L’hardware, per parlare la stessa lingua dell’utenza cui si rivolge, ha necessariamente bisogno del software. Concetto banale, ma assolutamente fondamentale quando si parla di console o periferiche che debuttano sul mercato consumer: PlayStation 4 al lancio poteva contare su
Knack per mostrare al pubblico la mole di poligoni che era in grado di elaborare e su
Killzone Shadow Fall per scoprire i muscoli dal punto di vista meramente visivo, e per questo motivo (più indietro nel tempo) Nintendo ha accompagnato Wii sullo scaffale con Wii Sports.
PlayStation VR Worlds, quantomeno a nostro parere, voleva essere un prodotto di questo tipo, una sorta di trattato videoludico su quelle che sono le potenzialità della Realtà Virtuale per l’industria e soprattutto di quelli che sono i limiti con cui (speriamo) i prossimi anni gli sviluppatori si troveranno a fare i conti.
Ce l’ha fatta? Senza troppi giri di parole si, anche se con qualche riserva.
Quando si tratta di dare un’opinione su un prodotto ludico giocoforza entra in gioco una certa componente soggettiva. È semplice dire se un titolo tecnicamente è a posto o soffre di qualche magagna, ma è già più complicato stabilire quali risultati raccoglie dal punto di vista artistico; la Realtà Virtuale porta queste considerazioni ad uno step successivo, visto che da persona a persona possono cambiare i fastidi provati dietro il visore ed il fascino che si subisce immergendosi in questi mondi tridimensionali. Quella che segue quindi è un’opinione legata a doppia mandata all’esperienza dell’autore del pezzo: una linea guida su cosa aspettarsi una volta avviato il titolo, che nel vostro caso personale potrebbe divergere (senza però esagerare) da quello che stiamo per raccontarvi.
Ventimila seleghe sotto i mari
Ocean Descend porta, quasi alla lettera, uno squalo nel salotto di casa
Iniziamo da quella che senza dubbio è l’esperienza meno “ludica”, ma allo stesso tempo più riuscita quando si tratta di capire quanto mostra a proposito delle potenzialità di VR, presente nel pacchetto:
Ocean Descend. L’immersione nelle profondità marine a cura di London Studio è la classica esperienza da mostrare per stupire l’amico che, incuriosito dal nuovo acquisto, piomba in casa per provare con mano PlayStation VR, visto che pur lasciandoci giocare molto poco (di fatto, ci si limita a star seduti in poltrona o a qualche spostamento in piedi nelle immediate vicinanze) dietro le lenti del visore si subisce un’esperienza passiva ed immobile agli stimoli del giocatore, ma dannatamente immersiva (
scusate il gioco di parole) e capace di dare un’ottima panoramica di quelle che sono le potenzialità sul fronte dell’immedesimazione. In particolare “Faccia a faccia con lo Squalo” è
lo showcase-dentro-lo-showcase più palese di quanto appena descritto, portando il giocatore faccia a faccia con quella che è probabilmente una delle creature marine più temute da chi abita sulla terraferma e costringendolo, sfruttando anche la situazione di assoluta passività raccontata poco più sopra, a subire gli attacchi della bestia mentre questa cinge d’assedio la gabbia che protegge il giocatore, la distrugge ed infine si prepara a lanciare l’affondo micidiale. Una dimostrazione che insomma difficilmente lascerà indifferenti e che mette bene in chiaro quali sono i punti di forza dal punto di vista dell’immersione e quella che può essere la valenza della Realtà Virtuale anche per esperienze più “da cinema” e meno ludiche, ma che inevitabilmente dura troppo poco e offre troppi pochi spunti per ambire ad essere più di una semplice demo da rispolverare per far colpo sugli scettici. Dall’altra parte poi iniziano ad emergere quelli che sono i limiti di queste prime escursioni nella Realtà Virtuale, gli aspetti contro cui gli sviluppatori presumibilmente si troveranno a combattere.
Duel, ma senza Spielberg
Discese ripide, ma collisioni impalpabili
VR Luge, tra le cinque esperienze proposte nel titolo London Studio, è infatti
l’emblema più evidente di quanto lavoro resti da fare per rendere convincente le situazioni in cui il giocatore può interagire a vario titolo con il mondo di gioco. Si tratta fondamentalmente di un gioco di corse dallo stampo spiccatamente arcade, dove il giocatore deve correre semplicemente contro il tempo (che si tratti del suo record o dei risultati ottenuti nella classifica dei giocatori online) steso su uno skate lanciando a velocità folle lungo una discesa. I controlli, anche in questo caso, non passano per il pad ma richiedono di muovere la testa per inclinare la tavola a destra e a sinistra per evitare mezzi ed ostacoli che compaiono lungo i cinque percorsi presenti; i problemi iniziano qui e colpiscono (abbastanza duramente) su due fronti. Da una parte infatti
l’interazione con lo scenario è sicuramente insufficiente a calare il giocatore in quello che dovrebbe essere l’umore della produzione, visto che le collisioni con il bordo della strada sono relativamente insufficienti e, soprattutto, finire sotto le ruote di una macchina o di un camion ha il solo effetto di penalizzare il giocatore dal punto di vista della velocità,
senza nemmeno la possibilità di passare sotto al mezzo incolumi se si riesce a rimanere nell’area compresa tra le gomme. Dall’altra, la scelta di utilizzare i movimenti della testa per direzionare lo skate si ripercuoto negativamente sui giocatori più sensibili al cosiddetto motion sickness, a causa dello “scollamento” tra i movimenti dell’inquadratura e quelli del corpo. Due aspetti che, intendiamoci, più o meno ritroveremo anche nel resto dell’offerta (pur su livelli diversi), ma che nel caso di VR Luge hanno un effetto congiunto a tratti disastroso sul risultato finale e vanno a tradursi in quello che è il punto più basso dell’esperienza.
Ocean’s Eleven
Una rapina che ci sarebbe piaciuto veder dipanarsi attraverso più atti
Si torna
a riveder le stelle con quello che secondo chi scrive è l’altro grande pezzo forte di VR Worlds,
The London Heist. Si tratta essenzialmente di uno sparatutto che filosoficamente si ispira a Time Crisis e Virtua Cop (pur essendo privo di binari e lasciando il giocatore fermo sulla location in cui si sviluppa la scena), che specie giocato sfruttando due PlayStation Move risulta, dal punto di vista ludico,
l’esperienza più riuscita e divertente del pacchetto. Alcune trovate infatti sicuramente faranno scuola per il genere di riferimento nel contesto della VR, dalla necessità di utilizzare una delle due mani per prendere fisicamente (
beh, circa) il caricatore da inserire nell’arma per ricaricare all’utilizzo della posizione del giocatore per le coperture, facendolo abbassare dietro alle protezioni di turno per evitare il fuoco nemico ed uscire (o sparare attraverso le feritoie che rimangono aperte) per rispondere all’offensiva. Dispiace, da questo punto di vista, che la brevità della modalità campagna alla fin fine limiti parecchio la varietà di situazioni in cui VR Worlds getta il giocatore, fungendo da gustoso aperitivo per poi lasciare la responsabilità della cena vera e propria al Poligono di tiro, riuscitissimo quando si tratta di divertirsi ma, vista la mancanza di nemici che rispondono al fuoco, dall’appeal un po’ sacrificato e limitato (di nuovo) alla ricerca del punteggio migliore in classifica. Anche in questo caso comunque qualche inciampo dal punto di vista delle interazioni c’è: lasciando da parte qualche semplificazione necessaria (con i caricatori che per esempio compaiono dal nulla quando scendono sotto una certa soglia) in alcune situazioni il tutto non riesce a reagire puntualmente alle azioni del giocatore: è vero che è possibile, nel livello del pub, utilizzare l’accendino per accendere il sigaro presente sul tavolo, ma per esempio lanciandolo poi in faccia al personaggio non giocante che si ha di fronte questo non reagirà e continuerà a comportarsi come se nulla fosse.
Tutte situazioni che, a seconda della libertà concessa dagli sviluppatori nei prossimi titoli di questo stampo, sarà necessario gestire e “pesare” sul fronte delle conseguenze, in modo da prevedere un certo numero di azioni anche al di fuori di quello che è il comportamento che il giocatore si prevede debba seguire.
Tron incontra Pong
Mai giudicare un libro dalla copertina
Sorprendentemente divertente invece
Dangerball, che ancora una volta abbandona i controller (tradizionali o di movimento che siano) per lasciare lo scettro del comando all’accoppiata PlayStation VR e telecamera. Lo scopo del gioco, all’interno di un campo da gioco che di fatto è un corridoio lungo qualche metro, è quello di colpire una palla che viaggia verso la propria parete muovendo la testa, per respingerla e fare punto contro il giocatore (controllato dalla CPU) posizionato dall’altra parte. A rendere più interessante il tutto interviene la possibilità, colpendo la sfera con il giusto tempismo e con una certa angolazione, di imprimere un effetto al tutto, cercando di prendere in fallo l’avversario che invece sarà dotato, di volta in volta, di poteri particolari o di qualche abilità preclusa al giocatore, dalla possibilità di duplicare la palla per mettere in difficoltà l’utente ad una “racchetta” di dimensioni più grandi che rende più difficile andare a far punto. Un titolo tutto sommato semplice, ma come detto capace di intrattenere (
assieme alla modalità Poligono di The London Heist è la parte più rigiocabile del pacchetto) e riuscito.
Interstellar
Alieni e motion sickness
La palma di mini-gioco più controverso ricade, probabilmente, su
Scavenger Odyssey, titolo decisamente interessante sia per atmosfera (si pilota un Mech nello spazio aperto, saltando di piattaforma in piattaforma e facendo fuoco contro i nemici di turno) e per tematiche affrontate (si gioca nei panni del “Pellegrino”, un essere creato da un’entità sovrannaturale che ha dei piani tutti suoi per il giocatore) ma che con i soli sei capitoli proposti in VR Worlds sembra più che altro fungere da prologo ad un’esperienza stand alone vera e propria. Ad ogni modo anche qui si gioca soprattutto su atmosfera ed immedesimazione, sfruttando alcune soluzioni visive che dal punto di vista artistico non possono che coinvolgere il giocatore ma, d’altra parte, offrendo un’esperienza frenetica e a tratti destabilizzante che, come nel caso di VR Lunge,
rischia di far accusare qualche disturbo al giocatore, in particolar modo se decide di muovere l’inquadratura utilizzando i movimenti della testa in luogo dello stick analogico destro.
La resa dei conti
Alla luce di quanto detto PlayStation VR Worlds riesce ad essere lo showcase adatto per fare un primo bilancio a proposito di PlayStation VR, visto che, come una perfetta cartina tornasole, grazie alle cinque esperienze proposte riesce a far emergere punti di forza, punti deboli e qualche prospettiva su quello che potremmo vedere (sicuramente più nel dettaglio) con dei titoli “monografici” pensati per reggersi in piedi da soli. Il problema più grosso alla fine è molto più banale dello spauracchio del motion sickness e riguarda la scelta, forse un po’ azzardata, di
provare a commercializzare il pacchetto piuttosto che, seguendo l’esempio di Wii Sports, fornirlo al giocatore assieme al visore. Si parla comunque, è bene sottolinearlo, di una quarantina di euro (
che come vedremo nei prossimi giorni possono anche essere spesi peggio, limitandosi alla lineup di PlayStation VR), una via di mezzo tra i circa sessanta euro del biglietto richiesto da RIGS e Battlezone ed i venti in cui si posiziona, per esempio, Batman Arkham VR.
Troppo? Dipende sicuramente dai punti di vista (indubbiamente qualche giocatore potrebbe essere tenuto a distanza dalla scelta), ma a nostro avviso considerato tutto si tratta in ogni caso di una tappa quasi obbligata per gli acquirenti della periferica. Anche solo per farsi un’idea di quello che ci si può realisticamente aspettare dalle prossime uscite.
Verdetto
7.5 / 10
Non lo showcase che PlayStation VR merita, ma quello di cui ha bisogno
Commento
Pro e Contro
✓ La cartina tornasole di PS VR
✓ The London Heist e Dangerball divertono
✓ Diverse idee interessanti...
x ... Ma in troppo poco spazio
x VR Luge spreca potenziale
x Alcuni mini-giochi possono causare fastidi
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