Se c’è una cosa su cui il 2020 non ha potuto aprirci gli occhi a sufficienza è l’enorme industria dei videogiochi. Ovvero, quanto effettivamente i videogiochi non vengano riconosciuti come l’industria che hanno alle spalle. Di PlayStation 5 non se ne trovano più, come pure di XBox Series X ed S seppure le vendite siano state inferiori. Switch non è stata da meno, nonostante il suo aspetto “Gameboyoso” la faccia passare per una console di serie(s) B.
Abbiamo
numeri alla mano, numeri che ci raccontano di come l’intrattenimento digitale
abbia fatto faville in un anno difficile. Fisiologico, perché senza nient’altro da poter fare siamo tutti quanti corsi ai ripari dietro il più flebile segnale di escapismo che abbiamo captato.
Animal Crossing ha attratto fan prima improbabili,
Pokémon GO versione quarantena ha riportato indietro vecchi abbandoni… e chi più ne ha più ne metta.
Dal lato umano i videogiochi sono stati una salvezza, più che una distrazione. Ma fate e folletti non macinano denaro. Quindi è proprio su questo che baseremo il discorso –
sui soldi sonanti.
Sul lato economico i videogiochi sono una vera industria
In soldoni si parla di circa 140 miliardi di dollari. Ovviamente non tutti hanno comprato una console. Moltissimi si sono
ingegnati con lo smartphone che avevano a disposizione per una rapida distrazione dall’isolamento.
PUBG,
Fortnite,
Pokémon GO, svariati i nomi – non dimentichiamo
Among Us, anche se la mania è esplosa a fine quarantena. Tutti nomi che sebbene già noti quest’anno sono stati un po’ sulla bocca di tutti.
Proprio per questo
qualcuno ci ha “monetizzato”. Voglio fare un raid in
Pokémon GO con gli amici ma non posso uscire di casa. Soluzione? Compro a un solo euro un pass remoto. Un euro un giorno, un altro un po’ più in là: saranno poco ma il totale ammonta a
1 milione di dollari speso dai giocatori nel solo 2020. Pensare che l’anno della quarantena sia stato il migliore dal lancio per un titolo da giocare fuori casa fa strano, lo è però un po’ meno perché ovviamente non si può abbandonare così un investimento. Insomma, gli impegni pro “stay at home” del producer hanno ripagato eccome.
Ora invece guardiamo ai profitti di un nome più piccolo come
Among Us che costa “soltanto” quattro euro, ma che a differenza di GO è disponibile su tutte le piattaforme. Il gioco ha avuto un’impennata di download al termine della scorsa estate – si parlava di
18.4 milioni di download ad agosto
secondo Gamesindustry, il 661% in più di quelli di luglio.
No,
non sto dimenticando Fall Guys: Ultimate Knockout. Ne abbiamo sentito parlare un po’ tutti: al lancio dello scorso agosto si è registrato un picco di utenza così elevato da costringere il team di sviluppo a chiudere temporaneamente i server per manutenzione. A dicembre
i download totali ammontavano a
11 milioni soltanto su PC, e il gioco aveva già radunato attorno a sé una community riunita anche da tornei periodici come
Fall Mania.
I videogiochi possono essere un salvagente economico
Come già accennato
il successo del 2020 non è affatto impensabile, anzi. Anche giochi più di nicchia come
Animal Crossing: New Horizon hanno trovato terreno fertile nelle monotone giornate di quarantena. La ricerca di fonti di svago ed evasione hanno attirato la nostra attenzione ovunque, e hanno spinto almeno alcuni team di sviluppo ad adattarsi.
Nel 2020 il mondo si è fermato,
tranne i videogiochi. Lo sport era vietato, come pure il cinema e le aggregazioni delle forme anche più banali come un caffè da un amico.
Chi non ha smesso un solo attimo di lavorare – spesso anche in condizioni riprovevoli – sono proprio i videogiochi. Certamente questo ci interessa nella viziata ottica per cui “voglio giocare”, o nel ben più umano “voglio scappare da qui ma non posso uscire di casa”.
Ma dovrebbe interessarci anche perché, se tutto il Paese è fermo,
pochi settori sono in grado di mandarlo comunque avanti. E i videogiochi sono uno di questi, un’industria che oltre a macinare profitti per il Paese crea un modo per noi di fuggire. Su un’isola tranquilla come in un mondo post-apocalittico in cui ci viene sbattuto in faccia il marcio che c’è nel nostro esistere.
Servono elementi a supporto di una tesi, giusto? Un grafico forse può far comodo. Dagli anni ’70 ad oggi questo piccolo ma ciclopico universo è cresciuto a dismisura. I videogiochi sono passati da un passatempo da sala giochi e bar al mare, ad un’industria vera e propria. In grado di sostentarsi da sola e di aiutare anche il resto della nostra realtà a farlo nei momenti più critici.
Ad un’analisi obiettiva dei dati, un’industria capace di tutto questo certamente non può passare inosservata. I videogiochi possono avere
le applicazioni più disparate, e molte sono ancora da esplorare – come la realtà aumentata. Anche la politica non nasconde interesse, sfruttandola come medium di contatto con dei giovani sempre più disinteressati al loro complicato mondo. Certo ha i suoi lati oscuri e molta immondizia da buttare prima di poter essere idolatrata senza discussioni, ma
la sua crescita non può essere ignorata.
#LiveTheRebellion