Dalla Francia con amore, Luc Besson torna al cinema dopo il controverso eppur ottimo Lucy, confezionando l’adattamento cinematografico dell’omonimo fumetto transalpino tra colori saturissimi, fantascienza casinista e un’irresistibile coppia di protagonisti, Valerian e Laureline.
Tra grandi cult e pellicole un po’ meno memorabili, monsieur Besson resta sempre uno dei grandi del cinema contemporeo, capace di colpi di genio e delicatezze di chi alla macchina da presa da del “tu” fin dal primo incontro. Uno dei suoi film più celebri, esattamente in mezzo all’ancor più celebre Léon e al famigerato Giovanna D’Arco (da notare la grande passione per i nomi propri di persona, fino a Lucy e appunto Valerian!), è certamente lo sci-fi Il Quinto Elemento, film più costoso dell’epoca con un cast allora sulla cresta dell’onda, formato da Bruce Willis, Gary Oldman e Milla Jovovic; un successo assicurato. Esattamente 20 anni dopo la sua uscita, il 21 settembre, forse per celebrarla, forse no, ecco un ritorno a quella fantascienza pura che ha consacrato il regista (segnando un altro record di costi, questa volta per il cinema europeo), lasciando questa volta la superficie di un futuristico pianeta Terra, per spingerci verso un’altrettanto futuristica stazione spaziale orbitante, enciclopedia vivente e pulsante di tutte le culture e le razze presenti nella galassia, Alpha, la città dei mille pianeti. Pronti a seguire gli agenti speciali della federazione terrestre nella loro pirotecnica missione? Se non siete interessati eiettatevi ora o continuate a leggere.
Intrigo inter…planetario
La stazione orbitante Alpha, che storia incredibile, fondata su semplici strette di mano al ritmo di Space Oddity dell’indimenticabile David Bowie. Nata per permettere ai primi pionieri dello spazio di incontrarsi e cresciuta a dismisura nei secoli, abitata dapprima dai rappresentanti di tutte le nazioni terrestri e a cui poi si aggiunsero di secolo in secolo le razze aliene più bizzarre, talvolta abominevoli, altre affascinanti, sempre e comunque pacifiche, in questa enorme ambasciata di tutto ciò che è conosciuto. Una razza però non arrivò mai ad abitare in questo baluardo della civiltà, quella dei Pearls di Mül, eterei e angelici abitanti di un paradiso che le religioni possono solo sognarsi. Spiagge talmente candide da tendere al rosato, acqua cristallina, architetture naturali meravigliose formate da gigantesche conchiglie e levigati coralli, in cui il popolo coltiva perle dall’infinita bellezza e immenso potere, il cui idillio viene però spezzato e per sempre distrutto da una guerra non loro, quella che si stava combattendo fuori dai loro occhi, oltre il cielo perennemente terso.
Migliaia di fregate spaziali piombano sul puro pianeta, trasformando in polvere la perla dell’universo, da cui riescono a scampare solo pochi sui figli. All’oscuro di quest’apocalisse, gli agenti Valerian (Dane DeHaan) e Laureline (Cara Delevingne) se la spassano su una spiaggia virtale, punzecchiandosi tra proposte di fidanzamento e cocktail, mentre la loro nave viaggia verso una missione ad alto rischio: recuperare un “convertitore di Mül“, adorabile animaletto capace di moltiplicare ogni cosa che riesce a ingerire, unico esemplare sopravvissuto all’olocausto del suo habitat naturale e preda di trafficanti senza scrupoli, condannato dai suoi poteri particolarmente attraenti per gli avidi potenti di mezza galassia, tra cui l’orrido Igon Siruss, un Jabba the Hutt leggermente meno sovrappeso. Da qui la pellicola non darà un attimo di tregua agli spettatori, tra divertenti siparietti, panorami mozzafiato, sparatorie, inseguimenti e un intrigo che riuscirà ad appassionare fino al gran finale. Una sceneggiatura da fumetto appunto, ormai non particolarmente originale (la prima apparizione su carta è datata 1967, da allora ne sono passate di astronavi sotto le stelle) ma ritmata alla grandissima, senza un attimo di noia e sempre folgorante, soprattutto per gli appassionati del genere.
Plasticoso è bello
Dando un’occhiata ai trailer è palese che una delle armi principali nell’arsenale sci-fi di Besson sia l’estetica del mondo in cui si muove il suo cast. Senza puntare sul realismo alieno di altre produzioni moderne, gli scenografi si sono semplicemente concentrati sullo sfarzo e sul colore, con panorami in computer grafica che sembrano usciti dai bozzetti preparatori senza passare attraverso alcuna supervisione, anarchici nella loro esagerazione e che attingono a piene mani da tutto l’immaginario fantascientifico degli ultimi 50 anni, buttando tutto nel calderone per creare situazioni che riescono ad avere un sapore unico nonostante déjà-vu e velati tributi. Il tutto (compresi gli immancabili equipaggiamenti e gadget) restituisce un feeling plasticoso, volutamente finto, moltiplicato per cento in caso di visione in 3D. Una rivisitazione in chiave moderna dello stile anni ’60-’80 che ha fatto storia, impreziosito e completato, naturalmente, da moderni ed eccellenti effetti speciali (d’altronde 197 milioni di € non si spendono solo in pranzi aziendali).
Una delle scene iniziali è già un esempio della fusione di passato e presente – che guardano sempre al futuro lontanissimo – con i due agenti impegnati nell’operazione sopra citata, in un gigantesco e virtuale mercato nel deserto (ovviamente arabeggiante), visibile solo utilizzando appositi caschi per la realtà virtuale dal design preistorico se confrontati con i reali Oculus, Vive e PlayStation VR. Il risultato è splendido nella sua artificialità, Valerian che si muove sul piano virtuale tra vicoli stretti e loschi figuri mentre Laureline cammina nella sabbia di un deserto sconfinato tra turisti rincoglioniti dallo shopping compulsivo. Senza rovinarvi la sorpresa di un’estetica sopra le righe e in continua evoluzione, è impossibile non dedicare qualche riga alla città dei mille pianeti, al cui interno coesistono centinaia di ecosistemi, tra fluorescenze naturali e neon cyberpunk, alieni di tutte le forme e colori, animali e quartieri a luci rosse, fino alle mille lingue parlate che si diffondono nell’aria; tanta diversità così ben amalgamata a creare un teatro coerente, che sembra stare in piedi da solo, con le sue regole e culture, mentre i nostri eroi combattono una guerra segreta. Una visionaria esplosione di sapori, piccante nella sua elegante ed esplosiva regia, troppo kitsch per non essere lodata.
Un’accoppiata spumeggiante!
Il dessert di questo articolo non poteva che essere dedicato alla più grande attrattiva della pellicola. Si, ci sono Clive Owen (alias comandante Arün Filitt), il grande Rutger Hauer in modalità “comparsata” (nientemeno che presidente della federazione umana), perfino Ethan Hawke e Mathieu Kassovitz (regista del bellissimo “L’odio” e co-protagonista ne “Il favoloso mondo di Amelie”), c’è addirittura la pop star Rihanna (la simpaticissima e trasformista Bubble), già avvezza al mondo del cinema; ma la scena è tutta per loro, il duo DeHaan-Delevingne, crêpes suzette della produzione. Travolgenti, irriverenti, sempre pronti all’azione, perfettamente e irrimediabilmente calati nei loro ruoli, probabilmente davanti alla miglior prestazione della loro ancora giovane e speriamo luminosa carriera. Valerian è un protagonista che fa l’equilibrista tra il perfetto soldato spaziale senza paura e il “cazzone” sempre pronto a tirarsi fuori dai casini con una battuta e una pallottola, imprevedibile e decisamente pieno di se, sensazione che trasmette anche allo spettatore, sempre curioso di scoprire cosa sta per combinare; bravissimo!
Valerian DeHaan e Laureline Delevigne valgono da soli il prezzo del biglietto. Irresistibili!
A stupire è però soprattutto la topmodel inglese, che da personalità glamour legata a passerelle e stilisti, perennemente sulle copertine delle riviste di mezzo mondo, si sta traformando, mettendoci anima e carattere, nell’attrice che ha sempre voluto diventare; un personaggio davvero irresistibile, dalla personalità straripante, sia dietro che davanti alla telecamera. Sguardi complici, siparietti brillanti, affiatamento a tutto tondo e una love story che sboccia piano piano quasi fosse vera, tra provocazioni e romanticismo, con il nostro Maggiore che finirà per rinnegare il suo ego sciupafemmine e innocentemente idiota per conquistare il suo Sergente. Un plauso va infine all’interpretazione di tutti gli alieni che entreranno in contratto coi nostri protagonisti, caratterizzati in modo eccezionale nonostante lo spazio dedicato, a cui si aggiunge una sofisticata recitazione fisica di quelli interamente virtuali, soprattutto un certo trio di volatili dalla lingua lunga. Valerian e la città dei mille pianeti è un film fresco, divertente, casinista, con un’estetica unica ispirata da decenni di fantascienza, a cui oggi si aggiunge un nuovo universo traboccante di personalità, segreti e misteri. Luc, hai 50 anni di fumetti a cui attingere, gradiremmo un secondo capitolo. Au revoir!
Ground control to major Valerian
Commencing countdown, engines on
Check ignition and may God’s love be with you.
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