Troppo spesso i due medium, Cinema e Videogiochi, vengono messi in correlazione. Ovviamente per motivi sbagliati.
Qualche anno fa ho fatto l’infausta scelta di mettermi a studiare Cinema, da appassionato di videogiochi. La mia era ed è tutt’ora una passione che si è sviluppata in parallelo all’amore che ho sempre avuto per il medium videoludico. 
Ciò che ho sempre trovato interessante e per certi versi sbalorditivo è che i due medium più recenti condividano una storia produttiva estremamente simile.
Non è quindi sbagliato mettere in correlazione Cinema e Videogiochi, ma lo abbiamo sempre fatto per i motivi sbagliati e con un certo grado di miopia.
Perché metterli a confronto?In realtà la risposta è 
molto semplice: siamo esseri umani, facciamo una fatica 
orrenda ad analizzare le cose 
per quello che sono e, soprattutto, 
abbiamo un disperato bisogno di termini di paragone.
Per quanto anche a me piacerebbe 
davvero che arrivasse finalmente il giorno in cui al videogioco verrà riconosciuta 
la dignità di essere preso in analisi come medium 
autonomo, per il momento parlarne in relazione alla seconda forma espressiva più giovane della storia della nostra specie 
potrebbe aiutarci a non commettere gli stessi identici errori che abbiamo già fatto in passato.
In origine era la lanterna magica
Pong è davvero il primo videogioco della storia? Spoiler: Assolutamente No
Ovviamente i fratelli Lumiére non si inventarono il cinema da un giorno all’altro: il loro merito fu “solo” quello di arrivare per primi all’ufficio brevetti. A dire il vero la loro invenzione fu il risultato finale di esperimenti vecchi di cent’anni.  Il cinema esisteva già, ma in forma embrionale. A mancare era la tecnologia per elevare quelle strane invenzioni da semplice spettacolo d’intrattenimento a forma espressiva compiuta e matura. La Lanterna magica e le fantasmagorie esistevano da molto tempo prima che i Lumiére si inventassero le proiezioni a pagamento, e riguardarle oggi fa uno strano effetto. Più o meno lo stesso effetto che ci il trovarci di fronte a 
Pong, che a guardarlo oggi non si direbbe, ma senza di lui oggi non potremmo neanche pensare di poter
 picchiare delle prostitute nei vicoli di 
Los Santos.
Le origini: la corsa ai ripari della gente che conta(va)
Quando il Cinema 
irrompe sulle scene tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, il mondo dell’arte
 insorge.
Nessuno poteva 
concepire come quella stessa forma espressiva 
che divertiva i popolani nei circhi di mezzo mondo potesse essere definita 
arte.
Come poteva quella macchina da soldi essere messa a confronto con forme creative
 secolari come 
Pittura, Teatro e Letteratura?
Siamo da sempre schiavi dell'idea che per essere un artista devi per forza essere povero
 
Per vent’anni tutta la comunità degli intellettuali fa a gara 
a chi tira più fango sul Cinema. Poi succede che la stessa frangia di snob altolocati 
fiuta i soldi che orbitavano attorno a quel nuovo mezzo espressivo e allora cambia idea e comincia a scrivere soggetti e sceneggiature 
in cerca di qualche dollaro facile. Ovviamente, per non perdere la faccia, molti lo fanno sotto pseudonimo.
Dal momento in cui anche 
i più chiacchierati esponenti dei club del libro di mezzo mondo avevano fatto il primo passo, allora la diffidenza nei confronti del cinema
 comincia a diradarsi e cominciarono così a fiorire opere che si fregiavano delle firme di autori del calibro 
Gabriele D’Annunzio pur di essere accettate come forma di “
cultura alta“.
Arte o intrattenimento? Why not both?
Hideki Kamiya non fa arte.
E ce lo racconta mentre è intento a guardare un bel paio di tette
Il mondo dei videogiochi è stato vittima della
 stessa identica forma di diffidenza, 
ma più aggravata. La differenza fondamentale sta nel fatto che, ora che abbiamo definitivamente sdoganato il concetto di cinema come forma d’arte (anche se 
Scorsese avrebbe bisogno di un ripassino in materia), non solo i creatori ma soprattutto 
l’utenza e
 la stampa di settore (INSERIRE link a Metalmark) tentano di nobilitare il videogioco solo attraverso i suoi 
rimandi al Cinema, per poi coprire di insulti quei pochi autori che provano 
davvero ad evolvere il medium in maniera 
autonoma ed indipendente.  Sarà sempre troppo tardi quando capiremo che Cinema e Videogiochi esistono anche al di fuori del rappor
Il cinema cercava 
legittimazione attraverso la letteratura. Oggi, invece, la critica di settore e quella generalista cercano 
disperatamente un punto di contatto tra cinema e videogiochi per dimostrare come questi possano essere una forma d’arte, dimenticandosi troppo spesso che il videogioco ha 
un proprio linguaggio che non ha 
nulla a che vedere col Cinema. 
La situazione è 
così complessa che una buona fetta di game designer 
si rifiuta di farsi affibbiare l’etichetta di “
artista“.
“Sono un designer. Non penso a me stesso come creatore di opere, penso davvero a me stesso come un creatore di prodotti con cui le persone si possano divertire. Per questo ho sempre chiamato i miei giochi prodotti e non opere d’arte” Shigeru Miyamoto in un intervista concessa a Glixel
Cinema e Videogiochi: capri espiatori generazionali
Da sempre il popolino 
benpensante tenta di smarcare ogni tipo di 
autocritica. Se la società in cui viviamo e il pianeta che calpestiamo stanno 
andando in malora (che molto spesso significa solo ed esclusivamente che 
stanno cambiando) allora la colpa dev’essere per forza 
di qualcun altro.
Una volta il grande nemico della società perbene era il Cinema. Troppo 
violento, troppo 
sovversivo, troppo 
libero di dire e fare quello che gli pareva per non indispettire chi era cresciuto a pane e morale cristiana. 
Con l’avvento dei videogiochi il discorso non è cambiato di una virgola; se da una parte abbiamo ancora 
l’associazione delle mamme informate che viene terrorizzata dal fatto che 
Joker è un film violento, dall’altra siedono una classe politica e una buona fetta di stampa generalista che hanno stabilito a prescindere che 
i giochini stanno trasformando in mostri assetati di sangue e stragi tutti gli amanti del medium.
Eric Harris e
 Dylan Klebold, dopo aver sparato all’impazzata nella 
Columbine High School, passano dall’essere degli adolescenti 
arrabbiati e con una miriade di problemi personali all’essere dipinti come dei 
disadattati che giocano troppo a 
Doom mentre ascoltano i 
Rammstein.
La strage non è stata causata da 
depressione, bullismo e rabbia repressa; il mandante a quanto pare era 
John Romero, che dopo aver plagiato le giovani menti dei ragazzi se ne stava in una jacuzzi attorniato da escort di lusso. 
Cinema e Videogiochi violenti erano 
l’unica causa di quella tragedia, assieme alla musica del diavolo.
Pur di non ammettere che siamo una specie meschina, disattenta e fondamentalmente crudele diamo sempre la colpa all'arte
  
Trascurare la memoria: Square Enix come il cinema delle Origini
Quando si parla del rapporto tra Cinema e Videogiochi si tende a far riferimento ad 
Hideo Kojima, a 
Telltale Games e a(himè) 
David Cage. Giusto o sbagliato che sia il paragone, è curioso come nessuno abbia mai posto l’accento sui trascorsi tra 
Square Enix e la settima arte.
Pillole di storia :
Lo sapevi che Square Enix fece avere una crisi isterica a Tom Hanks?
Ad essere interessanti sono però le dichiarazioni dei team di sviluppo che hanno lavorato ai 
remaster di 
Final Fantasy VIII e 
IX, che hanno ammesso di aver faticato particolarmente nella realizzazione delle nuove versioni dei titoli perchè, molto semplicemente,
 i codici sorgente dei giochi erano andati perduti. Negli anni ’80 e ’90, infatti, era pratica comune (soprattutto tra gli sviluppatori giapponesi) quella di 
cestinare i codici sorgente dei giochi appena immessi sul mercato.
Da un lato l’intento era quello di proteggerli dalla pirateria, ma dall’altro traspare una concezione del videogioco visto solo come 
prodotto commerciale da vendere alle masse. Non si sentiva la necessità di 
custodire e 
preservare quelle opere, molto probabilmente perchè non le si percepiva come tali ma, appunto, come semplici 
giocattoli.
Non impareremo mai.
Eppure un precedente c’era già stato: gran parte delle pellicole prodotte tra la fine del 1800 e il 1920 
sono andate perse per sempre proprio perchè essendo viste come banali 
oggetti da vendere al pubblico pagante, una volta che l’affluenza nelle sale diminuiva sensibilmente venivano semplicemente buttate. A nessuno piaceva l’idea di tenersi in casa delle vecchie pellicole che avevano esaurito il proprio potere economico, soprattutto perchè, in origine, la pellicola era facilmente infiammabile e rischiava letteralmente di 
esplodere a contatto con l’aria.
La storia del cinema per come la conosciamo noi affonda le sue radici in questo 
vuoto temporale da cui si è salvata solo una 
risicatissima porzione della produzione dell’epoca. Allo stesso modo, i figli che non potrò mai permettermi di fare hanno 
seriamente rischiato di non poter conoscere approfonditamente la 
storia del videogioco perché le software house dell’epoca d’oro del medium non avevano premura di conservare le opere che avevano dato alla luce. Cinema e Videogiochi, ancora una volta, sono accomunati dallo stesso, identico, errore.
Ma perché non vogliamo imparare? 
Uno sguardo al presente: Netflix does what Amaz(d)on(‘t)
Ve li ricordate i tempi delle 
Console War?  Quell’epoca in cui negli anni ’90 
Sega e 
Nintendo si erano dichiarate guerra e combattevano a colpi di 
console, esclusive, mascotte e pubblicità aggressive è stata un’epoca d’oro del medium. La rincorsa al miglior rapporto qualità/prezzo e al gioco che polarizzasse il gusto del pubblico ha caratterizzato quella che è stata una vera e propria 
epoca d’oro per il videogioco come medium, che si è arricchito di nuove idee, nuove meccaniche e nuovi sviluppatori spronati ad 
evolvere sempre di più il linguaggio del medium per sbaragliare la concorrenza. Quei tempi, almeno per l’universo delle
 home console (visto che il conflitto ora si è 
spostato sul fronte del PC Gaming con l’assalto di 
Epic Games al monopolio di 
Steam), sono finiti da un pezzo. 
O forse no.
Basta pensarci anche solo per un attimo: negli ultimi anni è stata l’industria del cinema ad aver attinto a piene mani dalle dinamiche di distribuzione tipiche del videogioco. Non viviamo più nell’era delle 
Console War, ma in quella delle 
Streaming War: si è venuto a creare un microcosmo di servizi di streaming a pagamento che si contendono il pubblico a vicenda, usando l’arma dei prodotti 
in esclusiva pur di far gola al cliente e fargli sborsare la tassa mensile d’iscrizione. Non parliamo più di console da 300 o 400 euro, ma di 
micro abbonamenti che spesso non superano i 10 euro mensili (e che proprio per questo 
non sono minimamente concorrenziali e portano le persone alla sottoscrizione di abbonamenti multipli, senza bisogno di una 
vera concorrenza), ma il concetto di fondo è 
lo stesso.
Luce riflessa, ma al contrario
Un ultimo piccolo esempio di come il pubblico e la critica non si stiano realmente concentrando su queste – reali – similitudini, è stato il lancio di 
Bandersnatch. Per molti vedere il cinema 
imitare il videogioco è stato visto come un atto di 
pietà del primo nei confronti del secondo. La realtà è un altra, e ad alcuni potrebbe fare effettivamente 
molta paura:
Il medium dominante, oggi, è il videogioco, ed è il cinema a cercare disperatamente di aggrapparcisi per attirare nuovo pubblico.
		
		
					
	 
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