Un
omicidio organizzato in Second Life, è una notizia salita al primo posto nella
speciale classifica nera della Gamification, oltre che di quella nazionale. E’ quanto successo a Vittorio Veneto il 18 luglio scorso dove
Patrizia Armellin di 52 anni e
Angelica Cormaci, di 24 anni h
anno decretato il game over del cinquantasettenne Paolo Vaj, dapprima bastonandolo e poi soffocandolo con un cuscino.
L’interrogatorio di garanzia, oltre a convalidare l’arresto, ha svelato
il movente dell’omicidio e la natura della relazione tra le due donne, nati nel magico mondo di Second Life. Non ci vuole un genio a capire che il rapporto tra le due killer ha una natura patologica, ma la lente di ingrandimento va posta sul luogo in cui l’omicidio è stato organizzato.
Nel
la vita virtuale che le donne vivevano era nato un rapporto parentale genitore-figlio, dove
Angelica era una bambina di appena 3 anni e
Patrizia la sua mamma. La prima si era trasferita dalla Sicilia per assistere la sua
madre virtuale che si era sottoposta ad un intervento chirurgico, stabilendosi a casa sua.
Tra le mura di una casa reale, che nasconde un mondo virtuale, si è consumato il tragico epilogo.
“L’ho fatto per difendere mamy”, sono state le parole di Angelica durante l’interrogatorio, quando spiegava le motivazioni del suo gesto. La 24enne è
intervenuta in difesa della sua mamma su Second Life, aggredita dal suo compagno e finita poi con l’omicidio di quest’ultimo.
Duole dire ma n
on è il primo caso isolato nel nostro belpaese.
Nel 2013, a Udine, d
ue ragazze quindicenni uccisero il pensionato Mirco Sacher e riferirono alle Autorira queste agghiaccianti parole:
“Sembrava di essere in Gta, ci siamo sentite come l’eroe del gioco”.
Esistono dei confini, come quello tra realtà virtuale e vita reale che è meglio oltrepassare con cognizione di causa,
cercando di capire le reazioni delle proprie azioni.
La vita è una sola e non vi è alcun replay o punto di checkpoint da cui ripartire. Quello lasciamolo ai videogiochi, e solo a quello.
#LiveTheRebellion