Lo zen e l’arte dello skating bidimensionale
La verità è che la gente non ha più la verve,
le palle,
per concatenare trick. Troppo complesso premere tutti quei tasti contemporaneamente, sforzarsi di mettere in scena una propria coreografia. Per questo abbiamo visto morire Tony Hawk’s Pro Skater, che col quinto capitolo è caduto da una rampa di scale mancando il grind sul corrimano, così come SSX e tutte le declinazioni stylish dello sport firmato EA Big. Ma ci sono ancora degli irriducibili sparsi per il mondo, come
Roll7. Gente che quando vede uno skate attiva neuroni capaci di fargli rivivere gli anni ’90 in un millesimo di secondo, gente che vuole giocare con stile, cadere e rialzarsi. Come
OlliOlli, incurante delle fratture e della mancanza di una dimensione, pettinatissimo come piace al pubblico che affonda quotidianamente le mani nell’underground del movimento indipendente. Protagonista assoluto dei due tour più glamour che lo skate ricordi,
tornati su Switch per risvegliare la nostra intorpidita memoria muscolare.
Flusso di stile
Giocare a OlliOlli è un dolce abbandonarsi ad un flusso di coscienza in cui non sono i pensieri a fluire dalla nostra mente, bensì i trick dalle nostre dita. Ci si deve lasciare andare, ignorando inizialmente i 5 obiettivi secondari che ogni stage propone per liberare la creatività. Non c’è niente di automatico, ogni trick va chiuso con un atterraggio perfetto o quasi, lasciando la combo aperta con un manual (
atterrare con le due ruote anteriori o posteriori, mossa possibile in OlliOlli 2), facendo lavorare l’inerzia accumulata e preparandosi al prossimo ostacolo. Skatepark surreali che trasformano la tavola in un superpotere fondamentale per risolvere gli enigmi formato platform che racchiudono.
L’opera Roll7 è uno dei videogiochi di genere più tecnici del panorama, graziato da un design moderno, spigoloso, su cui muoversi però sinuosi ed eleganti. Insegna subito e chiaramente le sue regole, dà il tempo per apprenderle, portandole gradualmente alle estreme conseguenze psicofisiche. Un trial & error formativo che porta allo sviluppo del proprio personale flow, istintivo, unico.
L’analogico disegna i trick, i dorsali li modificano, il resto è pura ispirazione. Gli obiettivi aggiungono poi ulteriori stimoli, imponendo un minimo di pianificazione. 5 stelle che una volta conquistate sbloccheranno la versione Pro del livello appena completato, un lato oscuro che alzerà ulteriormente l’asticella della difficoltà.
Provando entrambi i titoli a distanza ravvicinata si nota però come il minimalismo del primo capitolo, la sua precisione millimetrica, si sia un po’ persa con l’aggiunta di idee, trick e level design più barocco nel secondo. Lo fa capire
il livello di frustrazione che si avverte in certi passaggi negli ultimi livelli, più infami che complessi, pur avendo raggiunto una padronanza del mezzo tra il molto buono e l’ottimo. Grind orizzontali eccessivamente lunghi che fanno inesorabilmente perdere inerzia ed equilibrio, pavimenti troppo corti per riuscire a saltare con reattività, trick con qualche frame d’animazione di troppo che ci si deve ricordare di non utilizzare quando si ha poco spazio di manovra, nell’esaltazione del momento (
dove poi sono le dita a decidere autonomamente come muovere l’analogico, come su una tavola Ouija). Piccole imperfezioni, centimetri, che sporcano quello che era e rimane un debutto concettuale e pressoché perfetto.
Rimangono comunque due opere geniali, inventate da zero e con uno stile audiovisivo clamoroso. Inutile dire come siano perfettamente fruibili su Switch, con partite che durano una manciata di secondi e stick analogici dalla corsa ridotta e reattiva (
soprattutto quando chiede precise mezzelune e movimenti a 360°), esattamente come su PS Vita, console di debutto della serie.
Body Movin’
Se le sue meccaniche sono eccezionali al tatto, è osservare come ogni mossa prenda vita che rende OlliOlli sbalorditivo. Non c’è differenza di cura tra la pixel art urbana e decadente, desaturata del primo capitolo e il cell shading
Olliwoodiano, privo di contorni del secondo.
Il nostro skater e la sua tavola sono esaltati da animazioni morbidissime, molto 16-bit old school al debuto, fuori di testa nel seguito, che grazie a un’estetica più cartoonesca si concede finezze balsamiche, come la maglietta di OlliOlli mossa dal vento; tocchi di dinamicità tanto superflui quanto fondamentali. Direzioni artistiche mai troppo cariche, per mantenere i percorsi sempre leggibili, ma così inzuppate di personalità da far godere i feticisti del minimal videoludico. È però una colonna sonora pazzesca l’elemento che più di tutti riesce ad accompagnarci mano nella mano e sincronizzare i nostri battiti con quelli del gioco.
Un’elettronica ricercatissima,
artigianale,
che fa riaffiorare dalle sue acque reminiscenze jazz,
hip hop,
trip hop e trance, come fosse ossigeno proveniente dai nostri polmoni, in apnea. Sono tracce tendenzialmente con un bpm a basso voltaggio, calmanti, tanto da far venire il sospetto che abbiano sintetizzato THC in forma sonora. Una joint venture di artisti con gli attributi, capaci con le loro tracce di muovere un’intera opera e tutti i giocatori che ci entrano in contatto. Se proprio il titolo non vi interessa, almeno fatevi un viaggio tra le sue sonorità, ne uscirete come dopo una doccia fredda in piena estate.
Verdetto
8.5 / 10
Olli Hawk's Pro Platformer
Commento
Pro e Contro
✓ Stilisticamente strabordante
✓ Gameplay fluido e sempre divertente
✓ Colonna sonora pazzesca
x Alcuni passaggi eccessivamente frustranti
#LiveTheRebellion