La difficile scelta tra il moralmente e l’economicamente giusto.

Come affermavo io stesso in un articolo di poco tempo fa, noi giocatori abbiamo la fortuna (o meno) di poter esprimere quasi qualsiasi pensiero riguardo un videogioco. Specularmente potremmo anche prendere posizioni tramite un videogioco, ed è quello che cercano di fare alcune software house. Ad esempio, Blizzard dell’inclusività e libertà di opinione fa un po’ un caposaldo.

Immagino ricorderete bene come la compagnia diffuse, tempo fa, informazioni sulle preferenze sessuali di un personaggio. Per questo stupisce ancora di più quello che negli ultimi giorni “cruccia” gli utenti: uno streamer, durante un’intervista, ha espresso in maniera molto esplicita il suo supporto per i rivoltosi di Hong Kong. Il provvedimento della software house – ban con azzeramento delle ricompense – ha generato a dir poco dissenso tra gli altri giocatori (e i suoi stessi dipendenti), che in segno di protesta hanno iniziato a valanga ad eliminare i propri account. Notizia ancor più fresca il secondo provvedimento della compagnia, che per arrestare questa valanga ha bloccato in toto i servizi di autenticazione – in poche parole impedendo ad altri utenti di ritirare la propria iscrizione.

Non bisogna perdere di vista l'altro lato della medaglia.

Chiaramente tutto ciò non può passare inosservato, e accende non poco gli animi (addirittura il subreddit della software house è stato reso privato ore fa). Sì, è un comportamento criticabile, specie da una compagnia come Blizzard che dà spazio nei suoi giochi alle libertà individuali. Così, però, si finisce per giudicare azioni dettate da leggi di marketing… che si sa, sono abbastanza complicate.

Se anche i dipendenti poi si dicono non del tutto a favore, è indubbio che la decisione non sia stata molto etica. Ma in un mondo come il nostro è lecito aspettarsi che un’azienda resti sempre salda sulla stessa linea di principio? Ci sono alcune situazioni più spinose, in cui far entrare l’etica non è mai stato facile.

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