17 Anni è un manga che racconta la violenza del branco con grande lucidità
17 Anni è il nuovo manga edito da J-Pop in Italia, scritto da Seiji Fuji e disegnato da Youji Kamata. L’opera è la rivisitazione di un grave fatto di cronaca degli anni ’80 che sconvolse il Giappone: l’omicidio di Junko Furuta. Quel fatto fu così grave ed ebbe un impatto così potente sulla società giapponese da cambiare l’età per la piena responsabilità penale, originariamente fissata a 18 anni.
17 Anni è un manga particolarmente importante, che non vuole ripercorrere in maniera distaccata gli avvenimenti originali, ma vuole sfruttarli per lanciarsi in una critica feroce alla società giapponese.
Il manga racconta la storia dell’omicidio di Junko Furuta
Il caso di
Junko Furuta ebbe un impatto
enorme sul Giappone.
Il pese era all’apice del proprio boom economico, era considerato un posto
sicuro ed era pervaso da un’ondata di incredibile
ottimismo.
In un contesto simile, quindi, era impensabile che una banda di quattro minorenni potesse rapire una loro coetanea per torturarla, abusare di lei e infine ucciderla occultandone il cadavere. Eppure la realtà dei fatti, per quanto terribile, è esattamente questa.
Ciò che rende ancora più paradossale la vicenda è che, durante il processo, venne provato che
almeno 100 persone fossero al corrente della situazione, ma nessuna si sia mossa per denunciare l’accaduto.
Questo, come già detto, portò al cambiamento definitivo della legge per cui, all’epoca, solo i maggiori di 18 anni (considerati comunque minorenni, dato che la maggiore età in Giappone si raggiunge al compimento dei 20 anni) potevano venire processati penalmente. Al di sotto di quell’età non era previsto il carcere per chi venisse trovato colpevole di qualsiasi reato. Il paese rimase così sconvolto dalla vicenda che si vide costretto ad abbassare l’età minima per la piena responsabilità penale.
L’omicidio di Junko Furuta è entrato a far parte dell’
immaginario collettivo Giapponese e della sua cultura pop. Esistono infatti libri, film, canzoni e fumetti che trattano la vicenda da vari punti di vista.
17 Anni è una di queste opere, anche se ha un approccio molto particolare.
Un manga che racconta la violenza dal punto di vista degli aggressori
17 Anni è una versione
edulcorata del fatto di cronaca a cui si ispira.
Le motivazioni per aver scelto questo approccio sono molteplici, ma di sicuro non banali. Il punto di vista privilegiato della storia scritta da
Seiji Fuji è quello di
Hiroki, uno dei sequestratori.
Perché non scegliere di raccontarla attraverso gli occhi di
Sachiko, la vittima delle torture? Può sembrare banale, ma non lo è.
Raccontare la vicenda dal punto di vista di
Sachiko avrebbe permesso all’opera di essere sicuramente più violenta e disturbante di quanto non lo sia già, ma non sarebbe stato possibile analizzare allo stesso modo le dinamiche del branco, il disinteresse e l’omertà degli adulti e l’inettitudine della polizia.
Scegliendo
Hiroki come protagonista, invece, passiamo attraverso tutte le fasi di “crescita” di lui come teppista. Dal momento in cui
Hiroki e
Takashi vengono salvati da un aggressione da
Miyamoto ed entrano a far parte della sua banda fino al sequestro e alle violenze su
Sachiko, ci viene data la possibilità di vedere con il giusto distacco la vicenda.
Intendiamoci,
17 Anni è comunque in grado di colpire lo stomaco del lettore pur evitando di soffermarsi troppo sulla rappresentazione grafica delle violenze subite dalla povera
Sachiko. Eppure questo distacco che si crea fra noi e la vicenda narrata ha un senso, e il senso è quello di farci osservare tutto l’ambiente che sta
attorno alla stanza in cui la giovane è rinchiusa.
Il male si nasconde dove meno te lo aspetti
Al di fuori degli stupri, delle torture fisiche e di quelle psicologiche, ciò che è più
ripugnante è l’atteggiamento degli estranei alla vicenda.
Ci sono altri giovani che una volta scoperto che
Sachiko si trova prigioniera a casa di
Miyamoto non solo non fanno nulla per aiutarla, ma ne approfittano per abusarne. La polizia minimizza l’accaduto dando per scontato che le famiglie del quartiere siano tutte rispettabili, e inizialmente tratta la scomparsa di
Sachiko come l’ennesima bravata di una ragazzina. I genitori dei componenti della banda, invece,
sanno cosa sta succedendo. La madre di uno di loro ha visto
Sachiko ammanettata nella camera del figlio, ma ha fatto finta di nulla. Troppa paura delle amicizie del figlio con la
yakuza.
O forse, a ben vedere, di perdere la propria rispettabilità.
È
questa la forza di
17 Anni.
Riesce quasi a far passare in secondo piano le violenze che racconta ma a rendere
vomitevole il silenzio di chi sa ma non parla per paura delle ripercussioni. Ricordiamolo: nella vera storia di
Junko Furuta c’erano almeno 100 persone al corrente dei fatti, ma nessuno ha mai mosso un dito.
Seiji Fuji e
Yoji Kamata, invece, hanno deciso di puntare il dito contro tutti, senza fare nessuno sconto di pena.
Hiroki e la banda di
Miyamoto si presentano in tutta la propria codardia quando, braccati dalla polizia, si giustificano con sé stessi e con gli altri dicendo di aver
solo obbedito agli ordini.
Hannah Arendt aveva ragione a parlare della banalità del male
Un’opera imperfetta, ma che merita di essere letta
17 Anni non è un’opera senza difetti.
Non mi riferisco ad alcune critiche che ho letto in giro per cui aver scelto un approccio più soft abbia indebolito la storia. Piuttosto è il caso di dire che sua vera forza sta nell’ultimo dei quattro volumi, in cui la vicenda si mostra in tutto il suo orrore “burocratico” e morale. A non avermi convinto appieno è la fretta con cui vengono affrontate certe parti della narrazione. Qualche pagina in più avrebbe permesso alla vicenda di svolgersi coi tempi giusti e il giusto grado di approfondimento dei vari aspetti trattati.
Questo non va però ad intaccare il valore di
17 Anni, che peraltro si presenta in un’edizione davvero curatissima, a cui si aggiunge la
collection box nello stile a cui
J-Pop ha abituato i suoi lettori negli ultimi anni.
Ognuno dei quattro volumi in cui si presenta il manga, inoltre, è corredato da una postfazione a cura di Giorgio Fabio Colombo, docente di giurisprudenza all’università di
Nagoya. I suoi interventi approfondiscono la vicenda dal punto di vista culturale e giuridico, con i dovuti rimandi al caso di cronaca nera a cui è ispirata l’opera.
Una lettura a tratti dolorosa, ma necessaria. Soprattutto in questo periodo storico.
Verdetto
7.5 / 10
Edulcorare un'opera tratta da una vera storia di cronaca nera rende l'idea di quanto a volte sia esagerata la realtà.
Commento
Pro e Contro
✓ analisi cruda e spietata della società
✓ un racconto sulle dinamiche del branco
x un po' frettoloso in alcuni passaggi
#LiveTheRebellion