In-game advertising, il peculiare rapporto tra videogiochi e merendine

I videogiochi non sono nuovi al concetto di in-game advertising. Se non doveste masticare l’inglese (pun intended due volte), si tratta di inserire pubblicità di prodotti reali dentro i videogiochi. Non ce ne accorgiamo spesso perché il rapporto è sottile, a parte quando la Kinder e Ferrero si pubblicizzava sviluppando i proprio videogiochi. Ma sì, vi ricordate i Magotti? O i Lunes? Fun fact: proprio la Kinder e Ferrero ora mette le mani in pasta dentro Final Fantasy VII Remake. Butterfinger, Baby Ruth o CRUNCH: comprate una di queste e Ferrero vi regalerà strumenti di gioco e un tema dinamico nel remake del Final Fantasy obiettivamente più bello di sempre. (non si accettano pareri discordanti)

Square Enix non è affatto nuova alla pubblicità in-gioco. Final Fantasy XV, ad esempio, faceva dei pasti una meccanica importante – su cui tra l’altro si fondava uno dei personaggi. I Cup Noodle che trionfavano addirittura nei cartelli pubblicitari del gioco sono reali, se non lo sapeste. La collaborazione di cui parliamo in questa sede, quindi, forse era solo questione di tempo. Un po’ come quando due persone fanno la stessa cosa a mezzo metro di distanza, poi si guardano e si dicono: “Ma come ho fatto a non pensarci?

Merendine e videogiochi: la panza è prima di tutto uno stato mentale. - chiaramente Osho.

Nel pluricitato Death Stranding di Kojima, sugli scaffali da qualche mese, il protagonista può recuperare energia durante una lunga camminata grazie ad una bevanda dal nome “Monster” – anche qui in-game advertising dell’omonima bevanda. Leggenda vuole che ad alcuni sia venuta voglia di energy drink a guardar bere Sam. Pensate a quanta fame di merendine e schifezze potrebbe venirvi a giocare ai videogiochi Square Enix. Chiaramente l’utilizzo dei videogiochi come pubblicità è una pratica già diffusa da tempo, ora sfruttata su un piano più subliminale che esplicito.

Due situazioni abbastanza differenti.
in-game advertising
Videogiochi e realtà Non solo merendine per unirli
Da un lato videogiochi basati sulle merendine e dall’altro videogiochi con dentro merendine, due approcci diversi per Kinder e Ferrero. Saranno cambiati i tempi, sembra ci si stia spostando sul sempre meno invasivo. Una pubblicità in-game, insomma, proprio come il nome suggerisce: non un videogioco per le merendine, ma delle merendine nel videogioco. Un modo per avvicinare i personaggi virtuali al nostro mondo. Non contenti di averli super realistici, non siamo più soddisfatti di mondi simili al nostro, e cibiamo i videogiochi delle nostre stesse merendine.

Ma dobbiamo preoccuparci di sto in-game advertising? In fondo si stanno lanciando messaggi subliminali a chi gioca, spingendoli ad acquistare cose che vedono in un videogioco. E nessuno si rende neanche conto di cosa accade, d’altronde è subliminale.

In-game, out-game, c'è mai stato momento della nostra vita senza pubblicità?

Ne siamo circondati da quando ci svegliamo, quando camminiamo per strada e qualsiasi cosa facciamo. Sta di fatto che la pubblicità si fa strada nei videogiochi sempre meno a gamba tesa, più come elemento integrato che come messaggio subliminale. Il rapporto tra Ferrero e Final Fantasy, poi, sarebbe ancora meno subliminale – e diciamocelo, compreremmo tutti due barrette una volta e mai più. Stanno cercando di convincerci a comprare qualcosa? Boh, forse sì. Ma a differenza dei precedenti tentativi della stessa Ferrero, in cui i Lunotti erano solo pubblicità, qui il videogioco è immaginato come un contenitore. Ci si infila dentro la pubblicità come un extra, e niente di più.

Alla fine possono passare abbastanza inosservate, un po’ come quei sogni che non ci ricordiamo appena svegli. Dobbiamo perderci ore e pazienza tutto il giorno, e poi ci ricordiamo di quella scarpa fuori posto con il baffo della Nike che Prompto diceva di aver visto. Solo per stavolta abbassiamo lo scudo di diffidenza, dai. Il peggio che possiamo ricavarci dalla Kinder e Ferrero nei videogiochi è una tremenda voglia di Nutella.

Spoiler: Butterfinger, Baby Ruth, CRUNCH… non ne abbiamo in Italia.

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