Siamo nel 1976. Un anno che alcuni ricorderanno per il nome di Steve Wozniak, colui che concepì proprio allora l’Apple I. Sì, sì, proprio quell’Apple – il predecessore degli attuali MacBook che poi venne concretizzato in combutta con Steve Jobs.

Ma nello stesso anno qualcun altro fa parlare di sé. È William Crowther: un nome piuttosto noto agli aficionados della storia dei video game. In un’era in cui i computer erano ancora in una fase piuttosto embrionale, Crowther concepisce qualcosa che detto terra terra è poco più che due parole bianche su schermo nero.

Da qualche parte, nelle vicinanze, si trova Colossal Cave, dove altri hanno scoperto oro e tesori in abbondanza. Si dice però che chi entri al suo interno rischi di non fare più ritorno. E che la caverna sia permeata di magia.

Colossal Cave (2023)
Inizia così l’avventura di Colossal Cave Adventure (o semplicemente Adventure), un gioco solo testo che ispirandosi ai più noti fantasy della cultura del tempo ottenne a sua volta enorme fama. Un gioco che con soltanto le parole era riuscito a farsi amare dai giocatori, evocando nelle loro menti immagini di un’avventura senza precedenti.

Un gioco che non molto tempo fa, nel 2023, è rinato grazie al team di Cygnus Entertainment.

Sei in fondo a una stradina, di fronte a un piccolo edificio di mattoni.

Un incipit che lasciava appena presagire la grande avventura – il grande successo – che sarebbe stata Adventure. Una mappa costruita a parole, o per meglio dire ricostruita. Era infatti basata su varie esplorazioni di Crowther e sua moglie, entrambi avvezzi all’esplorazione nonché programmatori.

E sarò completamente sincero: no, io non ho mai giocato Adventure. Non esistevo nemmeno nel ’76, né mi ha mai sfiorato la testa l’idea di giocarlo. Eppure, con questo remake/reboot alle porte, un po’ di curiosità m’è venuta. Ho giocato l’originale – e cavolo se mi è rimasto difficile immaginarmi i piccoli, importanti dettagli che costruiscono il gioco.

Ancor più difficile è stato districarsi nel “sistema di gioco”, viziato come sono a quelli dei videogiochi del 2023. È virgolettato di proposito, perché in un gioco testuale non c’è un vero e proprio sistema. “Est. Ovest. Raccogli chiave. Est. Apri porta.” In Adventure si avanza impartendo indicazioni precise al PC – indicazioni non sempre scontatissime, da impartire usando parole precise in inglese.

Rimarcando molto sulla difficoltà di un gioco senza un effettivo feedback visivo (chiaramente arrivati in vari rework successivi, in un modo o nell’altro) ci aspettiamo tutti una considerazione in apertura. “Quindi è già più semplice”. Perché sì, non nascondiamocelo: entra in gioco quella componente nostalgica dei Giochi di una volta, impegnativi e spietati che ci hanno reso i giocatori intelligenti di oggi.

E senza nascondercelo, sì: guidare un personaggio in prima persona non è come ragionare su quale coppia di parole il computer si aspetti per eseguire una certa azione. Ma la difficoltà del gioco sopravvive. Un inventario ridotto, una stradina singola che più in là inizia a diramarsi ancora e ancora. Anfratti, grotte, labirinti, e qua e là uno gnomo o un pirata che appaiono dal nulla a dar fastidio.

Un fastidio che a discrezione del computer può tradursi in “sei morto, ricomincia da capo”.

Sparsi per la mappa alcuni oggetti da raccogliere – e di nuovo, da tenere in inventario solo un tot alla volta. Ognuno ha il suo utilizzo: sta al giocatore scoprire quale. D’altronde è un’avventura, non c’è niente di ovvio o troppo prevedibile.

Insomma c’è questo gigantesco feedback visivo rispetto al Gioco di una volta, che se da un lato toglie un grosso peso dalle spalle del giocatore dall’altro non rende il gioco facile per forza. Un “peso”, poi, che ci si aspetta non lo sia più dopo un po’, visto che il giocatore capisce sempre come far funzionare il gioco per vincere.

E deve farlo anche qui. Perché sì, il mondo non è più da immaginare e memorizzare ma nasconde comunque insidie e tesori. Questi ultimi tra l’altro sono il punto d’arrivo. La vittoria è tracciata da un punteggio sempre a schermo, che incrementa in base a quanto chi sta oltre lo schermo “è bravo” e capisce dove andare. Diminuisce anche, quando il giocatore in difficoltà sceglie di chiedere consiglio all’onnipresente voce narrante.

Il vero tesoro è la storia del videogioco.

Dietro Cygnus Entertainment ci sono dodici menti, capeggiate da Ken e Roberta Williams. Dodici menti con l’unico scopo (attualmente) di ricostruire in 3D Colossal Cave Adventure, uno scopo che hanno dunque appena raggiunto.

Ci sono riusciti? Beh, sì, cavolo. E non banalmente perché il gioco è fedele, o difficile – parole che sono un po’ il metro di paragone di tutti i “re“(-make, -master, -boot) di oggi. Il gioco del 2023 tra l’altro è entrambe queste cose. Ma di nuovo, non è questo il punto.

Il punto è, a mio modesto parere, che si sta preservando a proprio modo la storia. Due persone abbastanza comuni ognuna con la propria diversa esperienza alle spalle si sono sobbarcati una responsabilità: quella di far conoscere un cult testuale ai giocatori abituati alla grafica 8K. Purtroppo non in 8K, ma non poteva essere altrimenti.

Colossal Cave 2023 è completamente finanziato dai due “CEO” di Cygnus Entertainment, senza fundraising di sorta. Non c’è nulla di graficamente mozzafiato, nulla a livello tecnico è effettivamente sbalorditivo.

Una capsula del tempo riempita di brivido della scoperta

Il bello è l’avventura, il brivido della scoperta. Il poter scegliere tra la facilitazione di una mappa aggiornata in tempo reale, o un’esplorazione senza una mappa e molto più vicina a quella originale. Il bello è, come è sempre stato, finire in un vicolo cieco senza avere ben chiaro cosa stia succedendo. Tornare sui propri passi e trovare a terra una gabbia, e d’improvviso aver perfettamente chiaro cosa dovrà succedere.

È bello voltare l’angolo e finire in una nuova stanza, e in mezzo al silenzio veder apparire un nano in un jumpscare tanto scontato quanto efficace. Guardarsi attorno e trovare un’ascia nanica a terra, o disturbare per sbaglio un drago mentre si rilassa su un tappeto costoso.

Ragazzi, non posso proprio nascondervelo. È bello studiare, ogni tanto – e sto parlando con voi oltre lo schermo. Mollato un attimo God of War e prestate un po’ di tempo a un grande classico. Smettete di usare come metro di paragone i primi Assassin’s Creed, o i primi God of War, o i primi qualsiasi cosa siano oltre gli anni 2000. Smettete proprio di paragonare tutto, e giocate e basta.

Aprite quella grata, quel vaso di Pandora arrivato da quasi 50 anni fa. Perché al contrario del vero vaso di Pandora, questo non fa male affatto. Certo, è ambizioso anche il prezzo – ma se almeno una volta in vita vostra avete pensato “quelli sì che erano bei tempi”, non ve ne pentirete.

Specie se quei “bei tempi” non erano quelli di Colossal Cave Adventure.
Voto e Prezzo
7 / 10
38.99€ /38.99€
Commento
Colossal Cave si propone silenziosamente lo scopo di recuperare un pezzo di storia, portandolo nel nostro presente in modo che sia fruibile ai nuovi giocatori. Una sfida ambiziosa, adattare un cult a delle mentalità decisamente cambiate.
Pro e Contro
Fedele al 1976
Coinvolgente al punto giusto

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