Recensione Call of Duty: Black Ops III

Fin dai tempi di Call of Duty 3 la serie di Activision ha visto alternarsi allo sviluppo due studi diversi: da una parte Infinity Ward, padri della serie e soprattutto autori dei tre Modern Warfare (e del dimenticabile Ghosts), dall’altra Treyarch, autrice oltre che dei due capitoli “dispari” dello sparatutto anche della serie Black Ops. Ed è proprio di Black Ops che oggi torniamo a parlare, in occasione dell’uscita del terzo capitolo della saga (arrivato a tre anni di distanza dal secondo): la pausa avrà fatto bene allo sviluppatore californiano?

Versione testata: Playstation 4

 

Nota: come nostra abitudine iniziamo la recensione spendendo qualche parola a proposito della campagna. C’è da tenere comunque presente che questa modalità è presente solo nelle versioni per PC, Playstation 4 ed Xbox One, lasciando escluse le macchine della vecchia generazione (PS3 e Xbox 360).
 

Tavolo per quattro
Se Modern Warfare 2 diceva “War never changes”, in Black Ops III le cose sono diverse
La modalità campagna di Black Ops III immerge il giocatore in un futuristico 2065 dove, a differenza di quanto affermava il Generale Shepherd in Modern Warfare 2, la guerra è cambiata: la tecnologia gioca infatti adesso un ruolo chiave nel campo di battaglia, che a causa del sistema DEAD (Directed Energy Air Defence) è tornata a svolgersi prevalentemente via terra e fa ampio utilizzo di unità di combattimento robotiche e innesti cibernetici su corpi umani. A causa di una missione terminata in tragedia il protagonista (creato dal giocatore tramite un editor in-game non particolarmente sofisticato) dovrà sottoporsi ad uno di questi trattamenti, vedendosi installare un’interfaccia neurale diretta che oltre a salvargli la vita gli permetterà di lavorare più efficientemente con il resto della sua nuova squadra, coordinandosi attraverso questa DNI.

Torna il multi giocatore nella campagna, che però non entusiasma con la sua narrazione molto “spiegata”
Dopo diversi capitoli in cui la modalità campagna era giocabile solo in singolo, Black Ops III permette a distanza di 7 anni da World at War di affrontare le sei-otto ore dedicate alla storia assieme ad altri giocatori (sia in schermo condiviso con un altro giocatore che online assieme ad altri tre soldati). Non solo: al termine della “prima” campagna si aggiunge inoltre la possibilità di giocare nuovamente il tutto in modalità Nightmare, una sorta di versione alternativa a tema zombie dove peraltro le abilità a disposizione nella controparte “classica” (ne parleremo meglio tra poco) non sono così liberamente fruibili. Contenutisticamente quindi Black Ops III non si limita semplicemente ad apparecchiare per quattro, ma imbandisce una tavola dove c’è da mangiare in quantità: abbondanza che purtroppo si paga sul fronte qualitativo, a causa di una narrazione che soffre il confronto a distanza con le precedenti uscite della serie e che soprattutto ricorre troppo spesso a lunghe spiegazioni che cercano di tirare le fila della trama, col risultato di spezzare spesso e volentieri il ritmo.

Neuromante
La campagna ludicamente da il suo meglio se giocata in quattro
A salvare in parte la campagna dai difetti che la affliggono sul fronte narrativo interviene l’impianto ludico di questa modalità, che da il suo meglio quando si gioca assieme ad altri tre compagni (e magari ad un livello di difficoltà elevato): oltre alle abilità “standard” del proprio soldato che permettono di mirare, sparare, saltare e muoversi correndo, Black Ops III mette a disposizione del giocatore tre rami di Cyber Nuclei che permettono l’accesso durante la partita ad abilità particolari. Fino al ventesimo livello sarà possibile utilizzare solo uno di questi skill tree alla volta, scelta che nell’ottica di affrontare l’esperienza con altri giocatori spinge ciascun soldato a scegliere un ramo e a specializzarsi in quello: Controllo, il nome parla da se, permette di prendere il comando di droni e torrette nemiche per utilizzarle (anche a distanza di sicurezza nel mezzo delle linee nemiche) per liberare il campo; Marziale si concentra invece sugli attacchi fisici, consentendo attacchi rapidi e furtivi ai danni degli avversari, mentre infine Chaos sblocca l’accesso ad abilità capaci di stordire e confondere i nemici, facendo vomitare i bersagli umani o simulando attacchi aerei inesistenti. L’impostazione come detto appare studiata appositamente per la cooperativa, ed è capace in queste circostanze di regalare delle missioni ludicamente riuscite (pur senza mai brillare per storia e contenuti).

Torna Dead Ops Arcade
Oltre alla campagna “classica” e a quella Nightmare, è presente inoltre il classico gioco-dentro-il-gioco, questa volta in riferimento ad uno degli extra del primo Black Ops: è infatti possibile giocare allo sparatutto dual stick Dead Ops Arcade 2, che riprende le vicende del primo Dead Ops Arcade e dal capostipite mutua la maggior parte delle meccaniche, differenziandosi soprattutto grazie ad extra come potenziamenti (segnaliamo in particolare quello che sposta l’inquadratura dal classico “volo d’uccello” portandola in soggettiva e rendendo tutto uno sparatutto in prima persona).

Brains!
La modalità Zombie non delude: il tutto tende più verso il “survival” e le piccole novità funzionano
Vero e proprio marchio di fabbrica dei capitoli firmati da Treyarch, anche in Black Ops III non poteva mancare l’iconica modalità zombie, che anche in questo caso va a riabbracciare di forza il multigiocatore specie per quanto riguarda lo split-screen locale, permesso fino a quattro giocatori (a patto di sacrificare due bande laterali dello schermo). Il canovaccio è grossomodo il solito e le meccaniche rispetto al resto del pacchetto ludico tendono più verso il “survival” e l’utilizzo ragionato di munizioni, potenziamenti e del credito accumulato, utilizzabile per sbloccare nuove armi o rinforzare le proprie difese contro i non-morti. L’obiettivo è quello di sopravvivere alle ondate di morti viventi round dopo round, questa volta però potendo contare su una mappa decisamente più estesa rispetto a quelle affrontate nel passato e a qualche piccola variazione sul tema come la trasformazione in una creatura tentacolata che può dare battaglia agli zombie sia frustandoli che lanciando fulmini, che permettono anche di attivare strategicamente i vari apparecchi elettronici disseminati per l’area, utili per garantirsi vantaggi. Tagliando corto, questa modalità si dimostra in tutto e per tutto in linea con la tradizione dei capitoli battenti bandiera Treyarch, ed aggiunge un discreto numero di ore e contenuti al totale complessivo.

Sempre con quel fucile in mano
Tantissime possibilità per il proprio soldato, senza rimetterci nulla per quanto riguarda l’equilibrio
Già da tempi non sospetti la modalità principe di ogni Call of Duty che si rispetti è quella competitiva online (per quanto, come già detto per la modalità Zombie, Black Ops III riporti lo split-screen anche in questa parte del multigiocatore dopo una colpevole assenza prolungata). L’ultima fatica di Treyach non fa ovviamente eccezione e, prendendo in prestito gli aspetti più riusciti dell’azione frenetica di Advanced Warfare (che a sua volta aveva imparato la lezione impartita al genere del first person shooter da Titanfall) impreziosisce il tutto grazie a quanto appreso dalla casa californiana durante le passate esperienze. Il sistema che permette di assemblare le classi è il classico Pick 10 introdotto da Black Ops II, che “di base” permette di scegliere 10 componenti tra arma principale, secondaria, relativi accessori e tre abilità ma che grazie alle Wildcard permette, sacrificando di fatto due slot (uno per la carta jolly e uno per il componente vero e proprio), di portare sul campo di battaglia “pezzi” aggiuntivi. Si può rinunciare ad una (o a entrambe) le granate secondarie per garantire più accessori alle due armi, o ancora rinunciare a qualche accessorio per utilizzare più abilità della stessa categoria alla volta. Sopra al Pick 10 si va ad innestare la novità degli Specialisti, nove personaggi (non tutti accessibili da subito) dotati di due abilità uniche, tra cui poi il giocatore dovrà scegliere per decidere quale sfruttare durante la partita. Da questo punto di vista ce n’è per tutti i gusti, dal classico arco con le frecce esplosive fino ad abilità più strategiche come il Rejack (una sorta di resurrezione, a conti fatti molto simile alla classica infiltrazione tattica) o alla possibilità di creare tre proprie copie capaci di muoversi autonomamente per attirare l’attenzione del nemico, dal lanciafiamme ottenibile raggiunto il livello 46 all’Overdrive che permetterà al soldato di muoversi molto più velocemente per un dato periodo di tempo. Pad alla mano la sensazione è che, pur con qualche eccezione (come il citato Rejack) ogni abilità riesca a trovare una sua ragion d’essere in una delle tante modalità messe a disposizione dagli sviluppatori; l’Overdrive sicuramente ha un appeal molto più alto quando ci si cimenta in Cattura la Bandiera, così come le Gravity Spikes (che fondamentalmente dopo un balzo colpiscono l’area attorno al giocatore) possono fare bei danni soprattutto nelle partite “tutti contro tutti”.

Peccato per i troppi muri invisibili nelle mappe
Ad ogni modo ogni aspetto introdotto da Treyarch concorre nel rendere Black Ops III decisamente più frenetico e, se vogliamo, adrenalinico rispetto ai passati capitoli: si gioca sempre con l’arma pronta a far fuoco, sia che si stia saltando qualche muro o scalando qualche ostacolo (sotto questo punto di vista purtroppo va segnalata una presenza spesso ingiustificata di muri invisibili, che lasciano parecchio amaro in bocca) che quando si utilizza la classica scivolata in corsa, qui potenziata dal jetpack in dotazione al proprio alterego sul campo di battaglia. In tutto questo, nonostante come detto le possibilità e le combinazioni si sprechino, il tutto risulta bilanciato egregiamente, anche perché nessuna ricompensa per le uccisioni (in realtà legate ai punteggi, quindi contano anche assist, mine nemiche distrutte e varie ed eventuali legate alla modalità) ci è sembrata particolarmente invasiva come invece potevano essere i famigerati cani di World at War e del primo Black Ops. Dispiace solo che il corpo a corpo non uccida più sul colpo, a meno di utilizzare il coltello come arma secondaria, andando un po’ in controtendenza con il resto delle scelte ed in questo caso calando un po’ i ritmi quando si arriva corpo a corpo.

La guerra è cambiata?
Al solito, la fluidità viene preferita alla resa visiva
Dal punto di vista tecnico, quantomeno sulla versione Playstation 4 da noi provata, Black Ops III si dimostra all’altezza della nomea della serie ed offre un quadro che non spinge particolarmente sull’aspetto visivo del tutto, ricambiando però con una fluidità pressoché assoluta anche quando si gioca in quattro sulla stessa console (con l’unico neo, come detto, rappresentato dalle bande nere laterali che compaiono in questi casi). In pratica nulla di nuovo sul fronte occidentale rispetto agli anni passati, ma sono scelte sicuramente funzionali a quelle che sono le caratteristiche del prodotto, che fa della velocità di manovra (specie quest’anno) la sua missione personale.

Verdetto
8.5 / 10
E il treno fa BOOM
Commento
Eccettuati i difetti legati alla campagna, ludicamente capace di divertire (specie in cooperativa) ma troppo inframezzata da spiegazioni di raccordo, Black Ops III è uno dei migliori capitoli di Call of Duty degli ultimi anni: Treyarch ha inserito su disco davvero tanti contenuti, dalle due campagne fino alla classica modalità Zombie, passando per extra come la Free Run fino ad arrivare alla portata principale del multigiocatore, decisamente in forma e egregiamente bilanciato (i cani di WoW e del primo Black Ops sono un lontano ricordo). Insomma, lo studio californiano, forte di anni di esperienza dietro la serie, ha fatto un ottimo lavoro.
Pro e Contro
Tantissimi contenuti
Multiplayer ben bilanciato
Torna lo split screen per 4 giocatori

x Campagna narrativamente sottotono
x Graficamente non spettacolare

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