Nel mondo dei videogiochi abbondano i sostenitori del cross-play – e del cross-save, che però mette d’accordo più o meno tutti –. Appassionati sognatori di un futuro perfetto senza più discriminazioni per via dell’utilizzo di periferiche differenti. Apostoli di una competizione online sempre equilibrata a dispetto della diversa provenienza a livello di piattaforme. In pratica, un’utopia fatta e finita. E se lo è tra scaramucce amatoriali, figuriamoci nell’ambito degli esports.
Mouse e tastiera contro pad, non s’ha da fare. Non che ce ne fosse bisogno, ma in uno studio condotto da NVIDIA è stato ribadito quanto un maggior framerate possa risultare decisivo negli esports, o semplicemente nell’ambito competitivo. Spingersi oltre i 60 FPS – ciaone sonari e boxari – apre di fatto a vantaggi concreti nel PvP, ma non solo. Animazioni più fluide che consentono di monitorare meglio i propri obiettivi. Problematiche a livello di ghosting e tearing decurtate… Sulla carta, tutti figli dei fiori a desiderare cross-play e democrazia sui videogiochi, ignorando il palese squilibrio tra il mouse e le levette, soprattutto nel prendere la mira. Ma nella realtà tutti a inveire – controller alla mano, naturalmente – contro gli utilizzatori di mouse e tastiera. Troppo spesso protagonisti di un monopolio competitivo derivante dalla pura e semplice morfologia degli strumenti di cui fanno uso. Chiaro, non si parla di titoli come Rocket League. Dove persino tra gli utenti PC c’è chi si converte alla parrocchia del controller. Bensì di sparatutto e battle royale, dove già videogiochi come Fortnite e PlayerUnknown’s Battlegrounds hanno evidenziato tutti i limiti del cross-play.Quando l'avatar di un consolaro incontra quello di un PC Master Race, quello del consolaro è (quasi sempre) un avatar morto.
In una guerra di componentistica...
... Non c'è fairplay che tenga.
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