Recensione Apico, la riapilitazione dalla stanchezza?

Il fruscio del vento tra le fronde degli alberi. Grilli che friniscono. Lo scalpitio delle mie scarpe sulle assi di legno di un ponte, sul ciottolato, sull’erba.

Potrei restare ore impalato con la Switch in mano, solo ad ascoltare questi suoni. Ma vado avanti: ci sono dei personaggi che mi stanno spiegando cos’è che si fa in ‘sto gioco con le api. “Ma sai che c’è?” mi fanno a un certo punto, “Pigliati ‘sta pila di libroni e segui passo passo quello che ti si chiede.”

Un sospiro di disperazione mi è scappato, lo ammetto. Eppure il vento, i grilli… che relax.

Vengo da una settimana e mezza in Valisthea, da lotte contro mostri abnormi con una colonna sonora che a momenti mia madre mi sfratta da casa. Un po’ di rumori della natura ci volevano davvero. (Anche se digitali)

Salvare le api!

Un piccolo villaggio poco popoloso mi accoglie. C’è una mappa intera da esplorare, ma bisogna farlo ad una condizione: le api. In Apico sono proprio le api le protagoniste, e lo scopo del gioco è documentarne quante più specie possibile viaggiando e incrociando quelle trovate in natura. Non c’è neanche il tempo di assimilare le nozioni di base che mi buttano da solo nella foresta a lavorare.

Il ritmo inizialmente normale diventa presto frenetico, e districarsi tra le varie meccaniche non è semplice come poteva sembrare. Sì, ci sono le guide: una serie di libri che spiegano le funzionalità del gioco e documentano le api (e farfalle, e fiori) disponibili sulla mappa. Se non altro l’inizio è graduale fino a un certo punto – ma poi boom! carrellata di nozioni e cose da fare.

Nota a margine Il nome in lingua originale della valuta di gioco è Rubees. Ru-bees. L-api-slazuli.

Mi rendo conto che la soluzione adottata per guidare chi gioca da un lato mi è davvero piaciuta. Questa serie di libercoli sono sempre a disposizione del giocatore, e ogni pagina è scritta in modo da intavolare indizi al giocatore su come procedere senza dirlo esplicitamente. Si tratta di una sorta di ibrido tra un tutorial e una missione, in cui il gioco spiega (ad esempio) che si possono costruire case per api che prioritizzano la riproduzione e ibridazione piuttosto che la produzione di miele, ma non ti dice chiaramente come farlo. Né tantomeno che devi farlo.

Questo risvolto, in realtà, è davvero un brutto vizio di Apico. Il problema ad esempio si verifica anche per un altro importantissimo aspetto del gioco – quello della compravendita con gli NPC del villaggio. Sì, è vero: alcune guide lo dicono che oggetto X “si può comprare al villaggio”. Solo che non sembra abbastanza chiaro di per sé che si deve comprare al villaggio, e non c’è altro modo di ottenerlo. Ho girato svariate decine di minuti in cerca di un modo di craftare alcuni degli oggetti richiesti per completare le missioni, fino al punto in cui ho realizzato che in effetti non potevo farlo.

E lì l’illuminazione: non “posso” vendere oggetti – io devo vendere oggetti. Solo così si ottengono i Lapislazuli, la valuta di gioco che permette (appunto) di acquistare altri oggetti essenziali come le bottiglie vuote e la barca.

Da quel momento in poi Apico si è trasformato in un altro impiego full time: allevare api, raccogliere i prodotti, imbottigliare Apicola, vendere tutto con lo scopo di imbarcarsi verso altre rive della mappa.

Il Jack Sparrow dell’apicoltura

Insomma dopo fin troppi patimenti riesco a capire come muovermi, far soldi e comprarmi una barchetta per partire all’esplorazione. Approdo su una nuova isoletta, ma mi rendo conto di non poter toccare nulla senza gli strumenti adatti, quindi mi metto di nuovo in viaggio. Stavolta trovo un atollo, in cui una tipa mi spiega come attirare le api solitarie. Preparo la sapiente trappola in attesa di una belva da esaminare con la lente d’ingrandimento.

But nobody came.

Indovina? Per le nuove specie di api da ibridare, il gioco propone al giocatore i nomi scientifici delle due specie d’origine – scritti sulle rispettive pagine di diario.
Ci vogliono un po’ di tentativi perché finalmente io capisca, riesca nell’impresa e parta alla volta di un arcipelago torrido in cui fare lo stesso. Solo che nemmeno stavolta ci riesco. E allora sconfitto ritorno nell’isola iniziale, dove mi stavo costruendo una casina con tanto di mini-fabbrica. L’unica di proprietà che possa permettermi, probabilmente.

Ho ancora addosso quella sensazione di non aver capito nulla pur avendo letto tutto quel che il gioco mette a disposizione. Rifletto e concludo che probabilmente il gioco non fa un buon lavoro nell’aiutare chi gioca a capire. Anche se, alla fine, non mi è mai sembrata quella l’intenzione: scoprire una nuova specie di ape, ad esempio, spesso richiede di consultare i nomi scientifici delle specie da ibridare oppure un mini-puzzle sulle condizioni da verificare perché l’ibridazione dia vita a quella specifica specie.

Per la prima volta nella mia vita da gamer forse non mi sarebbe dispiaciuta un’indicazione un po’ più chiara sul come procedere, piuttosto di un semplice “ma sì, imbarcati e vai a caso”.

Dopo una settimana e mezza di gioco non ne vedo ancora la fine. Anzi: sono si e no a metà di quel che c’è da fare.

Tanto più che di meccaniche il gioco ne ha altre ancora. Oltre le api ad un certo punto si ottiene la possibilità di catturare anche le farfalle, che si possono far riprodurre in alcune strutture apposite (che si possono solo comprare). Tutto qua? No: le farfalle possono interagire coi fiori nei dintorni, e il modo in cui lo fanno può favorire la riproduzione di un certo ibrido di api, oppure l’ottenimento di alcune risorse dagli apiari.

O ancora, generare nuove specie di fiori. Che sono un’altra meccanica del gioco: anche i fiori vanno collezionati. Tramite un attrezzo specifico (l’Affumicatore, anche questo solo acquistabile) vanno sfruttate specifiche specie di fiori per calmare altrettanto specifiche specie di api, con cui altrimenti sarebbe impossibile interagire. E l’attrezzo non si può semplicemente lasciar lì a fare il suo lavoro: bisogna controllare che abbia risorse per continuare a produrre fumo, almeno finché non si è ottenuto tutto quanto si voleva dall’alveare aggressivo.

Tante, troppe cose da imparare per giocare per bene, che vengono presentate a chi gioca a stretto giro l’una dall’altra. C’è davvero abbastanza tempo per capire e assimilare?

Apico è l'esperienza ape operaia, prima ancora che l'esperienza apicoltore.

Chiudo questa retrospettiva su Apico con la domanda amletica che tormenta la mia esistenza da millenial insicuro: non ho ancora finito perché potevo fare meglio, o tutto questo è normale? In certi momenti giocare mi ha fatto sentire come la più impegnata delle giornate a lavoro. Mille cose da fare, troppa poca RAM mentale per darsi un ordine – tanto meno per farle tutte.

Apico è stato un’esperienza in fin dei conti super rilassante, grazie soprattutto all’audio che seppur basso è vistosamente improntato proprio a quello. In qualche modo il tono è diventato di un frenetico a dir poco inaspettato a un certo punto del gioco, ma qualcosa mi ha tenuto letteralmente incollato allo schermo a farmare risorse per ore di seguito. Anche se, come detto, un po’ di chiarezza in più su alcune meccaniche non avrebbe certo guastato.

Grazie a questo gioco ho capito qualcosa di me (no, non l’incapacità di organizzarmi): mi piacciono i gestionali. È assurdo, lo so, faccio parte di quella generazione bollata come “non hanno voglia di lavorare” eppure mi sobbarco volutamente un lavoro extra, invece di impegnare la mente con qualcosa di più rilassante. Sarà la grafica a pixel? Saranno i suoni della natura super rilassanti?

Questi millenial sono proprio strani.

Voto e Prezzo
7 / 10
18€ /18€
Commento
Dovessi definire Apico direi di certo che è più un'esperienza ape operaia che apicoltore. I toni rilassanti possono essere soverchiati da un sentimento di difficoltà nel comprendere le tante meccaniche.
Pro e Contro
Sottofondo musicale
Grafica interessante

x A volte poco chiaro
x Troppo da fare tutto insieme

#LiveTheRebellion