Doom VFR è un incubo che finalmente si materializza nelle nostre retine, perfetta cartina tornasole di come la Realtà Virtuale riesca a rendere concreti i deliri lucidi (e ludici) di uno sviluppatore. Ma anche dei limiti che ossessionano tutto quello che contorna PlayStation VR.
Da praticamente un anno su queste pagine parliamo di
motion sickness – o, per gli irriducibili dell’
autarchismo linguistico, di chinetosi. Parole
più o meno esotiche e più o meno complicate per esprimere un fastidio tipico della Realtà Virtuale che in pratica si può ricondurre ad un “banale”
mal d’auto. Non tutti sanno che però non si tratta di disturbi che ludicamente sono nati con la Realtà Virtuale, ma anzi, affondano le loro radici nelle prime seminali
esperienze in prima persona, quando queste esperienze in prima persona hanno iniziato a diventare più realistiche e complesse sul fronte grafico (più “poligonali”, se vogliamo).
Doom ha inventato il motion sickness e lo ha battezzato come Mal di Doom: portare id Software dietro (o dentro?) un visore VR era un atto dovuto.
Stiamo parlando del figlio di John Carmack (e di
John Romero) che arriva finalmente
sulla tecnologia che ha fagocitato John Carmack, che ha lasciato id Software proprio per occupare la poltrona di CTO di Oculus VR. Come si fa a non lasciarsi coinvolgere? Anche per questo parlare di Doom VFR con un certo distacco –
come se poi la cosa avesse senso, o fosse possibile – è un’impresa:
un incubo che finalmente si manifesta in sangue ed ossa (o quantomeno,
non c’è mai andato più vicino di così), concretizzando idealmente quello che è lo
stato dell’arte quando si parla di Realtà Virtuale e PlayStation VR.
Versione testata: PlayStation 4
Icon of Sin
Trama? Serve davvero?
I videogiochi sono
più della semplice somma delle loro parti. O almeno, questo è il pensiero di chi vi scrive: si tratta di esperienze che hanno tutti (o quasi) i connotati di un viaggio, dove il prezzo del biglietto ed il rapporto tra questo ed i contenuti offerti rappresentano solo la faccia più pratica e “venale” del pacchetto. Tutto questo panegirico – per non dire
arrampicata sugli specchi (lo sappiamo che lo avete pensato) – per dire semplicemente una cosa:
poco importa che Doom VFR ricicli la quasi totalità dei suoi assets, dalle ambientazioni ai modelli poligonali,
dal clamoroso Doom del 2016. Poco importa se
la durata non è eclatante, se fondamentalmente si tratta di una serie di arene colme di demoni raccordate da una trama di comodo. Stiamo parlando di una serie dove la trama – citando testualmente – è ritenuta importante quanto in un
film porno, di un prodotto che deve suscitare
erezioni (ma dall’altra parte dello schermo) attraverso l’esperienza pad alla mano.
E riesce dannatamente a farlo.
In che modo?
Potete giocare con Dualshock 4 o con due PS Move…
Beh, intanto a patto di avere a disposizione un
Aim Controller e di dimenticarsi dell’esistenza di Dualshock 4 e PlayStation Move. Sul fronte dei controlli Doom VFR supporta praticamente
tutte le soluzioni che abbiamo provato nei mesi scorsi, con i loro pro e contro. Dualshock 4 è senza ombra di dubbio la periferica più familiare con cui immergersi nel mondo di gioco, ma d’altra parte abbiamo già visto come partorisca quel
fastidioso senso di scollamento tra azione nel mondo virtuale e movimenti in quello reale che si traduce nel già citato Mal di Doom alla sua massima espressione. Si può giocare l’esperienza con il controller,
ma non vediamo perché dovreste farlo. PlayStation Move è il soggetto che arriva subito dopo il Paziente Zero, e che sembrerebbe essere la soluzione suggerita anche dall’interfaccia e dall’impostazione “a video” di Doom VFR, scelta ben sapendo che poi su Oculus ci si interfaccia al prodotto con un dispositivo molto simile. Molto simile, ma complessivamente costruito meglio: controller alla mano infatti PlayStation Move mostra i suoi limiti storici e tradisce la sua natura di emulo di quello che fu il Wii Remote di Nintendo, laddove sarebbe stato più opportuno presentare una periferica riveduta e corretta per la Realtà Virtuale. Mancano gli stick analogici e se ne avverte la mancanza per tutta l’esperienza, per quanto id Software abbia cercato di metterci una pezza con quello che aveva a disposizione. Di più: il sistema di scatto viene gestito con i tasti frontali del Move sinistro – si, ne sono ovviamente richiesti due per giocare –, con il risultato di richiedere un po’ di abitudine per capire quale dei quattro tasti corrisponde alla direzione in cui ci si vuole spostare rapidamente. Nel complesso però l’esperienza di gioco in questo modo è
più che discreta, è decisamente intuitivo il sistema “mira e spara” relegato al Move sulla mano destra e bisogna ammettere che lanciare una granata o
prendere a pugni i demoni di turno quando si raccoglie il potenziamento Berserker emoziona. E allo stesso modo, il sistema di spostamento “per teletrasporti” è ben contestualizzato e
limita di molto i fenomeni di Mal di Doom che altrimenti si patirebbero per muoversi, specie se si decide di giocare in piedi.
Ma è una volta acceso Aim Controller che l’esperienza esplode, e con lei il nostro cervello: Doom VFR può essere davvero giocato a “Fatemi male” grazie al fucile di Sony.
…Ma perché farlo, se Aim Controller li prende a calci in faccia? (ludicamente parlando, è ovvio)
E non stiamo alludendo allo storico livello di difficoltà – che corrisponde alla modalità normale, all’interno della classificazione “standard” – ma a come è possibile
personalizzare e cucire sulla propria pelle l’esperienza ludica, anche a costo di andare
volontariamente incontro ai fastidi tipici della Realtà Virtuale. Aim Controller permette, con il setup “base”, di giocare esattamente come si giocherebbe con due PlayStation Move (spostandosi di teletrasporto in teletrasporto, mirando e sparando) ma
contando su un layout più immediato, vista la posizione del grilletto per sparare, la possibilità di scattare nelle quattro direzioni usando il d-pad della periferica e la possibilità di aprire la ruota delle armi e poi “navigarla” con lo stick analogico posto sul calcio del fucile. Partendo da qui però poi è possibile abilitare i movimenti di gioco tramite levetta analogica, che vanno ad affiancare quelli tramite teletrasporto e se è vero che “sforzano” maggiormente il giocatore d’altra parte regalano
tantissima libertà extra, che si traduce tutta in divertimento. E lo stesso si può fare per i “movimenti di camera”, permettendo di ruotare la visuale utilizzando l’altra levetta – sia “a scatti” che in modo più fluido, laddove PlayStation Move permetteva invece solo una rotazione a 180° (riproposta anche qua, su uno dei tasti frontali di Aim Controller). Risultato finale? Prendete e giocatene tutti
facendo quello che vi pare: id Software ci ha voluto
abbastanza bene da permetterci di sbagliare e “farci del male”, dimostrando un rispetto per i giocatori che deriva, paradossalmente, dalla mancanza di imposizioni. Dei genitori modello, videoludicamente parlando, con buona pace di chi negli anni ’90 li etichettava come un cattivo esempio per tutti quei
futuri adulti cresciuti su Phobos ammazzando demoni.
Vi siete chiesti per cosa stia la “F” all’interno del titolo?
Facile, il significato è lo stesso della “F” in BFG. E ne ha ben d’onde, visto che siamo davvero davanti ad una f*ttuta esperienza Doom in VR.
Potete fare tutte le obiezioni del caso. Ma Doom VFR rimane un must play della tecnologia
È impossibile descrivere a parole
l’estasi pura che attraversa il giocatore quando si trova, per la prima volta, di fronte a delle versioni mai così reali dei demoni che ha imparato a conoscere e a riempire di pallottole. E se l’emozione ha iniziato a scorrere copiosamente
già con un semplice modello olografico di
Barone Infernale, si capisce bene cos’è successo quando abbiamo incontrato la stessa creatura – ma “dal vivo” – in uno dei livelli di gioco. Se insomma siete arrivati qui in fondo alla ricerca di qualche grillo parlante che vi dica per quale motivo non vale la pena scaraventare sotto l’albero di Natale un bel bundle Playstation VR + Aim Controller,
avete chiesto alla figura sbagliata. Tanto più che poi le prestazioni sono ottime, sia dal punto di vista tecnico – era fondamentale centrare l’obiettivo, e id Software non deluce – che sul fronte della precisione del rilevamento dei controlli, che risulta adeguata con PlayStation Move e ai limiti del fenomenale con Aim Controller, a questo punto acquisto davvero d’obbligo per godersi una delle più goduriose esperienze che la Realtà Virtuale possa offrire oggi. Pur con i limiti già evidenziati sul fronte contenutistico e con le considerazioni economiche del caso, ma la posizione dell’autore di questa recensione è notoriamente in controtendenza con questi ragionamenti:
meglio la sostanza, specie se non si hanno più mille ore di tempo libero a disposizione.
E, visto che stiamo parlando di sostanza, Doom VFR decide di aumentare la sua non eccelsa longevità con un’enorme e graditissima Operazione Nostalgia: nelle mappe di gioco sono disseminati alcuni collezionabili (nella forma di pseudo-POP del Doomguy, come nel reboot dell’anno scorso) che permettono l’accesso ad alcune delle
mappe classiche del Doom originale. Sì, esatto, si può vivere –
vivere letteralmente! – il Vangelo secondo Carmack e Romero come non lo si è mai vissuto in prima persona, in uno straniante tuffo carpiato indietro di vent’anni che ci ha fatti
rimanere sotto. E chissenefrega se non dovremmo dirlo e dovremmo utilizzare un approccio più distaccato e “giornalistico”, i videogiochi sono anche emozione e giocare alcune mappe del primo Doom riprodotte pixel per pixel è stato
uno dei momenti più intensi dell’anno.
Verdetto
8 / 10
Non avrai altro Doom al di fuori di me.
Commento
Pro e Contro
✓ È Doom, in VR
✓ Le mappe classiche!
✓ id Software ci lascia "farci del male"
x Durata limitata
x Dà il suo meglio con Aim Controller
#LiveTheRebellion