Valutare un gioco non è un esercizio di stile, sapete? Parlare di un’esperienza virtuale non è necessariamente dissimile dal raccontare della più concreta realtà quotidiana. Dare un senso all’esperienza attraverso le parole significa ottenere Controllo su quello che abbiamo vissuto. Il Controllo, ma il Controllo di chi, o su che cosa? La chiave sta nelle domande e non nelle risposte, così come il lucchetto sta nella percezione e non nel tangibile.
Control è un gioco di domande, di imperscrutabili quesiti che poco hanno a che fare con la realtà di tutti i giorni, ma che pervadono la mente sognatrice di chi gioca. L’ignoto spaventa più di un jumpscare e Remedy Entertainment, con fare hitchcockiano, saltella a ritmo della celebre Marcia Funebre per una Marionetta.
Qualcuno ha detto Control? Quando leggo un libro o guardo un film, non aspetto altro se non un personaggio che dica il titolo dell’opera. Con Control, alla trentasettesima volta, ho un po’ disprezzato gli sviluppatori. Alla trentottesima era già meglio.
Forse non esiste un medium più azzeccato del videogioco per affrontare la tematica omonima al titolo di questo gioco. In generale, il Controllo non è altro se non il limite di un giocatore per immedesimarsi in emozioni non sue. Non che ci sia qualcosa di male, ma se in un gioco empatizziamo e basta, senza vivere, siamo sicuri che non sia il gioco a controllare noi? In un modo più o meno consapevole, Control affronta questa tematica con fare quasi metaludico. Una protagonista, Jesse, quasi succube di un destino casuale quanto sperato (per me non ha senso neanche mentre lo scrivo, figuriamoci per chi legge… Eppure è così). Questa assenza di Controllo riflette quella sopracitata del giocatore, eppure l’obiettivo del gioco rimane chiaro quanto immateriale: ottenere il Controllo. Continuando su questa linea, a metà tra il gioco di parole e le parole del gioco, passiamo ai controlli. Control ha un sistema di combattimento raffinato, coreografato e coreografabile. Una sola pistola, ma con cinque metodi di sparo differenti, unita a svariati poteri paranormali che Jesse apprenderà nel corso dell’avventura. L’evidente stampo Jedi dei poteri della protagonista non deve ingannarvi però. Per quanto le loro funzionalità possano quasi risulatre banali, la qualità del sistema di combattimento è innegabile. Veloce, rapido e brutale per i troppo spavaldi. Un fiore all’occhiello della produzione, che lascia grande libertà al giocatore di sperimentare approcci. Un appunto va fatto all’arbitraria quanto folle gestione degli upgrade dei poteri. Potenziare solo il lancio da inizio gioco vi renderà praticamente invincibili per metà dell’avventura. Imperdonabile, ma soprattutto triste, vista la cura davvero meticolosa nell’algoritmo di spawn dei nemici. Insomma scontri vari e divertenti, ma un sistema di potenziamento che, se in mano a un giocatore oculato, può quasi rompere l’esperienza di gioco.Insomma, provare per credere, a me ha fatto impazzire. Letteralmente.
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