Giuseppe Macor

Speciale Koji Kondo:videogioco su pentagramma

Non sapete chi è Koji Kondo? E se vi dicessi invece che tutti siete entrati almeno una volta in contatto con la sua arte?

Si sa, spesso e volentieri la Nintendo riesce a racchiudere un qualcosa di magico tra le stringhe di codice dei suoi giochi. Molto spesso questa magia è data dal gameplay e dalle sue meccaniche, ma in tutti i suoi giochi un ruolo fondamentale è spesso dedicato alla musica. Se almeno una volta vi siete emozionati a causa delle musiche Nintendo, probabilmente dovreste ringraziare questo giapponese dalla faccia simpatica di cui parleremo oggi! 

L’Infanzia, le influenze e l’ingresso in Nintendo
Koji Kondo nasce a Nagoya (Giappone) il 13 Agosto 1961 e la sua passione per la musica sboccia sin dall’infanzia, già durante l’asilo infatti espresse la volontà di imparare a suonare uno strumento. Per questo motivo all’età di 5 anni iniziò a frequentare le lezioni di musica per bambini della Yamaha Music School, dove imparò pian piano a suonare l’Electone (organo elettrico) mentre a scuola imparava sia a suonare la marimba sia i rudimenti di musica d’insieme. Durante tutta la sua infanzia e adolescenza Kondo non si separa mai dal suo organo, migliorando sempre di più sia sul piano prettamente tecnico che su quello compositivo cercando di assimilare quante più influenze possibili. Inaspettatamente la sua formazione musicale non prevede la musica classica (nonostante non la disprezzi) ma prevalentemente musica elettronica, pop e rock. Proprio a causa della sua passione per i sequencer e i synth, nel cuore di Kondo nasce il desiderio di lavorare nell’ambito dei sound effects e del sound engineering. Ciò lo porterà ad iscriversi alla Osaka School of Arts dove entra in contatto con la cultura musicale del Classic Rock e del Progressive. Sarà proprio durante gli anni della scuola superiore che Kondo scopre gruppi che lasceranno un’impronta indelebile su di lui come: Deep Purple; Emerson, Lake & Palmer; Casiopeia e i Naniwa Express. Il nostro compositore in divenire resta infatti stregato dalle sonorità elettroniche e dalle sue capacità espressive (discorso simile va fatto per il jazz) ma rinnega invece il look di quella corrente musicale. Peccato, avrei dato qualunque cosa per vederlo tutto agghindato a mò di rockstar mentre suonava cover con i suoi compagni di scuola!

La vita del giovane musicista però cambia drasticamente nel 1983 quando un suo amico gli dice che la Nintendo ha esposto nella bacheca della loro scuola degli annunci di lavoro per la posizione di Sound Programmer

Altre case di sviluppo come la Namco iniziavano infatti a porre sempre più attenzione alla musica dei proprio prodotti e Nintendo non poteva non restare al passo. Proprio in quegli anni Kondo si avvicinò al mondo dei giochi arcade e pensò che comporre musiche per i videogiochi sarebbe potuto essere un ottimo lavoro in quanto miscelava due sue grandi passioni. Rispose quindi all’annuncio e venne assunto dalla grande N quasi a fiducia visto che non gli venne richiesto neanche una demo di prova! Mi diverte molto pensare a come sarebbe diverso oggi il mondo Nintendo se gliela avessero richiesta e non avrebbe passato il “test”. All’epoca alla Nintendo le due uniche persone che lavoravano nel settore sonoro erano Hirokazu Tanaka (presidente di Creatures Inc., una delle 3 società a detenere i diritti dei Pokémon) e Yukio Kaneoka. Quest’ultimi però erano molto preparati nell’ambito del sound programming e del sound engineering ma non avevano nessuna conoscenza riguardante la composizione musicale vera e propria, in pratica la situazione opposta a quella di Kondo. Passò quindi il primo anno da impiegato Nintendo a stretto contatto con Kaneoka per apprendere tutto ciò che c’era da sapere sul sound programming. Il chip sonoro del Famicom infatti non permetteva di trasportare sulla console file midi, rendendo obbligatoria la programmazione del sonoro tramite computer con soli 3 canali, rispettivamente: melodia, armonia e percussioni. Dopo aver composto le musiche di alcuni titoli come “Punch-Out!!”, “Golf” e “Devil World” per comprendere come sfruttare appieno la prima console Nintendo, si cimentò anche nella scrittura di un manuale d’istruzioni su come comporre musica utilizzando la periferica “Famicom Basic”. In quanto unico dipendente con conoscenze di composizione musicale, gli fu affidato il compito di rendere le musiche dei giochi Nintendo riconoscibili universalmente e cazzo se ci è riuscito! Entrò quindi a far parte della più grande divisione aziendale/team di sviluppo dell’azienda, ovvero il Nintendo Entertainment, Analysis and Development (Nintendo EAD) come membro principale del Sound Group. Questa scelta di Nintendo cambiò per sempre il modo di concepire la musica videoludica.

 

Da promessa a leggenda
Super Mario Bros. e The Legend of Zelda
I primi anni di sperimentazione con il chip sonoro del Famicom permisero a Kondo di sfruttare al meglio le particolari onde sonore quadre che esso produceva. Egli comprese infatti che esse producevano un suono molto più nitido usando intervalli di tempo leggermente più lunghi tra una nota e l’altra. In questo modo il suono risultava non solo più nitido ma anche molto più profondo, riuscendo a sfruttare i 3 canali disponibili quasi come se ne fossero 5.

Tutto ciò portò Kondo a diventare una vera e propria leggenda nel mondo della musica videoludica

Quando cioè tra il 1985 e il 1986 la Nintendo pubblicò rispettivamente quelli che sono indubbiamente i più grandi colpi di genio di quel mattacchione del maestro Shigeru Miyamoto, ovvero: Super Mario Bros. e The Legend of Zelda.

Per quanto riguarda la soundtrack del primo titolo dedicato completamente all’idraulico più famoso al mondo, Kondo prese ispirazione sia dalle melodie della musica latina e portoghese che da

In basso a sinistra possiamo vedere Kondo insieme a Kōichi Sugiyama, compositore delle musiche di Dragon Quest (a sinistra) e Sadao Watanabe (a destra)

artisti giapponesi del momento come il jazzista fusion dalle influenze bossanova Sadao Watanabe e il gruppo fusion T-Square. Questo incrocio di generi portò alla composizione di uno dei temi più conosciuti di sempre che ha portato il musicista nell’olimpo del mondo videoludico. Il suo ritmo incalzante e quella melodia maledettamente orecchiabile entra nel cervello del giocatore manco fosse un tormentone estivo!

Dai su, chi è che non ha mai fischiettato almeno una volta la musichetta di Mario?
La sua musica contribuì infatti a caratterizzare meglio non solo il protagonista baffuto ma anche l’intero mondo di gioco. Ciò fu possibile in quanto Kondo lavorò a stretto contatto con gli sviluppatori che gli fornivano immagini del prototipo di gioco permettendogli così di intuire l’essenza di ogni ambientazione. Per evitare di annoiare il giocatore egli compose piccoli segmenti musicali estremamente orecchiabili ripetuti all’infinito accompagnati però da sound effects estremamente riconoscibili. Potrei infatti farmi stare simpatica a prescindere una persona se noto che ha come suoneria delle notifiche del cellulare il suono che sentiamo ogni volta che Mario raccoglie una moneta o un fungo! Quest’idea gli venne quando i piani alti di Nintendo gli chiesero di inserire un suono specifico per i salti di Mario; inizialmente Kondo non apprezzò l’idea ma poi si convinse e accettò la proposta a patto che gli avrebbero fatto utilizzare un suono simpatico e riconoscibile. La soundtrack del primo Mario però comprende anche altri capolavori come l’“Underground Theme” e l’“Underwater Theme”, capaci di imprimere rispettivamente nel giocatore un senso di angoscia fiabesco e un senso di tranquillità fuori dal comune.

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“The Legend of Zelda” permise al maestro Kondo -arrivati a questo punto della storia penso sia ingiusto negargli questo appellativo- di sperimentare ancora di più. Il primo titolo della fiaba made in Nintendo infatti fu pubblicato in Giappone come titolo di lancio della periferica Famicom Disk System (FDS) che, a causa delle scarse vendite, non fu mai rilasciata al di fuori del Sol Levante. Ciò costrinse Nintendo a rilasciare il titolo nel classico formato cartuccia introducendo però al suo interno una batteria che permetteva il salvataggio proprio come i floppy disk del FDS. La periferica possedeva anche un chip sonoro migliorato che permise a Kondo di utilizzare una gamma di suoni molto più vasta in quanto non più limitato dalle onde sonore quadre. Prima della fase di composizione infatti Kondo analizzò con specifici programmi le onde sonore degli strumenti che intendeva utilizzare per poi riproporle all’interno delle sue composizioni nel gioco grazie al nuovo chip sonoro. Questa volta la collaborazione con gli sviluppatori fu minore, questi infatti diedero al compositore solo poche informazioni sul titolo e sugli strumenti da usare come “fontana della vita” e “fanfare”. Ringrazio vivamente Miyamoto e compagnia per la loro negligenza che ha permesso a Kondo di avere totale libertà compositiva. Molto importante fu la tecnica del vibrato, inutilizzabile con il chip sonoro del Famicom base, che permise di ottenere dei suoni molto simili a quelli di un synth analogico.

 GRAZIE MILLE COPYRIGHT, PER UNA VOLTA SEI STATO DAVVERO UTILE SENZA CREARE ROTTURE DI PALLE!
Per la schermata introduttiva del gioco, Kondo realizzò una sorta di cover 8-bit di Bolero del compositore francese Maurice Ravel. In una fase già avanzata dello sviluppo del titolo però si rese conto che per quella specifica composizione erano ancora in vigore i diritti di copyright, rendendo impossibile il suo inserimento nel gioco finale. Fu così che in una singola giornata, per non ritardare il lancio del FDS, la mente di Kondo partorì quello che è ormai per tutti il tema iniziale di The Legend of Zelda.

Per comporre il tema Kondo decise di partire da un riarrangiamento dell’overworld theme già presente nel gioco; fu così che vide la luce un altro dei temi più conosciuti del mondo videoludico che ancora oggi infonde coraggio e al tempo stesso malinconia a tutti coloro che vogliono avventurarsi nel mondo di Hyrule.

Entrambi i giochi si basano sul semplice -ed all’epoca abusato- concetto del “salvare la principessa”, vi è però una differenza di fondo: mentre Mario è basato sull’azione e sulla dinamicità (ci si sposta da un punto A un punto B), Zelda invece è basato sull’esplorazione dei dungeon e del mondo di gioco. I due titoli vennero sviluppati in contemporanea e Kondo quindi compose tenendo sempre in considerazione questa differenza: in Mario infatti la musica è più dinamica, si velocizza o cambia in base ai power-up (o nei titoli più recenti anche in base ai movimenti dell’avatar); in Zelda invece la musica serve per creare l’atmosfera e accompagnare il giocatore.

 

Da Mario e Zelda al Super Nintendo
Dopo la nascita delle due più importanti serie di Nintendo, Kondo si dedicò sia alla composizione delle musiche per i seguiti di Mario mantenendo il caratteristico senso di azione e dinamicità del primo capitolo, sia per altri giochi supportati dal FDS. Compose anche delle musiche per “Doki Doki Panic” portato in occidente con il titolo di “Super Mario Bros 2” (per cui Kondo riscrisse poi l’intera colonna sonora) in quanto si riteneva che l’originale seguito del titolo del 1985 fosse troppo difficile per noi occidentali. Non lavorò però a “Zelda 2: The Adventure of Link” e “Zelda: Link’s Awakening” per portare a termine tutti gli altri progetti. Nel 1990 venne rilasciato in Giappone la nuova macchina Nintendo a 16 bit: il Super Famicom (arrivato poi più tardi nel resto del mondo con il nome di Super Nintendo Entertainment System o SNES) che costrinse Kondo ad una lunga riflessione su che strada dovesse prendere per lui la musica nei videogiochi. Lo SNES infatti permetteva di utilizzare una gamma di suoni ancora più ampia rispetto al FDS con una qualità ancora migliore (nonostante non fosse ancora possibile importare file MIDI).

Sarebbe quindi stato meglio imitare la musica “normale” o dare una nuova direzione alla musica videoludica?

Fu durante lo sviluppo di “Super Mario World”, titolo di lancio dello SNES, che Kondo capì qual era la strada da prendere: utilizzare ancora una volta sonorità simili a strumenti realmente esistenti ma creare tra quest’ultimi combinazioni che non era possibile ascoltare molto spesso nella vita reale (come ad esempio un banjo e una steel drum) armonizzando il tutto grazie al chip sonoro dello SNES.

I principali membri del team di sviluppo di Super Mario World. Da sinistra a destra: Hideki Konno, Toshihiko Nakago, Shigeru Miyamoto, Takashi Tezuka, Koji Kondo

L’animo sperimentatore di Kondo fuoriuscì nuovamente come un dannato fiume in piena.
Iniziò infatti a provare ogni tipo di strumento e combinazione possibile, tenendo però sempre d’occhio la capienza delle cartucce (problema che lo accompagna sin dalle prime composizioni su Famicom). La maggior parte dei temi dei livelli erano in realtà riarrangiamenti di una singola melodia principale, mentre i temi del mondo di gioco -anche se molto semplici e brevi- riuscivano a caratterizzare alla perfezione ogni ambientazione. In poche parole sia Kondo che Nintendo aggiunsero un nuovo mattone al loro muro di capolavori.

Sempre durante il 1990 Kondo portò avanti la sua prima esperienza da sound director per il titolo “Pilotwings”, per il quale compose soltanto un tema per far comprendere al resto dello staff qual era la direzione del progetto. Per l’anno successivo era invece previsto il rilascio della nuova avventura dell’eroe della leggenda Link con quello che da molti è ricordato come uno dei migliori titoli della saga, “The Legend of Zelda: a Link to the Past”. Durante il periodo di programmazione del titolo, Kondo e Miyamoto lavorarono a stretto contatto; nonostante il padre di Mario fosse in realtà il suo capo, i due instaurarono proprio in questo periodo un rapporto di fiducia e rispetto reciproco.

Miyamoto gli concesse totale carta bianca al compositore in quanto capì probabilmente che Zelda riusciva a tirare fuori il meglio di lui.
I due semplicemente discutevano a lungo sulle ispirazioni avute da Miyamoto che sarebbero poi diventate le ambientazioni presenti nel gioco. Per Kondo fu una sfida ardua inquadrare per bene le emozioni che le sue musiche avrebbero dovuto suscitare nel giocatore ed adattarle alle numerose ambientazioni del titolo, per questo motivo decise di chiedere conferma e consigli agli sviluppatori solo dopo aver completato una composizione. E menomale, chissà che roba strana ne sarebbe uscita fuori! Possiamo però considerarla una sfida vinta a mani basse dal nostro Koji che proprio in questo capitolo della saga introduce molte delle composizioni divenute estremamente popolari tra i fan (come ad esempio il tema del Castello di Hyrule e del villaggio Calbarico o Kakariko che dir si voglia) grazie ad un mix perfetto tra generi diversi e melodie indimenticabili.

Prima di abbandonare definitivamente la console a 16 bit, Kondo lavorò ad altri due progetti: “Star Fox” (1993) e “Yoshi’s Island” (1995).koji kondo monografia Per quanto riguarda Star Fox decise di lasciare il ruolo di compositore a favore di due nuove reclute dell’azienda, Soyo Oka e Hajime Harisawa ed assunse il ruolo di direttore dei sound effects e supervisore generale. Lavorò poi completamente da solo alla composizione delle musiche per “Super Mario World 2: Yoshi’s Island”, riuscendo a superare sotto tutti gli aspetti il lavoro fatto 5 anni prima su “Super Mario World” inserendo sonorità caraibiche ed africane che amava ascoltare in quel periodo. Le musiche di quest’ultimo titolo si sposano talmente bene con il suo stile grafico che risulta difficile immaginarselo senza quei bonghetti sintetizzati che accompagnano il giocatore in quasi tutta la sua avventura.


Per approfondire:
Yoshi’s Woolly World
Parte 4: I 64 bit e l’adaptive scoring
Ormai non era più costretto a fare tutto da solo e preferiva dare spazio ai suoi colleghi del reparto sound effects con cui si confrontava continuamente.
Il Sound Group del Nintendo EAD capitanato da Kondo si stava espandendo sempre di più, ciò gli permise di dedicarsi unicamente alla composizione nella successiva generazione a 64 bit. Durante tutto il periodo del Nintendo 64 (rilasciato in giappone nel giugno 1996) infatti Kondo non ricoprì più la posizione di sound programmer o di supervisore dei sound effects.

 

 

Come già successo con lo SNES, il lancio della nuova console Nintendo fu accompagnato da un nuovo titolo dell’idraulico baffuto (come al solito considerato uno dei migliori della saga nonché dell’intera storia videoludica): Super Mario 64.

Uno dei pochi problemi riscontrati da Kondo mentre lavorava al titolo era legato alle limitazioni sul numero di suoni riproducibili contemporaneamente (ciò variava di scena in scena ma non era mai possibile andare oltre i 16 suoni in contemporanea). Per il titolo che portò per la prima volta Mario nelle tre dimensioni, Kondo decise di inserire sonorità provenienti da più culture musicali come: le sonorità indiane per il tema di Big Boo, il jazz vivace tipico degli strumenti a fiato in ottone per il livello Bob-omb’s Battlefield e le sonorità quasi heavy-metal per sottolineare il climax durante gli scontri con il rapitore seriale di principesse Bowser. Kondo riarrangiò anche il tema principale della saga usando come strumenti chiave della composizione numerose percussioni per renderlo ancora più dinamico. Grazie a questa sua intuizione infatti il giocatore capiva indirettamente che era Mario, ma che in qualche modo era diverso anche se sempre fedele al suo spirito originale. Durante lo sviluppo del titolo si pensò poi di modificare il classico suono dei salti di Mario con una serie di diversi “yahooo!” (che ormai sono diventati altrettanto iconici grazie alla voce di Charles Martinet) in quanto la ripetizione ossessiva dello stesso suono avrebbe annoiato facilmente il giocatore durante l’esplorazione dei nuovi mondi in tre dimensioni.

Nel 1997 collaborò con Hajime Wakai per la composizione della colonna sonora di “Star Fox 64”.

Per ogni artista però arriva sempre quell’opera che rimarrà per tutti il suo lavoro migliore, fu così anche per Kondo.

PER L’ULTIMA VOLTA NELLA SUA CARRIERA (PURTROPPO AGGIUNGEREI) KONDO SI ASSUME LA RESPONSABILITÀ DI SCRIVERE COMPLETAMENTE DA SOLO UNA COLONNA SONORA PER INTERO.
Nel 1998 infatti arriva il capolavoro, l’opera magna, quel colpo di creatività che sembra discendere direttamente da Dio con l’aiuto dello spirito santo o di chissà quale droga pesante: “The Legend of Zelda: Ocarina of Time”. La difficoltà più grande fu quella di rispettare anche a livello musicale la grande varietà ma al tempo stesso unità di Hyrule. La nuova Hyrule in tre dimensioni infatti comprendeva razze, città, personaggi ed ambientazioni ancora più dettagliate e caratterizzate di “A Link to the Past”. Fu quindi di vitale importanza per Kondo mettere alla prova tutte la sua versatilità musicale per tenere alto il livello delle colonne sonore della serie. Si riuscì non solo a mantenere il livello dei titoli precedenti ma addirittura ad innalzarlo grazie a due fattori:

  1. L’adaptive scoring che permetteva alle musiche di cambiare in base alle azioni del giocatore o ai cambiamenti del mondo di gioco. Kondo riuscì a fare ciò componendo segmenti del tema di 15 secondi con differenti progressioni di accordi o diversi strumenti, lasciando ad un complesso algoritmo il compito di determinare l’ordine di questi segmenti. Grazie a questo meccanismo la musica cambiava in base all’ora del giorno, se ci si avvicinava ad un nemico oppure in base al clima. Purtroppo sono un po’ troppo gggiovane per sorprendermi per una cosa del genere (diciamo che giocare Ocarina of Time ad un anno sarebbe stato abbastanza difficile), ma immagino che ciò all’epoca contribuì particolarmente all’immersione dei giocatori.
  2. Per la prima volta (ma non l’ultima nella serie) le composizioni di Kondo erano integrate sia nel gameplay che nella trama grazie all’introduzione della leggendaria Ocarina del Tempo, riuscendo così ad entrare nel cervello dei giocatori per non lasciarlo mai più. Il giocatore doveva imparare a suonare le sue melodie per proseguire nell’avventura. Ok, dopo un po’ diventava noioso dover aspettare ogni volta prima di poter attivare l’effetto della canzone, ma personalmente preferisco aspettare un po’ e far eiaculare le mie orecchie piuttosto che non aspettare prima di un teletrasporto e cazzate del genere. In alcuni luoghi poi la musica è semplicemente una variante di un brano per ocarina appreso proprio in quella zona, creando un legame indissolubile tra il giocatore, Link ed il mondo di gioco.
 

Ciò che però colpisce di questa colonna sonora è il vuoto. Si, il vuoto.
Kondo cerca di evocare sensazioni con il silenzio, con il vuoto tra una nota e l’altra, concentrandosi più sullo spazio tra le note e sul loro legame più che sulle note in sé. È quasi come se Kondo riuscisse a far dialogare le note tra loro per incorniciare il gameplay e trasmettere sensazioni al giocatore. Pensate all’intro del gioco, agli intervalli tra una nota e l’altra dell’arpa e dell’ocarina, è magia pura che accompagna Link ed Epona mentre corrono sulla piana di Hyrule. È in quegli intervalli che si inseriscono le emozioni del giocatore, emozioni che non lo lasceranno mai più. Come non citare poi la Zelda’s Lullaby e la canzone di Epona che con le loro melodie rilassanti e malinconiche ci trasportano in un mondo che riesce ad essere fiabesco anche se pieno di pericoli in ogni angolo? Nonostante l’assenza di alcune composizioni scolpite nella memoria dei giocatori, la nuova colonna sonora composta da Kondo lasciò il mondo videoludico completamente stregato. Molti siti specializzati (come IGN o GameSpot) l’hanno definita come una delle migliori colonne sonore videoludiche di sempre e la popolarità del titolo e delle composizioni di Kondo hanno contribuito a far aumentare esponenzialmente il numero di persone che imparano a suonare l’ocarina (tra cui anche il sottoscritto). Solo un anno più tardi venne pubblicato “The Legend of Zelda: Majora’s Mask”, seguito di Ocarina of Time e probabilmente il titolo più creepy ed inquietante mai realizzato da Nintendo. All’interno del titolo venne mantenuta l’importanza attribuita già in passato all’Ocarina del Tempo che questa volta si trasforma in vari strumenti in base a quale delle 3 maschere delle razze che indossiamo. Ma per rispecchiare la malvagità della maschera di Majora e il senso di solitudine che volevano provocare le ambientazioni del mondo parallelo di Termina, Kondo decise insieme a Toru Minegishi (co-compositore) di inserire sonorità provenienti dalla Cina. Proprio a causa della natura più sinistra ed inquietante del titolo, ritroviamo qui in maniera ancora più presente il “vuoto” all’interno delle composizioni di Kondo già citato precedentemente che riesce a far sentire al giocatore emozioni contrastanti, proprie del mondo di Termina. Se non avete capito ancora cosa intendo vi consiglio di ascoltare al buio e da soli la Song of Healing composta per questo titolo e soffermarvi sul particolare tocco che il maestro Koji Kondo riesce ad avere sul pianoforte.

La legacy e l’instancabile voglia di comporre
Dopo la pubblicazione di Majora’s Mask il nostro Kondo si è concentrato maggiormente nel gestire in qualità di supervisore generale il Sound Team della divisione Nintendo EAD, responsabile sia della composizione delle colonne sonore che dei sound effects per la maggior parte delle serie di punta di Nintendo (tra cui gli stessi Mario e Zelda, Pikmin ed Animal Crossing ma anche tutti gli spin-off dedicati a Mario). Per aumentare la produttività, ma anche la qualità e la varietà delle composizioni dei giochi Nintendo, Kondo decise di assumere diversi nuovi compositori.

Le nuove reclute del Sound Group di Nintendo EAD sono state formate dal maestro a seguire i suoi stessi principi (musiche divertenti, varietà stilistica e interattività in-game) per la realizzazione di musiche per videogiochi sempre più potenti ed impattanti.

“Credo che il ruolo della musica nei videogiochi sia quello di portare alla luce l’empatia”

Per Kondo infatti ciò che conta davvero è riuscire a descrivere ciò che sta accadendo a schermo su un foglio di pentagramma, racchiudere in quei 5 righi una sensazione che riesca a legare il giocatore al mondo di gioco sia attraverso la melodia che attraverso l’interazione con il gioco in sè. Grazie alle sue idee Koji Kondo ha creato all’interno di Nintendo una vera e propria legacy di compositori che, seguendo i suoi principi, hanno dato vita a colonne sonore intramontabili. Tra questi troviamo ad esempio: Kazumi Totaka; Hajime Wakai; Toru Minegishi; Kenta Nagata; Ryo Nagamatsu; Shiho Fujii; Manaka Kataoka; Atsuko Asahi e Satomi Terui. Tutti questi artisti infatti lavorano in gruppi (quasi sempre da 3) per ogni nuovo titolo Nintendo, riuscendo a tenere vivi tutti gli insegnamenti del maestro Kondo. Quest’ultimo però non è andato in pensione, anzi, la voglia di comporre non lo abbandona mai e, nonostante ormai il suo ruolo principale è quello di supervisore, torna puntualmente a comporre per le serie di punta Nintendo (principalmente Mario e Zelda). Tra le sue composizioni più belle di questo periodo (spesso realizzate per dare ai compositori un’idea di come dovrebbe procedere il lavoro e poi inserite all’interno del gioco) possiamo trovare ad esempio: Delfino Plaza (“Super Mario Sunshine”), l’Osservatorio (“Super Mario Galaxy”), tutti gli arrangiamenti delle sue vecchie composizioni per la serie di “Super Smash Bros” e per tutti i remake delle opere di riferimento, l’opening di “Zelda: Skyward Sword” e tanto altro ancora. A partire dal 2015, con la fusione tra le due divisioni aziendali di Nintendo (EAD -Entertainment, Analysis and Development- e SPD -Software, Planning and Development-), Kondo è passato al ruolo di direttore del Sound Group della neonata Nintendo Entertainment, Planning and Development (EPD).

 

Finale
Ogni nota di Kondo lascia un solco nel cuore, regala emozioni e sensazioni uniche al giocatore.
Le musiche di questo grande compositore hanno dato lustro alla storia del videogioco, mostrando a tutti come con la musica si possano sottolineare ed esaltare le caratteristiche di un’opera videoludica. Come si fa a non rimanere estasiati ascoltando (giusto per citare alcune di quelle che per me sono le sue migliori composizioni) la Zelda’s Lullaby, l’intro di Ocarina of Time, l’Osservatorio di Mario Galaxy o Delfino Plaza? Grazie alle sue melodie oniriche e alle tante dissonanze usate in maniera estremamente saggia, Koji Kondo ha impreziosito con arte tangibile ed innegabile il mondo del nostro medium, lasciando al mondo alcune tra le musiche più emozionanti e riconoscibili composte negli ultimi decenni come solo John Williams nel mondo del cinema ha saputo fare. Non nego che spesso le musiche che questo ometto dalla faccia simpatica ha composto per la serie di The Legend of Zelda cullano il mio sonno, prendendo il posto delle care e nostalgiche ninna-nanne che hanno accompagnato la mia infanzia. Proprio perché mi ha fatto rivivere con la sua arte delle emozioni che credevo sopite per sempre ho deciso di dedicare il mio tempo e le mie parole al maestro Kondo, per ringraziarlo e permettere a tutti voi lettori di conoscere la sua storia! Vi lascio in calce un video della sua esibizione ai VGA del 2014 insieme agli Imagine Dragons, buona visione!
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