Una storia pregna di spunti di riflessione e interpretazioni, punti di vista del giocatore che si immedesima nei personaggi, storie che si intrecciano e storie che si ripetono. C’è questo e altro nella narrazione del secondo capitolo del celebre lavoro della casa di produzione Naughty Dog.
La violenza che genera violenza, le relazioni umane, la vendetta e il perdono sono tra i principali pilastri che sostengono la storia del secondo capitolo. C’è materiale a sufficienza su cui si è già approfondito e su cui si potrà approfondire ancora.
Vorrei condividere con voi la mia interpretazione sugli ultimi minuti del videogioco. Ciò che accade dopo la scioccante immagine della mano di Ellie, priva di due dita, a quello che succede in quella stanza al secondo piano. Come sa chi ha giocato e terminato il secondo capitolo, l’ultimo
flashback di Ellie evoca un tentativo di perdono nei confronti di Joel, un tentativo accolto con speranza.
In ambito psicologico il perdono fa riferimento a tutto un insieme di atteggiamenti coraggiosi, per mezzo dei quali abbandonare il rancore che ci consuma dentro e del quale siamo prigionieri, per accettare ciò che è successo e permetterci di andare avanti. Ma è anche una vera e propria ristrutturazione dell’Io, un cammino psicologico mediante il quale è possibile
sanare ferite ed emozioni negative per trovare, a poco a poco e giorno dopo giorno, la pace interiore.
È davvero questo il viaggio che si appresta ad intraprendere ora Ellie? Ecco cosa accade.
Subito dopo il flashback vediamo una Ellie con un viso sofferente e gli occhi lucidi che accenna un timido gesto.
Una carezza sulla chitarra che simboleggia Joel, una carezza leggera, dolce, e poi, un sospiro.
Ellie si alza, appoggia la chitarra delicatamente sul pavimento ma in verticale,
non orizzontale come segno di mortalità. Lascia spazio ad un barlume di speranza per l’agognato perdono, posizionandola sotto ad una finestra aperta
con il manico che sembra affacciarsi, che prende aria. È alla luce del sole, una chitarra non più nascosta e chiusa nella sua custodia. E anche quest’ultima viene lasciata aperta. Sono tutti simboli di libertà, all’insegna di un nuovo percorso di ricostruzione di sé che sta per iniziare.
Esistono studi scientifici sul perdono, su come portarlo a compimento e su ciò che presuppone per poter raggiungere un equilibrio fisico ed emotivo. E proprio la
American Psychological Associaton dispone di molteplici lavori e ricerche sul perdono e su come le nostre società e questo mondo, caratterizzato da un susseguirsi di innumerevoli conflitti nel corso della storia, non sempre sono stati capaci di procedere in questo senso. Una dimensione che, a sua volta,
è la chiave del nostro benessere mentale.
È conveniente ricordare che sicuramente
in molti abbiamo una o più spine nel fianco, un conto in sospeso con il passato che debilita la nostra felicità attuale. Qualcosa che come Ellie forse custodiamo in scatole di ricordi che in alcuni casi possono diminuire la forza della nostra capacità di costruire un presente molto più soddisfacente. Tutti, in qualche modo, conserviamo
la nostra piccola quota di rancore verso qualcosa o qualcuno che sarebbe necessario cominciare a sanare.
La psicologia del perdono ci dice a sua volta che non siamo obbligati a comprendere, né ad accettare i valori o i pensieri di chi ci ha fatto del male. Si tratta piuttosto di appianare il conflitto del risentimento, di andare a togliere un po’ di strati alla rabbia, un po’ di intensità alla disperazione e a questo blocco che ci impedisce di respirare.
Per questo è necessario smettere di odiare chi ci ha ferito.
E forse è proprio ciò che accade durante il posizionamento della chitarra: si nota un secondo gesto di riguardo. Ellie è ben attenta a posizionare lo strumento, che sembra quasi scivolare sul traverso inferiore. U
n gesto che ha il sapore di affetto, di cura. Poi Ellie esce dalla stanza.
Nella scena rimangono ben visibili la chitarra, la custodia aperta, una sedia vuota, una piantina morta. Meno in evidenza ci sono delle scatole, che potrebbero simboleggiare contenitori. Contenitori di ricordi dal sapore amaro della rabbia e del rancore, che la protagonista decide di tenere chiusi per andare oltre, ricostruendo sé nel procedere verso nuove mete.
È libera dall’odio che l’aveva appesantita sino ad allora e libera di ricominciare a vivere all’insegna di quel perdono che è la pietra miliare di qualsiasi relazione, che sia di coppia o di amicizia.
Questi oggetti fermi, immobili, spenti
“morti” sono dunque in contrasto con il movimento
“vivo” delle tende mosse dal vento.
Sì, perché la vita è movimento, e infatti la scena termina con Ellie che si incammina. La protagonista sembra aver accettato la realtà, ha smesso di attaccarsi a quell’oggetto. Ha mollato la presa, una presa che era diventata un accanimento e fardello ora insopportabile.
Ellie capisce che non ha bisogno di quell’attaccamento morboso. Lo capisce prima fisicamente, visto che non riesce più a suonare la chitarra perché ha perso due dita, sia psicologicamente.
Tornando agli ultimi istanti della storia, al primo piano della chitarra mentre sullo sfondo la protagonista che si incammina,
c’è un altro messaggio che mi piace ricevere.
Le corde dello strumento sono ferme. Nessuno sta suonando, eppure la musica è proprio quella.
Allo stesso modo, la protagonista non ha bisogno della custodia e della sua chitarra fisicamente.
Può “custodire” dentro di sé il ricordo poetico di quella persona, poiché nel suo percorso qui interpretato in chiave psicologica è avvenuta una crescita personale. È ciò che ha reso Ellie capace di ampliare il suo senso di comprensione e la sua capacità di perdono. E questo passaggio, a mio avviso, non è poi così scontato.
Non tutte le persone ci riescono, non siamo tutti capaci di fare quel passo che porta al perdono. La ragione risiede nella credenza per cui perdonare sia una forma di debolezza. Ma forse è un errore. Una delle migliori idee che ci regala la psicologia del perdono è che perdonare, oltre a permetterci di andare avanti con maggiore libertà nel nostro presente, ci dà l’opportunità di integrare nel nostro essere nuovi valori e strategie per affrontare la nostra vita futura.
#LiveTheRebellion