The Town of Light è una storia ambientata in Italia nella prima metà del ‘900. Narra il difficile vissuto della protagonista Renèe, una giovane ragazza alle prese con le proprie sofferenze fisiche e mentali e con il suo internamento. 

Sulle vicende della protagonista un aspetto molto interessante è la narrazione, che utilizza anche il testo scritto come canale comunicativo – ad esempio, cartelle cliniche, note e lettere. Tutti questi scritti vengono ritrovati dopo anni e conservano la traccia storica degli avvenimenti, indizi che aiutano a fare luce sui ricordi di Renèe.

Strumento principe del racconto è il diario della protagonista

Ci sono diversi modi per scrivere un diario, e non bisogna necessariamente utilizzarlo in modo cronologico rispetto alle date calendariali. Renée infatti descrive fatti e stati d’animo che ha provato nella sua vita rispettando la sequenza degli eventi, tralasciando di annotare il giorno o il mese esatto degli stessi. 

Per descrivere meglio se stessa e le sue emozioni si aiuta poi con l’utilizzo di disegni, per trasferire sul diario la parte emotiva dei suoi racconti.

È particolarmente interessante come Renèe inizia il suo diario – un passaggio che suggerisco di tenere a mente.

Mi chiamo Renèe, mi hanno detto che devo scrivere su questo diario, ma non ne ho voglia, non è vero che se scrivo sto meglio, anzi sto peggio.

Uno degli autori che nelle sue ricerche si è occupato molto del potere terapeutico della scrittura è lo psicologo James Pennebaker. Era il 1988 quando il professore insieme a suoi colleghi decise di effettuare un esperimento dove studenti universitari dovevano scrivere 20 minuti al giorno per 4 giorni

Durante l’esperimento sono stati monitorati parametri biometrici, biochimici e cambiamenti psicologici dei soggetti tramite esami di laboratorio e questionari. Furono inoltre creati due gruppi.

Il primo era un gruppo più sperimentale, dove i partecipanti dovevano scrivere sui loro personali eventi traumatici, incoraggiati ad esprimere le loro emozioni ed i pensieri più profondi. Il secondo, il gruppo di controllo, doveva scrivere argomenti più superficiali come ad esempio una descrizione della stanza in cui si trovavano.

L’unica regola era che una volta iniziato a scrivere non dovevano fermarsi.

Liberi dalla preoccupazione di commettere errori grammaticali, ortografici o altro, i soggetti dovevano lasciar scorrere il flusso del momento e narrarlo su carta. I risultati riportarono effetti positivi sul sistema immunitario e un miglioramento dell’umore nelle settimane successive all’esperimento. Era invece stato rilevato un peggioramento dello stesso nelle ore successive alla scrittura. 

Ma torniamo alla protagonista Renèe, che nell’introduzione del suo diario ci fa capire che qualcuno le ha detto di scrivere il diario e che inizialmente questo scrivere la faceva sentire peggio, proprio come accadde con gli studi di Pennebaker.

Cosa succede a Renèe? Intanto, nonostante il difficile approccio, continua a scrivere la sua storia, trasformando il diario in una sorta di confessionale. Più volte scrive di non aver raccontato ad alcuno quello che le è successo.

A nessuno... ma al diario sì.

Man mano, nel raccontarsi, Renèe comincia a descrivere anche momenti più sereni. Avviene quindi una piccola trasformazione rispetto al contenuto delle prime pagine, anche qui raggiungendo una sorta di parallelismo con la ricerca di Pennebaker.

Lo psicologo, tra i risultati pubblicati nel suo studio, si sofferma anche sulla comprensione e assimilazione di alcuni eventi narrati. In particolare quelli di una donna, che descrive diversamente le sue emozioni riguardo ad un suo vissuto. Con il passare del tempo, la narrazione procede attraversando un senso di colpa il primo giorno e la rabbia il terzo giorno, per poi trovare il quarto giorno di scrittura un nuovo punto di vista sull’accaduto.

Questo processo rappresenta una delle ipotesi riguardo i benefici della scrittura, e cioè che tramite questi artefici la persona può in qualche modo riorganizzare il pensiero di un certo vissuto.

Tra i vantaggi del diario c’è sicuramente il fattore tempo, ovvero si può scrivere tutto d’un fiato oppure utilizzare tutta la calma di cui si necessita. Si possono prendere delle pause, come anche scegliere il momento della giornata in cui scrivere.

Inoltre, come anche Renèe ci ricorda, utilizzando l’elaborazione dei propri contenuti mentali attraverso il diario si possono descrivere le proprie sensazioni. Anche disegnandole, utilizzando una rappresentazione grafica che può essere diversa dai grafemi abitualmente intesi ma ugualmente potente

Esistono oggi molte attività a cui l’uomo si dedica che non possono essere intese come sostitute delle terapie puramente mediche, ma che sono di enorme rilevanza. Questo perché, come anche nello studio del dottor Pennebaker, è dimostrato che contribuiscono al benessere, agiscono sulla psiche, permettono di superare blocchi emotivi e difficoltà pratiche.

In questa nostra accezione ci si riferisce a quella specifica modalità di scrittura che promuove la strada della consapevolezza di sé, permettendo al contempo di portare a nuova luce quelle oscure e indicibili ombre che spesso albergano in noi. La scrittura può evocare in chi scrive una serie di riflessioni che impattano sulla propria consapevolezza di sé e della vita qui ed ora, a patto però che si presti attenzione alle proprie parole ed al proprio sentire.

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