Curse of the Moon 2 dimostra ancora una volta quanto lo spin-off di Bloodstained sia superiore al titolo principale. La recensione.
Quella del mio rapporto con Bloodstained è una storia strana e complicata. Da fan ossessionato di Castlevania, in particolare di quelli sviluppati da Koji Igarashi, sono letteralmente impazzito davanti all’annuncio di Bloodstained. Parliamo di IGA, uno sviluppatore che ha trovato l’oro ovunque abbia messo le mani (eccezion fatta per Harmony of Dissonance), il padre di titoli immortali come Symphony of the Night e Aria of Sorrow, capaci di ridefinire il franchise in maniera così netta da aver creato una divisione tra i classicvania e gli IGAvania. Nonostante poi Bloodstained Ritual of the Night si sia rivelata una delle mie più grandi delusioni di questa generazione, Inti Creates aveva rilasciato uno spin-off in stile 8-bit chiamato Curse of the Moon che mi aveva lasciato a bocca aperta. Fondamentalmente ho passato molto più tempo su Curse of the Moon di quanto ne abbiaaccumulato su Ritual of the Night.
Durante il NGPExpo di Luglio, a sorpresa, sullo schermo è apparso il faccione di IGA, che annunciava un sequel per Bloodstained. Non si parlava di Ritual of the Night però, ma di Curse of the Moon 2, sviluppato sempre da Inti Creates. Il lancio è avvenuto poco dopo su Playstation e Steam, e mi ci sono catapultato alla velocità della luce. Avevo davvero bisogno che Curse of the moon 2 mi facesse dimenticare l’amarezza per Ritual of the Night. E ci è riuscito alla grande. Quasi non ci speravo.
Curse of the Moon 2 riporta in auge i classicvania
Curse of the Moon fu un graditissimo aperitivo pre-Bloodstained. In molti però pur riconoscendone il valore, non gli riconobbero la giusta importanza probabilmente perché divorati dall’attesa della portata principale. Curse of the Moon 2 è però un sequel in grado di dare i giusti riconoscimenti a quello che è stato uno dei migliori action/platform degli ultimi anni. Il fatto è che il mercato indie ha visto una crescente popolarità dei metroidvania, spesso e volentieri superiori a Bloodstained in ogni aspetto o quasi. IGA è stato superato dai suoi allievi, che ne hanno compreso a fondo gli insegnamenti più importanti finendo per mettere in ombra l’ultima creatura del padre di Symphony of the Night. In un mercato che ha visto l’uscita di Hollow Knight e The Messengerrimanere al passo coi tempi è una sfida difficile. Curse of the Moon 2 invece è un’altra storia, ed è ancora uno dei migliori esempi di action/platform sul mercato. Per fortuna.
Il sequel targato Inti Creates è un titolo di fattura pregevole, che aggiunge qualche piccolo e gradito dettaglio alla formula già consolidata e ben rodata del primo capitolo. Siamo di fronte ad un esempio quasi perfetto di classicvania, che richiama molto da vicino i fasti di Castlevania III: Dracula’s Curse uscito su NES. Il feeling è praticamente lo stesso, con qualche gradito ammodernamento ma spiritualmente vicinissimo alle storiche produzioni Konami. Non chiamatela operazione nostalgia però: Bloodstained Curse of the Moon 2 ha molto da dire pur rifacendosi evidentemente ad un passato ad 8bit.
Un samurai, un’alchimista, un cecchino ed un…corgi?
Accanto a due vecchie conoscenze (Zangetsu e Dominique), vengono introdotti due nuovi personaggi giocabili: Robert e Hachi. Robert è una delle introduzioni più gradite di questo nuovo capitolo, è infatti un cecchino armato di fucile che aggiunge al nostro arsenale un arma capace di colpire a distanza, seppur con un rateo di fuoco molto basso. Hachi invece è un corgi alla guida di un’armatura robotica gigantesca, in grado di resistere ai colpi nemici e di liberare il terreno da spuntoni e trappole, oltre che di levitare brevemente in aria. Ogni personaggio ha il suo stile distinto di combattimento, e la turnazione tra i quattro membri iniziali del party permette una grandissima varietà di approcci tattici in ogni singola situazione.
Zangetsu, al solito, è il personaggio più equilibrato, Dominique permette salti più alti e una mobilità migliore, Robert è perfetto per colpire dalla distanza e può strisciare sotto determinati ostacoli, mentre Hachi può incassare colpi a ripetizione restituendo danni enormi ai nemici più tosti. Il party, che viene composto addentrandosi tra gli 8 stage complessivi, è ben bilanciato e permette di affrontare ogni singola situazione in maniera sempre diversa. Una volta terminato il primo playtrough si potrà accedere ai nuovi episodi, in cui saranno reclutabili i protagonisti del primo capitolo. Si arriva così ad avere un party composto da ben sette personaggi giocabili contemporaneamente.
Una rigiocabilità pazzesca
Il vero pregio di Curse of the Moon 2 è la sua rigiocabilità. Una volta affrontati per la prima volta gli 8 livelli del gioco si sblocca la possibilità di ricominciare da capo mantenendo buona parte dei personaggi fin dall’inizio. Questo permette di affrontare l’esplorazione degli scenari in maniera completamente differente, potendo raggiungere da subito nuove aree precedentemente inesplorabili. Non solo: progredendo nell’avventura per raggiungere il vero finale del gioco saranno affrontabili anche dei nuovi livelli molto particolari. Nello specifico sarà possibile accedere ad una sezione di gioco da affrontare come uno shoot ‘em up a scorrimento verticale. Inaspettato, ma davvero gradito.
Ogni volta che si ricomincia l’avventura la difficoltà del gioco aumenta leggermente. Alcuni boss hanno dei nuovi pattern che costringono a ripensare la propria strategia per adattarla ai nuovi personaggi presenti nel nostro party. Per aumentare ancora di più la rigiocabilità, Curse of the Moon 2 ha due livelli di difficoltà: standard e veterano. A veterano il gioco diventa davvero tosto, offre molte meno cure al giocatore e reintroduce una delle meccaniche più infami dei Castlevania classici: quando un personaggio viene colpito, compirà un salto all’indietro. Se nei primi livelli non rappresenta un problema, il knockback diventa micidiale nelle sezioni platform. Soprattutto nelle aree finali, in cui sono richiesti precisione millimetrica e una buona dose di sangue freddo per raggiungere ogni checkpoint. Il gioco diventa tostissimo e, in certe aree, molto frustrante, ma la soddisfazione che si prova ogni volta che si sconfigge un boss è incredibile.
Sono felicissimo che stiano uscendo sempre più giochi che permettono la co-op locale. È uno di quegli aspetti del gaming che stavamo dimenticando nella nostra ossessiva rincorsa alla modernità e al futuro. Bloodstained Curse of the Moon 2 è tornato alle origini, introducendo la meccanica da sempre assente nella serie di Castlevania. Intendiamoci, è bellissimo poter scegliere di giocare in coppia seduti sul divano, ma la modalità coperativa è veramente troppo grezza e poco rifinita. È un peccato, ma va ad inficiare notevolmente la godibilità del titolo. Sembra quasi che sia stata aggiunta di fretta al pacchetto finale, senza un testing adeguato, tant’è che mancano delle sezioni che siano state create con in testa la modalità coperativa. Diciamocelo: Curse of the Moon 2 è stato pensato chiaramente per essere giocato in single player.
Squadra che vince non si cambia
Come dei novelli Vujadin Boskov dell’ 8bit, i ragazzi di IntiCreates hanno mantenuto tutto quello che c’era di ottimo nel primo spin off di Bloodstained. In primis la pixel art meravigliosa, con gli sprite dei personaggi volutamente molto piccoli in relazione ad un’ambientazione stupenda e ai giganteschi boss da affrontare. Il ritmo del gioco è rimasto pressoché perfetto, così come la costruzione dei singoli livelli, ben caratterizzati e definiti nonostante non siano mai troppo lunghi da attraversare. Le aggiunte, eccezion fatta per la modalità coperativa, sono tutte migliorative. Graditissima l’inclusione dei livelli a scorrimento verticale e, soprattutto, la maggior chiarezza dell’interfaccia, a cui sono state aggiunte le barre della vita dei boss, una delle poche mancanze del primo capitolo.
Curse of the Moon 2 è il migliore dei tre titoli della saga di Bloodstained a mani bassissime, nonostante nasca come sequel di uno spin off. Fa riflettere il fatto che nonostante il progetto sia legato a doppio filo alla figura di Igarashi, quello sviluppato da lui sia ad oggi il capitolo meno riuscito, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista del gameplay. Anche questa volta infatti IGA appare solo come produttore dell’opera e non come director. Sarò sincero, nonostante la delusione di Ritual of the Night, Curse of the Moon 2 mi ha fatto provare ancora una volta il desiderio di vedere IGA ad alti livelli. Non c’è bisogno di rincorrere per forza la novità, questo spin-off ne è la prova. A volte basta tornare indietro e migliorare quello che già c’era. È esattamente questo che spero di vedere in un ipotetico Bloodstained 2.
Funzionerebbe alla grande.
Verdetto
8.5 / 10
Per la seconda volta Bloodstained viene surclassato dai suoi spin-off. Caro IGA, forse c'è un problema.
Commento
Curse of the Moon 2 torna a ribadire la qualità enorme dello spin-off della saga di Bloodstained. Siamo di fronte ad un classicvania da manuale, che riprende da vicino le meccaniche di Castlevania III Dracula's Curse. La pixel art è pazzesca, il design di boss e nemici è ispiratissimo e i nuovi personaggi sono divertentissimi da usare e permettono un approccio tattico sempre differente per ogni livello. Graditissimi i miglioramenti dell'UI (finalmente sono state aggiunte le barre della vita dei boss) e l'introduzione della modalità coperativa, peccato sia molto grezza e finisca per non aggiungere nulla all'esperienza. Ottimo lavoro di IntiCreates, ancora una volta pronta a dimostrare il proprio know how in fatto di titoli old school. Ora è il turno di IGA di dimostrarsi all'altezza del proprio passato con un sequel di Bloodstained Ritual of the Night.
Pro e Contro
✓ pixel art spaccamascella ✓ Robert e Hachi sono ottime aggiunte ✓ rigiocabilità estrema
x co-op grezza e poco curata x more of the same, ma fatto bene
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