Il mercato indipendente, inutile nasconderlo, vive anche grazie ad un certo
amarcord che ha permesso a generi sull’orlo dell’estinzione di tornare sugli store più in forma che mai. Qualche volta, però, capita che lo sviluppatore di turno provi a fare un passo in più, rinunciando agli allori tipici di una formula classica (e magari un po’ antiquata) e provando a modernizzare il tutto.
DOGOS, sviluppato dagli argentini
OPQAM, fa esattamente questo per il genere
Shoot ‘em up. Curiosi? Continuate a leggere allora.
Versione testata: Playstation 4
Indipendence Day
La Terra è stata presa di mira dalla razza aliena degli Zeetnuks, creature a metà tra gli organismi viventi tradizionali e le macchine (e, si suppone, dotate di una sorta di coscienza collettiva) che, dal punto di vista tecnologico, sono estremamente più avanti rispetto alle forze terrestri. L’unica speranza è quella di combinare la tecnologia arrivata dall’oltre-spazio con le conoscenze umane, creando dei velivoli da battaglia capaci di colmare lo svantaggio tattico e ribaltare una situazione disperata. La base che ospita il progetto però viene presa di mira dagli Zeetnuks, e l’unico sopravvissuto (scappato a bordo di uno dei prototipi) è il protagonista del gioco, Desmond Phoenix.
Ben raccontato, anche se la trama è il solito pretesto per sparare agli alieni
Posto che senza dubbio i risvolti narrativi del prodotto sono più che altro un contorno dell’opera, l’incipit (per quanto classico) è ben raccontato, e, nel corso dell’esperienza, dai dialoghi esce fuori un quadro preciso del carattere di Desmond,
certamente meno bidimensionale rispetto al protagonista medio di questo filone videoludico. Di sicuro non un aspetto per cui pagare il biglietto (a giustificare quello, come vedremo tra un momento, interviene di prepotenza l’impianto ludico di DOGOS), ma la voglia di mescolare la vecchia scuola a caratteristiche più moderne si respira anche su questo fronte. L’unico neo è che (almeno in prima battuta)
il numero di velivoli a disposizione si limita ad un paio di scelte, che si vanno a differenziare giocando un po’ con le statistiche e proponendo da una parte una navetta più mobile ma meno resistente e dall’altra parte il contrario. Difetto che comunque, come vedremo, viene in parte tamponato dal numero di armi che è possibile equipaggiare prima di scendere in campo (e raccogliere in partita).
Come ti restauro lo Shmup
Open World e due tipologie di armi per difendersi dai nemici: perché nessuno ci ha pensato prima?
DOGOS, come detto, è uno
shoot ‘em up che affonda le sue radici nella tradizione del genere, e va da sé che quindi siano presenti alcuni dei più grandi classici sul fronte delle possibilità a disposizione: oltre al fuoco principale, infatti, non mancano le tradizionali armi speciali (missili a ricerca, laser ad ampio raggio e simili) che se, da una parte, permettono di avere più facilmente la meglio su grossi stormi di nemici, dall’altra possono essere utilizzati in quantità limitate, dividendo inevitabilmente i giocatori nella schiera di chi ne fa utilizzo e in quella di chi invece risparmia tutto in vista del boss di fine livello (altro grande classico del genere). DOGOS però mette da subito in chiaro che non si è davanti al classico
shoot ‘em up, e non solo perché il fondale è realizzato tridimensionalmente e con dovizia di particolari, ma giocando piuttosto su due aspetti cardine. In prima battuta la progressione non è, come sarebbe lecito aspettarsi, lineare ed orientata in orizzontale o in verticale, ma ogni livello mette a disposizione
una vasta mappa che alterna zone dal respiro più ampio a cunicoli più claustrofobici, liberamente esplorabili alla ricerca dei nemici da abbattere. Il risultato è quello di andare ad impreziosire alcune delle sfide che ogni livello propone in aggiunta al completamento “semplice” della missione, rendendo più difficile districarsi nel dedalo di strade a disposizione per completare il livello entro il tempo limite e, allo stesso tempo, disseminando alcune truppe d’élite da abbattere in posti strategici, magari fuori dal percorso che naturalmente si tenderebbe a seguire.
L’altra grossa novità è la presenza di due tipologie di fuoco principale, che vanno a rivolgersi ad altrettante “classi” di truppe nemiche: il classico fuoco primario rivolto ai nemici in aria (che continua a propagarsi nella direzione di fuoco fino a che non collide con qualche ostacolo) viene affiancato dalle armi che invece si prefiggono l’obiettivo di abbattere le truppe di terra, dove
diventa essenziale guardare dove si posiziona il mirino presente al centro dello schermo prima di far fuoco per evitare di mancare clamorosamente il bersaglio. Idea, come nel caso dell’approccio “open world” della mappa, tutto sommato semplice, ma con
risvolti ludici assolutamente da non prendere sottogamba visto quanto riescono ad arricchire il pacchetto ludico proposto da OPQAM; viene quasi da chiedersi perché nessuno ci abbia pensato prima.
Occhio alle pareti
Unico neo: manca la classica co-op
Vista la presenza massiccia di canyon e altre situazioni in cui Desmond va letteralmente ad infilarsi in qualche strettoia, sarebbe stato quasi un peccato non inserire degli spezzoni di gioco in cui l’obiettivo è sfrecciare attraverso le gallerie senza andare a schiantarsi. DOGOS pensa anche a questo, e di tanto in tanto mette il giocatore davanti a queste sezioni sui binari in cui la velocità della navetta si impenna, si perde la possibilità (e la necessità) di attaccare le truppe a terra e si gioca praticamente solo di levetta destra per angolare la telecamera e di fuoco principale per abbattere le navicelle nemiche, che tentano sortite kamikaze per abbattere il giocatore (in queste circostanze è utile utilizzare anche lo stick di sinistra per posizionare in modo più sicuro il velivolo). Alternativa, ovviamente, dal
feeling decisamente arcade, pensata essenzialmente per impegnare i riflessi e, nel caso si giochi ad una delle difficoltà che prevede un numero finito di vite (tutte, a parte la prima), per aumentare i rischi di finire in game-over, dal momento che basta un errore per schiantarsi sul muro o su un avversario.
Un ulteriore calcio alla ripetitività arriva dalla citata possibilità di equipaggiare, una volta sbloccate, nuove tipologie di fuoco per entrambe le modalità, passando per classici come armi al plasma capaci di colpire in tre direzioni diverse ma anche per qualche inedito, come il “colpo di precisione” rivolto alle truppe di terra, più preciso ma dotato di una cadenza più lenta. Sul fronte del gameplay non si può quindi che plaudere il lavoro degli sviluppatori,
macchiato solo dall’assenza di uno dei cavalli di battaglia del genere come una modalità cooperativa: ci sarebbe piaciuto poter affrontare l’esperienza – anche alla luce della natura open world delle mappe – in compagnia di un amico, anche solo in locale.
Non c’è Don Joe a mixare
I fondali sono ben dettagliati
Dal punto di vista visivo si accennava a come DOGOS proponesse dei fondali (e, per estensione, delle mappe) ben disegnati dal punto di vista dei dettagli, capaci anche di spaziare parecchio da un livello all’altro e trasportare il giocatore da zone lacustri a lande caratterizzate dalla presenza di vulcani.
Il tutto rimanendo impeccabile anche per quanto riguarda l’aspetto tecnico, rendendo l’esperienza fluida e, almeno su PlayStation 4, senza troppi compromessi visivi. Senza infamia e senza lode invece l’audio, capace di fare il suo dovere egregiamente ma senza poi riaffacciarsi nei pensieri del giocatore con qualche brano sopra la media.
Verdetto
8 / 10
Aspettiamo il sequel: Articolo Trentunos
Commento
Pro e Contro
✓ Novità pesanti e funzionali al genere
✓ Fondali ben realizzati
✓ La sfida non manca...
x ... La co-op si
x Qualche navetta extra non ci sarebbe dispiaciuta
#LiveTheRebellion