Recensione Call of Cthulhu – La certezza della confusione

Un tuffo negli incubi lovecraftiani, alla scoperta dell’occulto… O di noi stessi

Siamo nel pieno degli anni venti: la società è un amaro cocktail di pregiudizi, misteri, proibizionismo e chiusura mentale. Questa atmosfera si lega perfettamente alla figura del detective Edward Pierce e alle sue vicende all’interno dell’horror Call of Cthulhu. Un personaggio che rispecchia totalmente lo stile dell’ambientazione; appare subito come un uomo tormentato da incubi, un ex alcolista reso rude dalle sue esperienze passate e con la forte necessità di un nuovo caso per evitare di perdere il lavoro. La sua figura calza a pennello con il contesto narrativo in cui viene calato fin da subito: in seguito alla richiesta di un anziano padre che dice di aver perso la figlia, l’investigatore decide di recarsi nel luogo dove la donna viveva: Darkwater. Quest’isola al largo di Boston si presenta come un luogo abbandonato dal resto del mondo, un luogo carico di superstizione e tradizioni, un luogo corrotto dove tutti si conoscono ma nessuno è mai totalmente sincero o aperto con gli altri. Ed è proprio in questo ambiente che il protagonista tira fuori il meglio di sé: la sua risolutezza e la sua curiosità lo legheranno in maniera indissolubile al destino di questo posto… E non solo.

Le vicende però sono tutt’altro che cristalline e in molti casi diventa addirittura difficile comprendere cosa sia reale e cosa no, fin dove arriva la suggestione e dove invece si spinge il soprannaturale, se così si può definire. Come detto prima, sono gli anni venti e la scienza si sta sviluppando in vari campi; l’emozione della scoperta dovrebbe spazzare via molte incertezze, ma l’occultismo non si lascia scalzare e cerca piuttosto di affondare i propri artigli nella realtà, corrompendola e mettendola in discussione dalle sue radici.

Per questa inquietante ed affascinante atmosfera il team di sviluppo di Cyanide deve ringraziare le opere del grande scrittore H. P. Lovecraft. Nei suoi racconti a cavallo tra il sogno e la realtà hanno infatti origine gli orrori presenti in questo titolo: i Miti di Cthulhu, le vicende del Libro dei Morti, sette segrete, creature indescrivibili e altro ancora costituiscono le colonne portanti di quest’opera, palesemente realizzata con l’intento di valorizzarne al meglio i contenuti.

 

Versione testata: PlayStation 4

 

Amore Fedele
Ed effettivamente il risultato viene raggiunto con efficacia. Pochi fronzoli, poche aggiunte e tanta fedeltà alle opere dello scrittore statunitense permettono di esaltarne i pregi; in questo modo la loro integrità artistica non viene intaccata nel tentativo di personalizzarle eccessivamente. Vien da sè che quindi chi già conosce questo universo narrativo può cogliere alcuni segnali in anticipo; questo non rovina affatto l’esperienza videoludica, ma aumenta anzi il desiderio di scoprire cosa si cela dietro alle vicende narrate. Allo stesso tempo, chi non conosce questi elementi non si sente escluso o non prova alcuna sensazione di smarrimento, se non quella voluta e ricercata dagli sviluppatori. L’epoca è quella scelta più frequentemente dallo stesso Lovecraft e probabilmente anche la più adatta a questo tipo di misteri; in origine lo scrittore sfruttava le sue opere per creare un legame con il lettore attraverso la contemporaneità, ma in seguito quest’epoca si legò a doppio filo con i suoi racconti poiché insieme hanno dato vita ad un tipo di ambientazione ormai divenuta canonica. Si possono infatti notare tanti riferimenti alla realtà per come era in quegli anni, quali ad esempio libri o luoghi realmente esistenti. L’unico evidente distacco del videogioco da quel tempo (che per alcuni potrebbe addirittura essere visto come un anacronismo) è la presenza di una donna in veste di leader di una fazione.

 

 

Semplicità non è necessariamente sinonimo di qualità
UN IBRIDO FORSE TROPPO SEMPLIFICATO
Essendo la trama e la psicologia le colonne portanti di questo gioco, il genere scelto per meglio esaltarle è un ibrido tra una classica adventure grafica e un più moderno horror d’azione, con l’aggiunta di pochi elementi da gioco di ruolo. Il giocatore osserva attraverso gli occhi del protagonista e si può muovere liberamente per la mappa, ricercando indizi e dialogando con chi meglio crede. Le mappe però non sono interconnesse e ogni capitolo è ambientato in un luogo ben delimitato, da cui non è permesso uscire nemmeno per rivisitare aree già esplorate in precedenza. Questo alla lunga potrebbe far sentire troppo guidati nel percorso da seguire, facilitando in maniera eccessiva la scelta della prossima azione da compiere. La motivazione alla base di questa scelta di level design probabilmente è da ricercare in un tentativo di esaltare ancora maggiormente la storia, ma non è necessariamente un bene per chi cerca un livello di sfida alto. La semplicità di alcuni passaggi si evince anche dal numero abbastanza ridotto di oggetti e personaggi interagibili; l’eplorazione è anche penalizzata dal fatto che questi elementi sono evidenziati da vistosi cerchi bianchi (non disattivabili nelle impostazioni) che attirano l’attenzione a tal punto da ridurre l’interesse per l’osservazione del resto dello scenario. Essi sono spesso posti in mappe eccessivamente lineari, togliendo un po’ il brivido dell’esplorazione intelligente; vi sono solo alcuni livelli che si dimostrano più vasti ed articolati e, non a caso, risultano essere anche i più interessanti da affrontare. Inoltre le mappe in cui sono presenti dei personaggi ostili sono fin troppo riconoscibili dalla presenza di luoghi in cui nascondersi; sarebbe forse stato più opportuno distribuire questo tipo di interazioni in ogni scenario, così da non dare indizi sulla presenza o assenza di avversari. Un’ulteriore pecca in quanto a semplicità sono gli enigmi: quasi nessuno offre un livello di sfida adeguato, finendo spesso per essere dei minigiochi senza troppe pretese e nemmeno sempre inerenti con le vicende.

 

 

UNA PERSONALIZZAZIONE A VOLTE INUTILE E A VOLTE PUNITIVA
Questo significa dunque che il gameplay di Call of Cthulhu è disastroso? Assolutamente no. Se vi sta assalendo il dubbio di trovarvi di fronte ad un walking simulator, potete stare tranquilli: altri elementi danno movimento al titolo ed evitano di renderlo troppo monotono nelle meccaniche. Uno è sicuramente la presenza di alcune parti ricche d’azione nelle quali si possono usare armi, dandoci la sensazione di essere di fronte a (seppur rudimentale) uno sparatutto in prima persona. Inoltre, in certe aree circoscritte, si può utilizzare il fiuto dell’investigatore per cercare oggetti nascosti; anche qui però un segnalino a schermo avverte quando sono stati ritrovati tutti, banalizzando forse un po’ troppo la ricerca. Esiste anche una modalità denominata Ricostruzione che permette di unire gli indizi in una zona prefissata tramite l’utilizzo delle proprie abilità e risalire di conseguenza a quale fosse stato lo svolgimento degli eventi. Il successo (o fallimento) nel riconoscere gli indizi è direttamente legato allo sviluppo del personaggio; in base alle proprie azioni, infatti, il protagonista acquisisce dei punti da spendere per aumentere una delle sette caratteristiche (Investigazione, Fiuto, Forza, Eloquenza, Psicologia, Medicina e Occultismo). Ad ogni punto assegnato ad una certa disciplina si aumenta la probabilità di successo delle prove legate ad essa. Le meccaniche di gioco si ispirano a quelle del gioco di ruolo da tavolo della Chaosium, ma le modificano in maniera abbastanza drastica, tanto da essere difficilmente riconoscibili. Nel videogioco, infatti, sono presenti cinque step fissi nel progresso di ogni caratteristica, i quali rappresentano il livello generico in tale ambito (Principiante, Dilettante, Professionista, Esperto,…) e servono come prerequisiti per tentare determinate prove. Questo doppio sistema rischia di essere poco chiaro e non troppo appagante, lasciando sempre aperta la possibilità di fallire prove per semplice sfortuna e impedendo quindi di poter collezionare tutti gli obbiettivi/trofei del titolo, salvo rigiocarlo e sperare di avere la dea bendata dalla propria parte. E se state pensando di salvare e ritentare, ho una brutta notizia per voi: non esiste il salvataggio manuale ed il salvataggio automatico ha un solo slot.

Una progressione diversa è invece quella dell’Occultismo: esso (insieme a Medicina) è l’unica abilità incrementabile soltanto ritrovando oggetti ad esso legati e incide profondamente sul gameplay. Nelle fasi finali di gioco, se si avrà un punteggio di Occultismo tanto alto, alcune scelte di dialogo saranno scritte nella misteriosa lingua degli Dei Antichi e saranno perciò incomprensibili. Questo funzionamento è positivo poichè rende incisive le scelte compiute in merito ai fatti più sconvolgenti; bisogna infatti tenere sotto controllo anche la Sanità Mentale del protagonista: un eccessivo contatto con elementi sovrannaturali la abbasserà, incrementando il rischio di perdere contatto con la realtà. Un altro aspetto importante dei dialoghi (che differisce dalle adventure classiche) è il fatto che, dopo aver finito di parlare con una persona, non è possibile rivolgergli nuovamente la parola per ottenere nuove informazioni; allo stesso modo non avremo neanche la certezza di poter di porre tutte le domande al nostro interlocutore, costringendoci a pesare con cura le nostre parole. Questo, unito al non poter salvare la partita a piacimento, evidenzia come Call of Cthulhhu sia stato pensato come un’esperienza immersiva, che non ammette ripensamenti se non con l’inizio di una nuova partita. Un piccolo dispiacere lo danno alcune traduzioni italiane non troppo accurate e qualche piccolo errore grammaticale.

 

 

MA NON MANCANO I BUONI SPUNTI
In compenso gli obiettivi che si devono portare a termine sono sempre scritti chiaramente su schermo, suddivisi anche tra primari e secondari, permettendo così di scegliere consapevolmente quando andare avanti nella trama. Ai fini di capire gli avvenimenti e le circostanze relative alla narrazione, risulta anche molto utile il codex del menù, nel quale si possono trovare spiegazioni relative a personaggi, luoghi, eventi occulti, indagini ed oggetti incontrati. Questi ultimi si possono ammirare anche in primo piano, con una visuale che permette di ingrandirli e ruotarli; questa meccanica però non sfrutta a pieno il suo potenziale poichè non porta mai a nuove scoperte, nuovi dettagli nascosti e nemmeno a nessun tipo di interazione con l’oggetto stesso. Un utilizzo intelligente di un oggetto invece si può apprezzare con l’accendino: esso può essere impugnato come scarsa fonte di luce, ma è necessario spegnerlo saltuariamente altrimenti il metallo si surriscalderà ed il protagonista lo riporrà automaticamente nei momenti meno opportuni. Questo problema non si pone sfruttando la luce di una lanterna portatile, che però necessita di essere ricaricata d’olio di tanto in tanto.

 

 

L’atmosfera offusca il dettaglio
GRAFICAMENTE MEGLIO L’INSIEME DEL DETTAGLIO
Per quanto riguarda il lato tecnico di Call of Cthulhu bisogna fare una considerazione: essendo una produzione dal badget non elevatissimo, gli sviluppatori hanno dovuto dare delle priorità. Il dettaglio grafico è discreto ma non certo spettacolare; le animazioni sono abbastanza povere d’ispirazione e questo si può notare anche dal fatto che il gioco sia stato ideato in prima persona (e senza possibilità di guardarsi le mani o il corpo) apposta per evitare che la loro mediocrità potesse intaccare l’atmosfera generale. Solo nei filmati è possibile osservare il protagonista, ma nemmeno qua si raggiunge un livello grafico molto superiore (e dopo essersi conclusi, a volte, questi comportano dei trigger abbastanza evidenti che “teletrasportano” i personaggi in maniera discutibile). Sono leggermente più apprezzabili i dettagli su alcuni oggetti, scritte o simboli riconoscibili senza dover ascoltare il commento del protagonista o leggere i sottotitoli. Ciò che fa la differenza sono piuttosto lo stile grafico e l’atmosfera generale. La palette cromatica ruota attorno a tonalità molto sporche di verde e di nero, le quali si mischiano in oniriche sfumature verde acqua tipiche del Richiamo di Cthulhu e degli orrori che genera. Questi colori esaltano alla perfezione le sezioni di gioco riguardanti l’instabilità mentale, gli incubi, le incertezze e gli orrori. Nelle poche mappe che devono trasmettere un senso di sicurezza si possono notare colori più caldi, ma non mancano mai elementi che richiamino il tema dominante, come a voler sempre ricordare l’incombenza degli incubi. Le mappe stesse risultano molto evocative: ogni elemento non è stato scelto per risultare realistico, quanto piuttosto per risvegliare emozioni in chi lo osserva. Per poter apprezzare a pieno questo titolo non bisogna ricercare il realismo in ogni cosa, quanto piuttosto lasciarsi trasportare da ciò che gli autori ci propongono.

UN REPARTO SONORO D’ATMOSFERA
A rafforzare questa esperienza contribuisce anche un buon reparto sonoro: le musiche sono semplici, ma esaltano l’atmosfera quanto basta senza essere mai invadenti o fuori luogo. I suoni ambientali tengono sempre la tensione alta e i dialoghi presentano un buon doppiaggio, empatico e sentito. La sensazione finale, soprattutto se giocato in un ambiente buio e con delle cuffie, è molto profonda e tende a trascendere le immagini stesse, come se le sensazioni fossero tangibili.

 

 

Lo stile della leggerezza
In conclusione si può dire che Call of Cthulhu sia un gioco “leggero”; non bisogna aspettarsi nulla di troppo complicato, ma ciò che offre sa intrattenere. “Leggero” anche nelle specifiche richieste, così da poter dare soddisfazioni anche a chi non dispone di un PC di fascia alta, per chi lo volesse giocare su questa piattaforma. Questo aspetto però non va confuso con una dimostrazione di trascuratezza: il titolo si dimostra solido e privo di bug evidenti. Gli sviluppatori, inoltre, hanno dimostrato di ascoltare le critiche degli utenti e sistemare il loro prodotto di conseguenza. Le impostazioni, ad esempio, sono state recentemente ampliate e garantiscono una buona personalizzazione dell’esperienza di gioco.

Un aspetto che non è così leggero è il prezzo; attualmente si aggira intorno ai 60€ in copia fisica per console e 45€ in copia digitale per PC, forse non adeguatissimo per un titolo che non brilla per longevità e, per la sua natura, offre una rigiocabilità molto contenuta.

D’altro canto la leggerezza è mancata anche ad altre testate che, esprimendo il proprio giudizio su quest’opera, hanno esteso accuse di razzismo, misoginia e omofobia a Lovecraft stesso e alle sue opere. A mio avviso questo atteggiamento è superficiale ed errato: lo scrittore statunitense viveva in un’epoca non esattamente semplice, ma i suoi racconti non rappresentano necessariamente il suo pensiero. Essi dovevano contenere elementi riconducibili alla sua contemporaneità affinchè il lettore potesse immedesimarsi meglio nella situazione e sentire più “vivi” gli orrori. A conferma di questa tesi vi è anche il fatto che avesse una moglie ebrea e amicizie omosessuali.

 

Verdetto
7.5 / 10
Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn
Commento
Call of Cthulhu non è certo perfetto, ma sa cosa vuole offrire al panorama videoludico: l'atmosfera, gli elementi, le sensazioni... Tutto richiama in maniera chiara e decisa l'universo narradivo di H. P. Lovecraft.. Non vanno ricercati miracoli grafici o un gameplay mai visto prima, ma se ci si abbandona alla narrazione si potranno provare sensazioni molto coinvolgenti. Il gioco è molto leggero, un ibrido tra un'adventure grafica e un horror d'azione, con qualche elemento da gioco di ruolo. La longevità non è certo eccessiva, ma tutto ciò che è presente rafforza le emozioni trasmesse senza diluirle in inutili divagazioni. Le scelte non garantiscono una rigiocabilità troppo elevata, ma garantiscono un riscontro notevole nella trama.
Pro e Contro
Atmosfera ben riuscita e coinvolgente
Fedele alle opere di H. P. Lovecraft
Scelte incisive a livello di trama

x Comparto tecnico appena sufficiente
x Personalizzazione del protagonista non entusiasmante
x Longevità non adeguata al prezzo

#LiveTheRebellion