Il panorama videoludico, di recente, ha assistito a interessanti dibattiti sull’argomento dell’affidabilità dell’user score e il ruolo della stampa specializzata, in un settore con sempre maggiori infiltrazioni di opinioni e recensioni amatoriali. Il nostro webmaster Pietro ha di recente esposto la sua opinione sulle problematiche relative all’user score, citando il caso di
Call of Duty: Infinite Warfare, (ma potremmo tranquillamente parlare anche di
Mafia III e il caso degli FPS bloccati, o l’immensa polveriera che è stata
No Man’s Sky).
Quello che resta da discutere è un problema non solo dell’user score, ma anche dell’isteria e della paranoia che lo circonda e di aspettative troppo alte riguardo il feedback dell’utenza.
Cui prodest?
non è raro veder fioccare zeri e dieci per titoli che sono pienamente nella media
Uno dei principali punti del dibattito (su cui, ironicamente, non si dibatte a sufficienza), è il concetto stesso di
user score. Non per fare tautologie o essere scontati, ma l’user score non è altro che il punteggio dell’utenza: con un accesso sempre più ampio delle persone a varie piattaforme, e una totale mancanza di filtri se non per quelle espressioni che possono essere considerate offensive o discriminatorie, è evidente che gli estremi superiori e inferiori della qualità dei giudizi espressi sono altamente aleatori, e non è raro veder fioccare zeri e dieci per titoli che sono pienamente nella media. È sempre l’eventuale acquirente a dare validità allo user score, decidendo o meno di farci affidamento prima di un acquisto. Acquirente che dovrebbe sapere che in questo punteggio ci sono riflessi anche il rigetto e la lode sperticata di chi non ha apprezzato per nulla il gioco o l’ha apprezzato ai limiti del fanatismo. Quello su cui dovremmo riflettere non è tanto la necessità o meno dell’user score, o quale funzione voglia ricoprire (in quanto, come tutte le forze spontanee, si muove senza uno scopo particolare), ma cosa si può estrarre o imparare da un feedback spontaneo da parte dei giocatori (o anche spettatori, visto che questo sistema si è ormai allargato anche al grande schermo e alle serie tv).
User score come indicatore della campagna marketing
L’hype, la coltivazione dell’attesa trepidante per un titolo, fa ormai parte della campagna marketing di quasi tutti i titoli più importanti. Ovviamente, questa abbondanza di trailer, teaser, anteprime, artwork, immagini, bozzetti, rivelazioni e interviste ha anche una conseguenza che in genere passa in secondo piano, ossia quella di polarizzare le aspettative dei giocatori. Nel bene o nel male infatti, si va a costruire un concetto del gioco che potrebbe o meno coincidere col prodotto finale che il giocatore si troverà fra le mani al day one, ma in base al quale vengono “valutate” tutte quelle recensioni con voti stratosferici o infimi del titolo, che potrete leggere anche quando sarà uscito soltanto da poche ore. Quelle recensioni non sono del gioco: in quel momento stiamo assistendo a una valutazione del mercato da parte della campagna marketing. Col tempo, le recensioni e le valutazioni tenderanno a normalizzarsi su una media, notevolmente più affidabile, ma le prime recensioni, quelle scritte anche in buona fede ma quando non ci può essere materialmente abbastanza esperienza con il gioco per stilare un giudizio maturo, consapevole e obiettivo, sono sicuramente figlie dell’hype che ha circondato la promozione del titolo.
Metacritic non avrai il mio scalpo
Un altro aspetto che è una vera e propria piaga delle produzioni moderne è quello dei premi di produzione, attribuiti secondo una media delle valutazioni di siti come Metacritic (un aggregato della valutazione media degli utenti). Sicuramente avrete sentito parlare di episodi come quello di
Obsidian, che ha perso un bonus sulle royalties di New Vegas, avendo mancato un traguardo delle valutazioni di Metacritic previsto da contratto; ma nel caso ve lo siate persi, un breve reminder: da contratto, Obsidian avrebbe ricevuto un pagamento diretto per
Fallout: New Vegas, ma nessun diritto sulle royaltes del titolo. Era però previsto un premio bonus nel caso il gioco avesse raggiunto la valutazione di 85/100 su metacritic. Purtroppo, il punteggio raggiunto è stato solo di 84. Non sappiamo quanto questo premio potesse essere cruciale per l’azienda, ma sappiamo dei licenziamenti che avvennero in Obsidian di lì a poco.
Il diritto di esprimere un proprio giudizio è sacrosanto
Prima di addentrarci sul perché questa idea sia oggettivamente malsana, una piccola parentesi: tra le numerose discussioni sulle valutazioni numeriche di un titolo, parecchie offrono degli spunti di riflessione sull’impossibilità di fare confronti diretti, e su come ciò renda velleitario o superfluo quel numero che sta solitamente in fondo a una recensione (e che tenta di riassumere tutto il valore del gioco). Tuttavia, in questo caso, stiamo parlando comunque di persone che compilano quello spazietto e inseriscono quel numerino dopo essersi passati una mano sulla coscienza, e dopo aver fatto una pausa per calmarsi da un’esperienza frustrante o emotivamente drenante, per cercare di dare una valutazione migliore, in linea con altri punteggi attribuiti in precedenza.
Valutazione di certo diversa da quella formulazione precipitata che potrebbe dare un qualsiasi utente dopo aver finito un titolo, e che potrebbe essere adulterato appunto dalla fretta o dalle emozioni eccessive suscitate dal titolo stesso, o dalla mancanza delle suddette. Se proprio vogliamo attribuire un peso – sotto forma di voto – ad un titolo videoludico, è almeno necessario che si confronti quel numero con gli altri attribuiti ai prodotti simili.
Per questo motivo, esprimere una valutazione sull’operato dei professionisti che hanno lavorato a un titolo, basandosi sul giudizio di chi non può (o non vuole) confrontare quel parametro con altri, rende tutto il sistema di valutazione scevro di significato: in un sistema in cui la valutazione numerica andrebbe presa con le pinze e valutata attentamente, non è igienico basarsi sulla valutazione di utenti dei quali non si conosce neanche il metro di giudizio. E questa è una colpa dei produttori, non dell’utenza.
Non credo che sia pensabile castrare l’opinione dell’utenza in base ad accordi tra software house e publisher. Semplicemente, questo tipo di bonus non dovrebbe esistere; non in questa forma. Il diritto di “lamentarsi”, o comunque di esprimere un proprio giudizio, esiste dagli albori di internet. Sentire idee di “abolizione” o abbandono dei siti che raccolgono questo tipo di valutazioni, in questi tempi della presenza invasiva di internet, è da far cadere le braccia. Al di là di qualsiasi valutazione, tagliata una testa all’idra ne spuntano altre due.
Questa opinione può sembrare anche abbastanza comune, ma ci sono anche molte altre persone nel settore che liquidano con saccenza lo
user score o altri parametri di feedback dell’utenza. Nel momento in cui siamo a poche settimane da uno dei risultati elettorali che si è fatto beffe delle previsioni di intellettuali e analisti, vorrei far notare che nessuno è immune a un certo grado di miopia:
bastonare questo tipo di valutazioni, ergendosi a paladini del medium, non fa che aumentare il distacco fra diverse frange dell’utenza. Quindi, per non buttare il bambino assieme all’acqua sporca, vediamo se effettivamente c’è qualcosa di importante in questa palude, e se valga la pena guadarla in cerca di tesori.
First Impact
Uno dei punti a favore dell’user score, anche se sembrerebbe contraddire uno degli argomenti espressi precedentemente, è che ci permette di avere una rapida lettura della risposta degli utenti ad un titolo. Se è vero che una campagna promozionale eccessivamente invadente può alterare, nel bene o nel male, le prime recensioni che escono, è anche vero che, in caso di problemi palesi (come al lancio della versione PC di
Batman: Arkham Knight, o per l’appunto
No Man’s Sky), fin da subito è possibile notare la presenza di eventuali criticità senza dover entrare nel forum di supporto clienti. Nel caso di Mafia III, la mancanza dei 60 FPS su PC ha provocato una reazione molto negativa nei giocatori con pessime recensioni e numerose proteste, nonostante l’annuncio da parte della software house. Questo potrebbe essere considerato uno di quei casi in cui l’user score è più importante per il produttore che per l’utenza.
Difatti, questo tipo di feedback è un qualcosa che, in altri settori, viene rilevato da analisti che riuniscono
focus group per valutare l’impatto di determinate caratteristiche del prodotto, e che qui invece viene fornito, seppure con alcune esagerazioni, direttamente al produttore. Sicuramente potrebbe esserci qualcuno scoraggiato all’acquisto, a causa di un giudizio duro espresso per la mancanza di questa o quell’altra
feature; ma potrebbero anche esserci persone che
non vogliono acquistare il prodotto a priori proprio per l’assenza di questa o quell’altra
feature, che per molti altri felici acquirenti potrebbe risultare secondaria o irrilevante.
Sinteticamente, l’idea che questo tipo di feedback possa essere problematico è inaccettabile. Non è una questione legata allo scoraggiare o invogliare un acquirente all’acquisto; il problema, semmai, si pone nel momento in cui il potenziale acquirente è esposto solo a questo tipo di feedback.
The good and the bad: recensioni di Steam
Arriviamo quindi a un punto positivo, ovvero il recente aggiornamento di Steam al suo sistema di recensioni.
Sono stati aggiunti alcuni filtri, che permettono di scegliere se leggere recensioni positive, negative, recenti, considerate utili o considerate “divertenti” (quelle battute sul gioco che ricevevano numerosi giudizi positivi, e tendevano a mettere in ombra le recensioni vere e proprie). Chi intende cercare opinioni su Steam, quindi, può attingere a numerose recensioni, sia di chi ha apprezzato il titolo che di chi non l’ha gradito, ed eventualmente filtrare vecchie recensioni se il gioco ha ricevuto aggiornamenti di recente. Inoltre, le recensioni su Steam non hanno una valutazione numerica (un parametro da 0 a 10 o da 0 a 5). Semplicemente, si esprime un giudizio positivo o negativo. Un altro aspetto che merita di essere sottolineato è che le recensioni sulla piattaforma Valve forniscono due parametri immediati del recensore: le ore giocate sul titolo, e il numero totale di recensioni pubblicate dall’autore.
Se da soli questi parametri non definiscono la qualità di una recensione, sicuramente possono essere utili a distinguere tra un giudizio affrettato e inesperto ed uno più ponderato. A questo si aggiunge il fatto che Steam ora segnali quali recensioni sono state fatte avendo ricevuto una key del gioco, e di cui si è parlato appunto nello scorso speciale.
Stick to your guns
In chiusura, riprendiamo le parole di Pietro che hanno ispirato queste riflessioni sullo user score:
In quell’oceano di opinioni che è Internet, l’unica bussola su cui si può fare affidamento è la propria testa.
Sicuramente le polemiche riguardo questo argomento continueranno, soprattutto nei periodi in cui manca poco all’uscita di due titoli grossi come
Final Fantasy XV e
The Last Guardian, di cui si è discusso troppo perché entrambi possano essere affrontati a mente fredda dal pubblico. Tuttavia, vogliamo ricordare l’enorme ricchezza nascosta nella possibilità di avere un riscontro così capillare di un prodotto, anche da parte di chi non è un abituale recensore, una volta che si è consapevoli dei limiti dello strumento. Trascurare questo mormorio perché ci troviamo in disaccordo con il parere espresso, o perché reputiamo gli accordi publisher-developer più importanti della libertà dell’utenza di esprimere la propria opinione da fruitore, lascia il tempo che trova. I sofismi dei
senum severiorum che vogliono il monopolio della parola valgono ancora meno di una “recensione” come questa.
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