Francesco Alteri

Speciale Run ‘n’ Gun e la più genuina delle sfide

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La precisione. La perfezione di ogni singolo momento, sparo, passo, schivata.

Ci sono alcuni videogiocatori che cercano proprio questa sfida. Non è obbligatorio, non è qualcosa che tutti vogliono, è un desiderio, è una parte del grande insieme chiamato “videogioco”. Quel desiderio di diventare sempre migliore del secondo passato prima. Imparare i pattern dei nemici quasi come fossi loro alleato. Conoscerli in ogni loop, in ogni script. Azzerare quell’insieme di possibilità che è il videogioco. Diventare colui che scrive la storia del videogioco contro la sua volontà. Tutto questo è possibile in tantissimi generi ma in particolare in quella tipologia di giochi così squisitamente arcade chiamati Run ‘n’ Gun.

Diventare colui che scrive la storia del videogioco contro la sua volontà

Mi ha colpito tanto del libro di Bitmap Books chiamato, non con molta sorpresa, “Run ‘n’ Gun a history of on foot shooter” proprio questo concetto di precisione, di sfida al punto giusto. Perché è vero, siamo abituati ad una varietà di giochi diversi ormai e questo è un bene, ma una cosa accomuna tutti quanti: quando c’è una sfida le ingiustizie ci fanno incazzare. Chi cerca la difficoltà non vuole perdere per una hitbox sbagliata o per un pattern illegibile; vuole perdere perché non è ancora abbastanza bravo. Vuole quel margine di miglioramento. I Run ‘n’ Gun in questo sono perfetti: Bullet Hell, Score Point alla fine del livello, boss fight iconiche e perfettamente leggibili. Non sono ne troppo facili perché se lo fossero dovresti solo correre da una parte all’altra della mappa dimostrando tutte le fragilità di un genere che è ormai diventato quasi la base del videogioco; ma nemmeno troppo complessi perché sarebbero impossibili da affrontare e imparare. 

E sull’iconicità bisogna soffermarsi un attimo, perché nel testo di cui sopra sia Inafune (praticamente il papà di Megaman, o quasi), sia i fratelli Moldenhauer (coloro che hanno partorito quella perla di Cuphead) parlano di come il pixel perfect dei Run ‘n’ Gun si sposi alla perfezione con il design dei nemici ma in particolare dei Boss. Questo perché queste sezioni ti devono rimanere impresse, devi memorizzarle nella testa e nei muscoli; e quindi questa ricerca della precisione, questi che apparentemente sembrano paletti, diventano la fucina delle idee per uno dei generi con i migliori boss della storia del medium.

Chad e Jared Moldenhauer in particolare, hanno scritto un testo di una genuinità disarmante. Di una dolcezza e di un amore per i videogiochi che ho visto difficilmente. Parlano di come Contra, forse il gioco che insieme a Metal Slug più incarna lo spirito del genere, abbia influenzato le loro vite creative e non. Il desiderio di giocare insieme per affrontare sezioni sempre più difficili. Per arrivare ai titoli di coda dopo giorni di sconfitte. E poi di come hanno riversato tutta la loro passione e conoscenza in quello che è il titolo moderno più conosciuto e riconosciuto del genere. 

E di questa voglia di sfida non troviamo esempi solo negli esponenti degli anni successivi ai grandi capostipiti, ma anche in titoli come Doom di Id Software, con il suo punteggio, la sua voglia di correre e sparare in giro anche se non più in scorrimento orizzontale; in titoli come The Binding of Isaac che prendono il bullet hell e gli oggetti e ci mischiano il roguelike, mantenendo però quel gusto di cercare e trovare la boss fight perfetta. Ma si può trovare anche in titoli distanti come Hotline Miami che nel suo loop di gameplay vuole quella sfida, vuole quel correre e sparare; o anche in giochi come Bloodborne che perdono tutto il loop di gameplay, ma mantengono la schivata perfetta, l’attesa, l’imparare i pattern e il colpire al punto giusto, ancora una volta, boss che rimarranno per sempre nella memoria di chi lì ha affrontati. 

Sarà un po’ per la mia passione per le speedrun, sarà perché amo i videogiochi così tanto da aver bisogno di cercare la perfezione per apprezzarli fino in fondo, sarà perché quando gioco mi piace correre, sbagliare e riprovare: ma i Run ‘n’ Gun anche se sono arrivato troppo tardi per viverli al meglio, mi sono entrati nel cuore e sono contento che Bitmap Books abbia fatto una raccolta così dettagliata e speciale, perché oltre all’indubbia necessità di opere del genere per la preservazione e la diffusione della cultura del e intorno al medium; ha riacceso in me la voglia di tornare a giocare in un periodo che causa lavoro o forse per il caldo non mi trasmetteva l’energia giusta per accendere il PC o una console e rituffarmi nello studio, nella ricerca…

… nella sfida contro il gioco e contro me stesso. 

Questo contributo è stato originariamente pubblicato come parte de La Voce della Ribellione, la newsletter di Gameromancer.

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