Partiamo con le verità scomode, Final Fantasy VII Remake è puro fan service. Il gioco originale lo conosciamo tutti, lo abbiamo amato e lo amiamo ancora anche a quadrettoni. Un remake in 4K lo desideravamo più di quanto ci piaccia ammettere, e più si avvicina più siamo contenti. Una cosa però non va mai dimenticata: è bene non crearsi determinate aspettative, perché il producer sarà pure nelle nostre teste ma noi non siamo il producer. Qui entra in gioco la meccanica controversa detta fan service.
Naturalmente non è facile da concepire, e il motivo è insito nella sua stessa natura. Fatto apposta per far godere i fan (non in quel senso), può dar fastidio forse proprio perché ci aspetteremmo di essere stupiti, piuttosto che accontentati sempre e comunque. Insomma, un “non ci piace perché ci piace troppo“. Se Final Fantasy VII prende e butta via l’incarnazione più pura del fan service, quindi, da un lato è inevitabile che qualcuno se la prenda. Dai, ammettetelo che Tifa in 4K la volevamo vedere un po’ tutti – ma mai quanto Cloud vestito da donna. Non piace perché piace, piace perché non piace – tutto sommato non cambia molto, e se non capite di cosa parlo sappiate che sto per arrivare al punto.
Il fan service quindi è una lama a doppio taglio, perché dà ai fan qualcosa che apprezzano sapendo che lo apprezzano, ma paradossalmente senza garanzie che lo faranno – nel 2019 funziona così. Il pubblico, spaccato a metà tra elogi e critiche, ha in mano un’arma pericolosa che rischia di togliere ai producer ogni diritto sulle proprie creature. Sotto sotto, ma proprio sotto, ci siamo tutti stancati dei JRPG che aprono la sequenza introduttiva sbattendoci in faccia due meloni enormi, e anche di quella transumanza di ottocento Pokémon da una console all’altra. Solo che anche questo è difficile da ammettere.
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