Matteo Pastori

Speciale La wokeness videoludica e altre favole fantasy

È il 27 gennaio 2023. Dopo 10 anni dal fallimento di vendite di Dead Space 3, e la susseguente condanna di Visceral Games per mano di EA, il mondo può tornare a smembrare necromorfi. Il remake di Dead Space è BELLO, per una volta tenere le aspettative relativamente basse ha pagato. Moltissime cose sono rimaste invariate dall’originale, ma il gameplay meno singhiozzante e le aggiunte veramente di classe rendono questa la versione definitiva per chi vuole farsi una gita sull’Ishimura. Tra i dettagli che Motive ha centellinato nelle 13 e rotte ore dell’opera, però, uno ha fatto infuriare l’internet.

Un dettaglio che personalmente mi ero perso nella prima run. I bagni, nella nave, sono gender neutral, con annesso cartello esplicativo. Che male c’è, sorge la domanda. Assolutamente nessuno. Anzi, mi aspetto che nel 2400 dopo la venuta di Cristo, le varie manifestazioni per i diritti umani e le sacrosante proteste della comunità LGBTQA+ e alleati siano servite a qualcosa. E allora perché? Perché devo sentirmi a disagio quando in un’opera videoludica o meno vedo della propaganda progressista?

Ovviamente la parola “disagio” è un’esagerazione frutto dell’amore per il dibattito. Rappresenta in soldoni quella piccola voce nella testa che fa notare qualcosa di non comune. Quella pulce fastidiosa che ti fa soffermare quel secondo in più, quando in realtà non c’è niente da vedere. Insomma, non è neanche la parola più clickbait che potevo trovare, ma di sicuro la più comoda per rendere l’idea. Detto questo, proseguiamo.

Non tutto quello che sembra propaganda lo è

La politica

Non tutto quello che sembra propaganda lo è. Non è politica l’omosessualità di Bill ed Ellie in The Last Of Us. Da ben prima dell’ascesa del termine “Woke”, autori ed artisti abbelliscono le storie con inclusività, senza che ci sia bisogno di chiedersi il perché. Kirkman, in pochi albi di The Walking Dead nel lontano 2003, aveva già colorato l’apocalisse di varie sfaccettature di vita. È solo il primo esempio che mi è saltato alla mente, per dire che tutto ciò non è mai stata politica per loro.

È l’intrinseca ipocrisia di etichettare qualcosa come politico per poi chiedere che politica e intrattenimento restino separati, che mi lascia sempre perplesso. Come dimenticare quando i fan chiesero a Ubisoft “per favore, non rendete Far Cry 6 un gioco politico”. Far Cry. Lo stesso Far Cry che ha costruito la sua fortuna sulla formula di miliziani in rivolta contro dittature di piccola o grande scala. Quel Far Cry.

La risposta di Ubisoft è stata includere un’uccisione sulla base del misgendering di una persona transgender. Un momento che è anche passato un filo in sordina ma che, a modo suo, mi ha colpito come Dead Space. Ci sono migliaia di esempi simili, in cui l’arte prende esempio dalla vita. Non dalla politica.

Il fatto è che la politica è una bestia astratta. Tutto è politico, nulla lo è. Dipende a chi lo chiedi.

La rappresentazione

La rappresentazione invece è una cosa bellissima. Perché forse nel tuo piccolo paesino non hai mai incontrato unə ragazzə trans e l’arte ti da modo di empatizzare. Forse il motivo per cui non l’hai mai incontratə è proprio per la sua paura di essere se stessə. La rappresentazione, nel senso puro della parola, non dovrà mai essere politica.

Alla fine, non mi è chiaro cosa spaventi così tanto di questo concetto. In linea di massima, la mia libertà inizia dove finisce la tua, e questa frase l’ho vista spiattellata in vari media conservatori. Si predica la libertà di parola, magari per difendere un monologo poco felice a Sanremo dalla bocca di un comico che non centra il punto neanche a mirarlo. Si parla di “essere liberi di dire quello che si vuole”. Eppure si cade di faccia sullo stesso concetto quando la libertà viene predicata da chi viene vistə come ‘diversə’.

È qui che la domanda sopracitata mi tormenta. Come società lasciamo che sia il gruppo a decidere per noi. Siamo animali sociali, sopravvissuti alle glaciazioni e le traversate nei deserti grazie solo ed esclusivamente al nostro spirito di condivisione. È nell’indole umana lasciarsi guidare dalle masse, e se mi dicono che la teoria di gender è politica, probabilmente mi sentirò a disagio guardando i bagni di Dead Space.

Non mi capacito solo di come il bigottismo abbia vinto sul buon senso.

Dead Space Remake

Il cambiamento

Il sentirsi a disagio è però frutto di un movimento nella società. Come quando glorifichi un attacco di panico perché sai che, sotto sotto, vuol dire cambiamento in te. È normale che nei periodi di passaggio succeda di tutto. Non voglio che passi un messaggio negativo, quello che questa generazione sta facendo con proteste e manifestazioni è una manna e porterà sicuramente i suoi frutti.

La realtà è che la mentalità di gregge va cambiata, normalizzando sempre di più certi modi di essere. Ci vorrà del tempo, ma se sentirmi a disagio giocando a un videogioco è il prezzo che pago per un 2400 d.c. in cui i bagni sono gender neutral, so che siamo sulla strada giusta.

Lei ha detto: aspettiamo e basta. Possiamo rendere tutto poetico e perdere la testa insieme. Sto ancora aspettando il mio turno.

Ellie, The Last Of Us

#LiveTheRebellion