Ed eccomi qua, dopo l’ennesima esperienza videoludica che mi lascia con mille domande, che però non riguardano l’opera stessa ma quel boss ineffabile che ha più vite di Ganon, quello che sono consapevole di non poter sconfiggere ma di poterci solo convivere: me stesso.

Mi sento un po’ come Naruto con Kurama.

E allora via per un’altra girandola esistenziale con quel prostituto del mio inconscio che mi porta via 70€ l’ora.

Dons: «Buonasera, dottore.»

Dottore: «Bentornato, si accomodi pure. Non ci vediamo dal suo ultimo viaggio nell’interregno.»

Il solito posto mi aspetta, come al solito mi sembra una sedia elettrica pronta a scuotermi nel profondo.

Dons: «Già. Nel frattempo ho fatto anche un bel giretto a Krat, ma questa è un’altra storia.»

Sorride incuriosito.

Dottore: «Interessante, allora cosa la turba? L’ho sentita un po’ agitato al telefono.»

Dons: «Sì dottore, sono abbastanza agitato perché sento di mentire a me stesso.»

Posizione d’ascolto mode on con sguardo dritto verso di me.

Dottore: «Come mai questo pensiero? Cosa lo ha fatto scattare?»

Dons: «Non mi è piaciuto Pentiment! Io ci ho provato ma davvero non sono riuscito ad andare oltre più o meno metà. Sono un mostro, lo so.»

Le mie mani sfregano come se stessi accendendo un fuoco da campo.

Dottore: «Vabbè non è grave. A me è piaciuto comunque eh, non per mettere il dito nella piaga.»

Grazie, doc.

Dons: «Ma no si figuri. Il problema non è tanto che non mi sia piaciuto, quanto il fatto che io non accetti che non mi sia piaciuto.»

In testa mille pensieri si danno battaglia tanto da sentire la voce del dottore quasi ovattata.

Dottore: «Si spieghi meglio per favore.»

Respiro profondo e si va…

Dons: «Aaah da dove comincio. Allora… lei sa che io videoludicamente sono abbastanza onnivoro. Non mi accontento dei AAA, ma comunque li gioco se mi interessano. E non sono uno di quelli che o è indie fatto da uno studio in un vault della Norvegia o nulla, però non disdegno affatto piccole produzioni.»

Dottore: «Beh questo è positivo, no?»

Dons: «Si lo penso anch’io. Il problema si pone nel momento in cui un gioco non mi piace. Se è un AAA non mi faccio problemi a smontarlo pezzo per pezzo, mentre quando è un indie o piccola produzione che per giunta è stato adorato dalla mia bolla di conoscenze il discorso cambia.»

La sua penna scrive senza che nemmeno abbia bisogno di guardare il foglio.

Dottore: «Capisco, vada avanti.»

Dons: «Mi sento sbagliato, sento di essere io mancante di qualcosa e non l’opera.»

Dottore: «Perché secondo lei?»

Dons: «(Ah maledetti perché) Ecco vede, è difficile accettare di non essere allineato al giudizio di persone che stimo tantissimo, allora ho capito di essere un cazzo di conformista anche se faccio il comunistello. Cosa cambia tra me e chi pensa che un AAA sia sempre oro? Nulla, anzi io sono peggio perché nemmeno ho il coraggio di ammetterlo.»

Dottore: «Il problema è che lei pensa che un’eventuale divergenza di vedute invece che creare un dibattito crei una divisione, che la porterebbe a sentirsi tagliato fuori.»

Sento le mie tempie pulsare.

Dons: «Ma allora perché con le grandi produzioni questo problema non me lo pongo?»

Dottore: «Perché quella è una gabbia da cui si è liberato e le affronta con libertà intellettuale, ma il rischio di cadere in un’altra gabbia seppur opposta è sempre dietro l’angolo. La vera libertà è la capacità di passare da un contesto all’altro rimanendo se stessi, anche se questo a volte comporta diversità di vedute.»

Dons: «Si ma reputo queste persone di mente molto aperta… perché quella paura nell’accettare di avere un punto di vista diverso?»

Io e la gestione dei rapporti, due rette sempre parallele.

Dottore: «Perché il problema come al solito non sono le persone, ma la visione che lei si crea, che paradossalmente non corrisponde a quello che lei pensa di queste persone. Perché come ha appena detto, sa che sono di mente aperta e avvezze al dialogo.»

Dons: «Mamma mia il mio inconscio è più deviatamente variegato dei font usati in Pentiment, oddio quanto vorrei mi fosse piaciuto.»

La mia mano scorre pesante e lenta sul mio viso.

Dottore: «La prego non si disperi così. Piuttosto che pensare a questo, pensi al perché non gli è piaciuto e vedrà che tutto sarà più chiaro.»

Il perché, ancora il maledetto perché, come possa una parola di sei lettere essere il passepartout di qualsiasi porta mentale per me rimane un mistero.

Dons: «Ok, mi calmo e ci provo. Partiamo dallo stile grafico, oggettivamente un gioiello artistico però completamente fuori dalle mie corde. Ne percepisco la bellezza ma il tutto si ferma agli occhi, dentro non mi smuove nulla.»

Dottore: «Sa, a volte è necessario essere in grado di comprenderla la bellezza, non solo di contemplarla. Questo è dettato da diversi fattori – cultura, passioni, inclinazioni ecc ecc. – che probabilmente in questo caso non corrispondono a quelli del suo essere.»

Dons: «Questo è un concetto che possiamo applicare anche al prossimo aspetto credo. Riguarda sempre la grafica, hanno avuto la carinissima idea di utilizzare font diversi per i caratteri nei dialoghi, in base alla cultura, al ceto sociale e anche allo stato d’animo dei personaggi.»

I suoi occhi si illuminano, è ovvio che a lui questa cosa l’abbia gradita ben più del sottoscritto.

Dottore: «SI, scelta molto interessante e anche funzionale al contesto.»

Dons: «Sicuramente, solo che a me di una roba del genere non potrebbe fregare di meno, e quindi ritorniamo al discorso di prima: bello ma anche sticazzi per me, scusi il francesismo.»

Lo sticazzi è terapeutico, basta dirlo che mi sento più leggero.

Dottore: «Non si preoccupi, è segno che si sta liberando, butti via tutto senza filtri.»

Dons: «Passiamo alla cosa che più mi è dispiaciuto non apprezzare, la storia

Dottore: «È un thriller molto coinvolgente.»

Dons: «Ecco appunto, era uno dei motivi principali che mi spingeva ad andare avanti. Ma davvero non sono proprio riuscito ad immergermi, nonostante il tutto fosse orchestrato bene.»

Il suo sguardo si fa più intenso e curioso.

Dottore: «Questo è un po’ strano, si spieghi meglio.»

Dons: «Non mi sono mai sentito dentro la storia, sentivo di osservare gli avvenimenti ma non di viverli.»

Dottore: «Come mai secondo lei? Cosa le ha impedito di entrare dentro la trama?»

Dons: «Guardi dottore glielo dirò senza girarci intorno, il protagonista Andreas mi sta sul cazzo da morire.»

Meglio non mi sarei potuto spiegare pensai.

Dottore: «I videogiochi per quanto finzione stimolano emozioni vere, come quella di non sopportare qualcuno a pelle. Quindi per quanto strano può benissimo attivarsi un processo del genere dentro di noi. Secondo lei da dove viene questa antipatia?»

Dons: «Dal suo background, mi dà fastidio. Parte alla ricerca di se stesso, per non rimanere ingabbiato nel suo destino da nobile ma comunque con le spalle, è tipo quei figli di papà che dicono agli altri “se il tuo lavoro non ti piace cambialo, prendi e parti per un viaggio ecc ecc” con tutta la leggerezza e l’inconsapevolezza di questo mondo tipica dei privilegiati del cazzo.»

Stringo le mani sulle mie cosce come cercando idealmente di trattenermi.

Dottore: «Ok ok ma si calmi, è un nervo scoperto mi pare.»

Dons: «Ho sempre odiato i borghesotti che ti raccontano di come loro vivono liberi e quanto sia facile cambiare o cercare se stessi, basta la volontà e blablabla. Insomma Andreas mi pare la Ferragni del medioevo, vedo un’ipocrisia di fondo nel suo essere che mi impedisce di entrarci in contatto.»

Dottore: «Però non mi pare faccia della retorica in quel senso durante l’avventura.»

Dons: «Nono assolutamente, infatti parlavo di background, non di azioni o dialoghi in-game, quel suo fare tranquillo e sereno derivante da una condizione agiata mi manda in bestia.»

I miei pugni chiusi dalla rabbia quasi mi sorprendono e di scatto riapro le mani come a rientrare in me.

Dottore: «Ok direi che si è spiegato abbastanza bene. Però è arrivato a più di metà gioco, cosa l’ha spinta a farlo?»

Dons: «La gestione del thriller e delle scelte penso sia una delle cose migliori e che vorrei fosse in tutte le opere simili. Nessuna sicurezza sulla bontà o meno delle scelte prese, nessuna possibilità di seguire ogni possibile pista, tutto scorre senza appello, le decisioni difficili pesano sulla nostra coscienza anche se pensiamo siano le migliori possibili proprio a causa della totale mancanza di controprove. Questo l’ho adorato e spero di ritrovarlo in altre avventure più nelle mie corde.»

Annuisce convinto.

Dottore: «Capisco, è una visione che condivido. Allora come si sente dopo aver tirato fuori tutto?»

Dons: «Più leggero e soprattutto riconciliato con me stesso.»

Anche lui si rilassa sprofondando leggermente sulla poltroncina.

Dottore: «Vede, l’apprezzare o meno un videogioco non dipende solo dall’essenza dell’opera ma da chi è lei, e in questo caso non potreste essere più diversi.»

Dons: «Grazie dottore, ma non me lo poteva dire subito?»

Dottore: «È lei che deve dire, io devo instradare. Ma soprattutto mi avrebbe dato i miei 70€ se avessimo finito in 5 minuti?»

Dons: «Ehm…»

Dottore: «Appunto. Alla prossima!»

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