Il governo di Nuova Delhi ha messo un ban sul gioco PUBG Mobile, pubblicato dalla compagnia cinese Tencent e creato da PUBG Corporation, provocando un danno economico alla prima di 34 miliardi di dollari, un colpo che nemmeno un colosso cinese del gaming mobile può sopportare senza fare smorfie.

L’ultimo atto della guerra di confine.

Il ban da parte dell’India del famosissimo e tanto discusso Battle Royale, Player Uknown Battlegrounds, arriva insieme ad una comunicazione del governo indiano in cui si elencano altre 200 applicazioni mobili, che da questo momento in poi saranno vietate nel sub-continente delle Indie. La motivazione ufficiale, a detta dei portavoce, è che queste applicazioni possano provocare un danno alla società Indiana, e che in particolare PUBG sia troppo violento e sanguinoso per essere distribuito sui cellulari dei cittadini Indiani, senza limitazione.

Quello che ha fatto però alzare il sopracciglio agli analisti e ai critici di mercato mondiali, è che tutte le 200 applicazioni bannate dal governo Indiano, sono di produzione Cinese. Impossibile non seguire le briciole lasciate dal governo di Nuova Delhi, e rendersi conto, senza tanta sorpresa, che questa mossa sia semplicemente l’ultimo atto di una guerra di confine commerciale (e militare), in corso da ormai alcuni anni tra India e Cina. Motivo della disputa? La frontiera Indiana con il Tibet, e la catena montuosa dell’Himalaya, che oltre ad essere un patrimonio di bellezza naturale, possiede anche enormi riserve minerali ed energetiche di Carbone, Ferro, Rame e Bauxite, attualmente in mano al governo di Pechino.

Questa foto mostra un momento di tensione tra un Ufficiale Cinese ed uno Indiano, alla frontiera di Nathu La, tra di due paesi.
Gli scontri tra le due potenze nucleari, fatti di scaramucce militari e offensive e controffensive commerciali, ha quindi raggiunto anche il campo del gaming, dove l’India ha assestato una violenta spallata al mercato Cinese, colpendo direttamente il colosso Tencent (proprietario al 100% di Riot Games e Supercell, sviluppatori rispettivamente di League of Legends, e di Clash Royale).

La grande ritirata.

Il colpo in questione ha creato turbamenti e scossoni in tutto il gruppo cinese Tencent, ripercuotendosi anche sulle società sotto il suo ombrello e affiliate, che si sono date ad una grande ritirata. Per questo motivo, PUBG Corporation ha deciso di rimuovere Tencent come riferimento sul mercato Indiano, ed invece di dar vita ad una sua sottodivisione autonoma, PUBG India. Quest’ultima, regolarmente registrata a Nuova Delhi, ha già attivato le trattative con il governo Indiano per rimuovere il ban dal gioco, ed iniziare delle “trattative di pace” con l’entourage di governo Indiano.

L’approvazione della sospensione del ban su PUBG è al momento in stand by, in attesa ancora del parere a riguardo da parte del MeitY, il Ministero dell’Elettronica e della Tecnologia Locale. Che il ban venga rimosso o meno, l’India ha però raggiunto il suo scopo, infliggendo un colpo al fianco scoperto del gaming alla Cina, che gli è già costato una partnership da 34 miliardi di dollari.

La Guerra Mondiale del Gaming

Il colpo a Tencent è però più grave di quanto sembri, e viene da tutti i fronti, anche quello domestico. Tra gli stati, difatti, che hanno applicato un ban su PUBG, sono inclusi anche Pakistan, Afghanistan, Nepal, e (rullo di tamburi) la Cina. Il patron di casa di Tencent ha quindi preso le distanze dal colosso cinese, in una mossa azzardata, e che ha lasciato perplessi molti analisti. Con l’aggiunta del ban cinese, PUBG Mobile, al momento, si vede reclusa la possibilità di raggiungere ben 3 miliardi di persone tra i quattro paesi, cioè sostanzialmente, un terzo della popolazione mondiale.

Una scaramuccia locale si è quindi presto trasformata in una Guerra Mondiale del Gaming, in cui si assiste a colpi di mano, alleanze farlocche, e tradimenti dell’ultimo minuto. Una storia che non manca di drama, e di carne al fuoco, quindi. Se prima per dare il via ad una Guerra Mondiale serviva assassinare almeno un principe ereditario, ora sembra che basti un ban ad un gioco mobile, ennesima dimostrazione che il mercato del gaming ha molta più forza, e leva finanziaria, di quanto sembri.

Dall’ultima Guerra Mondiale, a questa, sono cambiate un po’ di cose. Nell’ultima, quando suonava la sirena d’allarme, voleva dire che stavano per piovere bombe. Ora, la sirena suona quando dal cielo piovono ban.

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