interazione con gli altri giocatori, limitata sostanzialmente all’unirsi alla squadra o all’eliminare gli stessi nemici) che non riescono a giustificare pienamente l’obbligo di dover per forza giocare connessi online, anche se si vuole esplorare Destiny in solitaria. È su questo fronte che speriamo Bungie intervenga mettendo mano in modo più deciso nei futuri aggiornamenti (necessari quando si parla di MMO) decidendo in quale piede tenere la staffa e quindi ampliando le possibilità a livello di interazione o abbandonando il vincolo dell’always online.
Crogiolarsi nel Crogiolo
Il Multiplayer si conferma uno dei pezzi forti di Bungie
Già dai tempi del primo Halo Bungie aveva abituato i giocatori ad una componente multigiocatore competitiva di assoluto livello, riuscendo come detto a proporre un prodotto del genere ad un pubblico che storicamente non era mai stato messo in condizione di fruirne a questo modo
. Destiny non fa eccezione e propone quindi una modalità Player vs Player divertente e riuscita, con l’unico neo delle poche modalità a disposizione (sostanzialmente sono presenti Controllo, praticamente un Re della Collina, Recupero, una modalità ad obbiettivi ed i classici deathmatch a squadre o tutti contro tutti). Il coniglio che Bungie estrae dal cilindro per compensare questo difetto è però atipico e convincente: si è solitamente abituati a considerare la campagna principale ed il multigiocatore due “compartimenti stagni” del gioco, quasi prodotti a se stanti.
Di solito multiplayer e campagna sono due prodotti praticamente a se stanti. In Destiny no
Destiny infrange questo credo e propone un multiplayer dove il proprio Guardiano può accumulare esperienza (per lui o per il suo equipaggiamento) che si somma e si integra nei progressi ottenuti nella campagna, oltre a ricevere saltuariamente qualche nuova arma o parte di armatura. La particolare impostazione a livello di progressione poi permette anche ai nuovi arrivati di cimentarsi nel Crogiolo e competere quasi alla pari con i veterani del titolo, permettendo quindi anche ai Guardiani di livello più basso di ben figurare nella classifica finale, anche a discapito di giocatori di livello più alto.
Bello da lontano
Pezzo per pezzo il risultato è nella norma, ma l’insieme funziona ed è suggestivo
Dal punto di vista tecnico, Destiny riesce ad essere ad una prima occhiata bello e suggestivo: gli scenari proposti sono convincenti sia dal punto di vista ambientale che da quello della colorazione, con il risultato di andare a comporre luoghi e panorami evocativi.
Un quadro d’insieme insomma che anche se singolarmente non brilla per nessuna delle sue componenti trova la sua forza nell’unione e propone a schermo un risultato finale convincente. Rimane un po’ di amaro in bocca solo per l’assenza di differenze a livello di fisica tra uno scenario e l’altro (sulla Luna ad esempio la gravità si comporta come sulla Terra), che avrebbe probabilmente giovato dal punto di vista immersivo e confezionato un quadro ancor più riuscito. Acusticamente non c’è nulla da segnalare, grazie ad un doppiaggio di buon livello e ad una colonna sonora più che adeguata.
Verdetto
8 / 10
Safety Dance nello spazio
Commento
Pro e Contro
✓ Solido nelle meccaniche FPS
✓ Componenti da GDR atipiche e riuscite
✓ Campagna e multiplayer competitivo sono un tutt'uno
✓ Impatto visivo evocativo...
x ... Ma i "singoli pezzi" sono nella media
x Meccaniche MMO troppo abbozzate per giustificare l'Always Online
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