Mamoru Oshii, Hiroyuki Okyura, la Kerberos Saga e il canto del cigno dell’animazione tradizionale degli anni ’90.
Giappone, 1999. Mamoru Oshii è uno dei registi di animazione più in vista della sua epoca; si è fatto le ossa supervisionando la serie animata di Lamù, ha girato L’uovo dell’angelo, i film di Patlabor e, dulcis in fundo, ha piantato una pietra miliare nell’universo del cinema Cyberpunk con Ghost in the Shell. La verità, però, è che ad Oshii lavorare solo con il cinema d’animazione sta stretto. Dopo anni di gavetta la sua testa si è trasformata in una fucina di idee che devono per forza essere messe in scena. Il problema è che il tempo non gli basta, quindi quando decide di dare vita a Jin-Roh – Uomini e Lupi, deve chiedere aiuto al collega e amico Hiroyuki Okyura.
La Kerberos Saga, il grande azzardo di Oshii
Nel 1987, Oshii e un gruppo di collaboratori avevano prima sognato e poi dato vita alla Kerberos Saga, un franchise di fantascienza volto a raccontare un universo alternativo in cui, in seguito alla seconda guerra mondiale, il Giappone sarebbe stato occupato dalla Germania Nazista, che ne avrebbe quindi plasmato usi, costumi e tecnologie, e non dagli Stati Uniti. La Saga è composta da un gran numero di iterazioni differenti, dedicate ogni volta ad un nuovo medium: Radiodrammi, Animazione, Film Live–Action, Manga, Monografie e Romanzi. La maggior parte delle opere contenute nella Kerberos Saga sono state ideate direttamente da Oshii stesso, che nei suoi ritagli di tempo si impegnava a scrivere pagine e pagine di storia dell’animazione. Jin-Roh è l’unico anime ad essere parte integrante della saga, ed è l’unico dei tre film a non essere stato diretto da Oshii stesso..
L’Ucronia Suprema
Cos’è un’ucronia? Avete presente che nella linea temporale di Wolfenstein i nazisti hanno vinto la seconda guerra mondiale? Ecco, quella è un’ucronia.
Jin-Roh è, a livello narrativo, il prequel a tutta la Kerberos Saga. Fuse, il protagonista, è membro di un’unità speciale dell’esercito giapponese volgarmente chiamata Unità Kerberos. In un Giappone in cui le disparità sociali sono diffusissime, i Kerberos sono chiamati ad agire per reprimere gli atti di terrorismo dei gruppi anti governativi. Fuse va in crisi il giorno in cui si trova di fronte ad un “cappuccetto rosso”, ovvero una ragazza che fa da corriere per conto dei terroristi. Pur di non farsi catturare, la ragazza si fa saltare in aria. Fuse rimane sconvolto, e precipita in una spirale di domande sulla propria vita e sulla propria natura di essere umano e di soldato.
In seguito all’incidente, Fuse fa la conoscenza di Kei, la sorella della cappuccetto rosso che si è tolta la vita davanti ai suoi occhi. Il rapporto tra i due prende una svolta amorosa, anche se Fuse e Kei si ritrovano incastrati in una lunga serie di macchinazioni ed inganni che mette a repentaglio la vita di entrambi.
La fiaba di Cappuccetto Rosso secondo Mamoru Oshii
Il Miyazaki rivoltoso L’ANPO-Hantai era un movimento rivoluzionario studentesco in cui hanno militato, oltre ad Oshii, anche Hayao Miyazaki e Isao Takahata.
Oshii è riuscito a declinare la trama in modo che si adattasse perfettamente a quella che era stata la realtà giapponese degli anni ’60, che vide una lunga serie di proteste volte a cacciare gli occupanti del paese e a richiedere uno standard di vita migliore per i meno abbienti. La rielaborazione di quell’epoca, che Oshii stesso ha vissuto attivamente come membro dell’ANPO-Hantai, gli ha permesso di esprimere un giudizio più ragionato su un’epoca molto controversa della storia nipponica. Ciò che, però, rende Jin-Roh un film davvero interessante è il suo essere contemporaneamente una riflessione sulla fiaba di Cappuccetto Rosso e una sua riscrittura.
Fuse è un Kerberos prima di essere un uomo, un lupo a caccia della propria preda, che si scontra violentemente contro la propria umanità. Kei, al contrario, si mostra come una ragazza innocente, ma nasconde un segreto potenzialmente mortale per entrambi. Kei è quindi Cappuccetto Rosso, apparentemente ingenua, che si fa ammaliare dalle parole del Lupo, che per l’occasione però non veste gli abiti della nonna, ma quelli di un soldato provvisto di tuta corazzata e visore notturno.
Uomini o lupi? E, soprattutto, da che parte schierarsi?
Jin-Roh è un film crudele: chiede allo spettatore di individuare quali siano i buoni e i cattivi della storia e gli chiede di scegliere uno schieramento. Preferisci l’organizzazione paramilitare che spara sui civili o il movimento di protesta che affida il proprio messaggio alle bombe che fa esplodere per strada? Fuse o Kei? I lupi o gli uomini?
La crudeltà di Oshii sta proprio nel fatto che ci pone queste domande, ma non ci fornisce i mezzi per compiere una scelta sicura. Jin-Roh racconta proprio questo: l’ambiguità di entrambi gli schieramenti, che vengono presentati entrambi come due fazioni nel torto perchè pur di portare avanti i propri ideali non si fanno scrupoli a sacrificare delle vite umane innocenti.
Uomini e lupi continuano a scambiarsi i ruoli di vittime e carnefici. I buoni non esistono, la storia si limita a dar ragione al più forte
La fotografia del film e i colori degli ambienti raccontano proprio questo: non esistono né bianco né nero, è il grigio a dominare la scena.
Questa impossibilità di schierarsi deriva dal fatto che i ruoli che assumono Fuse e Kei sono quelli di Lupo e Cappuccetto Rosso, ma continuano a scambiarseli per tutta la durata del film. Non si può credere a nessuno, e in un mondo che si regge su un intricata rete di macchinazioni, è improbabile pensare che sia uno che l’altro possano essere effettivamente mossi da un sentimento positivo e così disinteressato come l’amore. Oshii affida il suo pessimismo a Jin–Roh, e cerca di raccontarci la guerra e le rivolte nel modo più freddo e lapidario possibile: mostrandoci il loro lato umano.
Sentirsi sporchi
Succede proprio questo: ci si sente sporchi di fronte a Jin-Roh, perchè l’unica considerazione fattibile è che i buoni, in realtà, non esistono.Non nel mondo degli esseri umani. Fuse non è un uomo travestito da cane, è un Lupo travestito da umano, e la logica del branco viene molto prima della logica dell’amore. Quell’ultima scena serve a ricordarci proprio questo: qualunque speranza per un mondo migliore è vana.
Perchè alla fine il lupo mangia sempre Cappuccetto Rosso
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