Redazione ILVG

Speciale Sekiro è un gioco facile per masochisti

NB: In questa pagina saranno presenti numerosi spoiler su boss, strumenti prostetici e altri aspetti della storia di Sekiro, finale compreso.


Con l’uscita dell’ultimo titolo From Software, si è riacceso il dibattito sulla difficoltà e l’accessibilità, non solo nel videogioco in questione, Sekiro, ma sulla difficoltà come barriera di accesso al medium. Probabilmente negli scorsi giorni avrete intravisto su Facebook qualche episodio di questo dibattito (spesso precipitato in rissa da bar tra elitisti e nuovi giocatori spiazzati di fronte all’approccio From Software al combattimento, che forse sperimentano per la prima volta). Inizia Forbes con un articolo in cui si lamenta per l’assenza di una modalità facile su Sekiro, suscitando l’ilarità e lo sberleffo da parte di alcuni appassionati. Arrivano poi le provocazioni da parte di videogiocatori disabili che dimostrano come, nonostante pesanti handicap fisici, Sekiro sia giocabile dall’inizio alla fine, con un po’ di pazienza. Infine Forbes ritratta ed in un successivo articolo invita le persone a non insultare l’autore del primo articolo, ma ribadisce anche come una modalità facile su Sekiro sia superflua e potenzialmente dannosa.

Con tutto l’inchiostro virtuale versato, il dialogo dovrebbe essere esaurito, ma personalmente credo che, nonostante tutto, il discorso si sia retto su alcuni assunti fondamentali da ridiscutere.
Lungi dal voler attribuire a tutta la playerbase di Sekiro dei punti di vista personali, credo che, in generale, nel discutere della difficoltà del titolo, l’utente parta da questi due assunti.

  1. Esiste un’unica difficoltà di gioco ed un’unica maniera di affrontare il gioco (e questo è un bene).
  2. Una modalità facile pregiudica la difficoltà intesa dagli sviluppatori nel disegnare e bilanciare gli incontri (e questo è un male).
Abbiamo fatto molti passi avanti dall’uscita di Dark Souls nel 2011, e ora siamo abbastanza maturi da distinguere tra difficoltà naturale e difficoltà artificiale.
Con quest’ultima si indica in genere quel tipo di pericolo/ostacolo messo di fronte al giocatore che lo porta al game-over, a meno che non abbia già avuto esperienza di quel particolare contenuto in precedenza.

La definizione di difficoltà “naturale” invece è molto più nebulosa.
Quando un gioco può considerarsi difficile? La “difficoltà” è un parametro estremamente soggettivo, funzione del repertorio di abilità del giocatore.
Anche restando nell’ambito dei giochi action, c’è chi trova più difficili scontri dove i pericoli sono molti e richiedono notevoli sforzi di memoria, e altri che ritengono più difficili quelli con pochi pericoli ma che richiedono tempismo e destrezza. Sekiro riesce a riprendere quanto di meglio offerto dal primo Dark Souls nella gestione del livello di difficoltà.

L’abilità e la destrezza restano requisiti fondamentali, ma grazie ad un game design accorto si riesce ad evitare una difficoltà tecnica che può portare un qualsiasi gioco ad essere eccessivamente punitivo e ripetitivo.
Anche al suo apice di difficoltà, in Sekiro siamo lontani anni luce da situazioni come lo scontro con il Drago Antico, lo scontro con Sans nella modalità Genocide di Undertale, o sfide puramente ripetitive come la 800 dash challenge di HyperLight Drifter.
Ci sono poi oggetti e strumenti ad aiutare ulteriormente il giocatore, disposti lungo il suo cammino in maniera non casuale.
Un giocatore attento, che esplora tutte le ambientazioni, avrà diversi strumenti in più rispetto a chi si precipita sul percorso principale. Ed è qui che viene meno il primo punto sostenuto dai puristi, ovvero il fatto che esista un solo modo di affrontare l’avventura ad Ashina, e che qualsiasi semplificazione del gameplay pregiudicherebbe l’esperienza di gioco, che diventerebbe in qualsiasi caso peggiore.

Ma Sekiro ha davvero un solo livello di difficoltà?

Talismano di Kuro Una volta completato il gioco, nei NG+ e in tutte le nuove partite, sarà possibile restituire a Kuro il talismano che ci ha donato.
Provatelo per sperimentare qualcosa di molto simile ad un hard mode.

Facciamo un esempio: Il mio primo scontro con Falena (Lady Butterfly) è stato incredibilmente punitivo: oltre alla difficoltà dell’incontro stesso, visitai la tenuta Hirata prima di affrontare Gyobu Masataka Oniwa, e quindi con un livello base di Attacco, Vitalità e Postura, e con solo due usi della fiaschetta curativa. Potete immaginare il numero di tentativi necessari a batterla, e anche il mio stato d’animo quando, dopo aver battuto Gyobu e poi Genichiro Ashina in cima all’osservatorio con relativa facilità, ho compreso che Falena non era stata concepita come primo boss. Falena è il primo tentativo con cui il gioco ti comunica “sei libero di scegliere la strada che vuoi, ma non tutte sono uguali”.

Nel mio secondo salvataggio ho affrontato Falena dopo Genichiro e le Scimmie del tempio Senpou (che, grazie al Ninjutsu del burattinaio, rendono molto semplice anche lo scontro con Juzou l’ubriacone, il miniboss prima di Falena).
Oltre ad avere già due rosari completi, avevo un livello di attacco molto più alto grazie ai ricordi di 3 boss, e le cariche della fiaschetta curativa erano 6, il triplo rispetto al primo tentativo.
Infine, Shuriken laceranti per aumentare il danno a nemici in aria.
La conclusione appare ovvia: il combattimento è stato molto più facile rispetto al primo playthrough, anche considerando l’esperienza accumulata.

C’è differenza fra una vittoria strappata contro ogni probabilità, rispetto allo scontato trionfo della seconda run?
Si potrebbe ribattere che questo è un caso limite legato ad un boss opzionale, ma non è così: anche restando sulla strada principale, ci sono molti esempi su come sia possibile rendere l’esperienza più semplice, o perfino triviale.
Si potrebbero recuperare tutti i grani di rosario prima di affrontare Genichiro; Genichiro è estremamente vulnerabile allo stunlock inflitto dall’arte di combattimento Assalto d’ombra, sbloccabile nel primo albero di abilità; si può imparare una strada lungo i tetti del castello per saltare completamente il boss opzionale Saze Jinsuke.
Parlando di Saze Jinsuke, come tutti i samurai, è debole alle deviazioni eseguite con l’Ombrello Caricato, che permette di ucciderlo senza difficoltà: la peggiore minaccia di Jinzuke è quello di infliggerci danno in caso di blocco, ma le deviazioni sono estremamente semplici se eseguite con l’ombrello, e Jinzuke non ha abbastanza postura per resistere a tante deviazioni.
Andando più avanti nel gioco, la Scimmia Guardiana nella prima fase è stata un incubo, ma una volta appresa la sua vulnerabilità al fuoco è bastato portare olio e il Getto Ardente per tenerla bloccata per la maggior parte della prima fase.

“Ma gli strumenti fanno parte del gioco, se giochi senza sbagli
Ma anche in questo caso non è più valido l’assunto di partenza, ovvero che la difficoltà di gioco è unica e che il gioco è migliore grazie a questa unicità.
Persino i boss più difficili vengono battuti da giocatori con il livello base di Attacco, Vitalità a Postura, a conferma che livellare il Lupo non è altro che semplificare l’esperienza di gioco, quindi non strettamente necessario.
Proprio ciò che secondo i puristi rovina il gioco.
Insomma, se proprio si vuole difendere a tutti i costi questa esperienza, si dovrebbe perlomeno mostrare in diretta il combattimento con Isshin, affrontato con Demone della Campana attivo, livelli base di Postura e Vitalità, senza strumenti, oggetti, o arti di combattimento rigorosamente no damage. E nel caso ve lo siate chiesto, si, è possibile.

Anche restando dei puristi della lama, infatti, Sekiro ha un gameplay più profondo di quanto si evince ad un primo sguardo.
I primi giorni sono stati per tutti un doloroso ricalibrare le nostre aspettative da Bloodborne o dai Souls.
Parecchi giocatori hanno dovuto faticosamente dimenticare i riflessi condizionati che li portavano a evitare ogni danno con le schivate.
“Deviazioni” è stato il mantra ripetuto fino alla nausea, sia durante le anteprime che dopo l’uscita del titolo.
Osservando tattiche di speedrunner e altri giocatori esperti, sembra che la schivata stia trovando il suo ruolo nel gameplay di Sekiro.
Relegata ad una meccanica di emergenza, la schivata invece trova il suo posto in tutti quegli attacchi nemici molto pesanti e lenti, che il gioco ci comunica con un suono caratteristico durante la deviazione e con un animazione del lupo in difficoltà.
Alcuni esempi di questa meccanica sono la schiacciata di Genichiro e la spazzata del Gufo: in entrambi i casi anche una deviazione perfetta infligge danni notevoli alla nostra postura, mentre una schivata al momento giusto ci permette di evitare qualsiasi danno e contrattaccare. Nel caso di Genichiro, la combinazione schiacciata-spazzata viene punita al massimo proprio con un contrattacco in schivata seguito da un salto.
Il gameplay rende disponibili diversi approcci al combattimento, ciascuno con i propri pro e contro.


Ma allora è lecito chiedere una modalità facile?
Ovviamente no.

Il motivo per cui siete qui, (o meglio, per cui sto scrivendo) non è determinare se Sekiro sia troppo facile o troppo difficile, ma se una modalità facile avrebbe raggiunto l’obbiettivo di rendere il gioco più accessibile senza incidere su come il giocatore vive il gioco.

Il gameplay giustifica i mezzi

Come avrete compreso dagli esempi che ho riportato, il punto che cerco di fare è che Sekiro offre sufficienti opzioni per rendere il gioco meno difficile. Tuttavia, questa è una mia considerazione personale: se un gran numero di persone fosse bloccata su uno o più boss, non sarei contrario all’introduzione di altre modalità di rendere il gioco più semplice, oppure alla possibilità che, nei suoi prossimi titoli, From Software ampli ulteriormente il numero di scorciatoie disponibili per i giocatori meno abili. Non ritengo che sia la salute dei nemici o il danno che subiscono a impreziosire l’esperienza dei titoli From Software. Un 20% in più o in meno di danno non trasformano Sekiro o Dark Souls in un’esperienza diversa.
Finché l’approccio puro del gioco offre sufficiente sfida anche a giocatori più scaltri, benvenga che offra scappatoia anche ai giocatori meno abili.

Arigatou, Miyazaki-san! Il director è misura di tutte le cose, o almeno del livello di difficoltà di Miyazaki. Il buon Hidetaka ritiene di essere scarso nei giochi d’azione, ma ha completato tutti i titoli FS sotto la sua direzione, a quanto pare.

Perché quindi, nonostante tutto, sono contrario ad un easy mode?
Una radicale differenza fra offrire soluzioni come quelle sopra, l’easy mode in giochi abbastanza difficili (nei livelli di difficoltà superiori), come possono essere i titoli Devil May Cry e Shin Megami Tensei, e che è nel primo caso la semplificazione dell’esperienza avviene senza soluzione di continuità con la fase ludica.
Nei due titoli sopracitati spesso l’opzione di passare alla modalità facile viene offerta in seguito a game over ripetuti (almeno per i primi capitoli). Il gioco non cambia, ma il protagonista diventa più resistente, o i nemici più deboli.
Per quanto la differenza possa sembrare sottile, abbassare la difficoltà esiliando il demone della campana non è invasivo quanto cambiare difficoltà con un selettore da un menù.
Un’alternativa, che invece si potrebbe considerare, è per esempio uno spirito della campana con effetti positivi sulle statistiche del giocatore e negativi sui drop rate di denaro e punti abilità (l’opposto del demone della campana). O anche aumentare il numero di oggetti curativi trasportabili, come le compresse.

Si tratta sempre di rendere il gioco più facile, di rendere il Lupo più resistente e più forte, ma in un caso avremmo una divisione netta dei giocatori in due categorie, chi l’ha completato in modalità facile e chi l’ha completato in modalità normale, e nell’altro avremmo una differenza sottile quanto l’aver usato le evocazioni dei fantasmi nei precedenti capitoli.

Nel caso abbiate pazientato per tutto questo sproloquio, non temete, siamo arrivati alle conclusioni.
Se anche poteva sembrare una provocazione, è vero che Sekiro è un gioco semplice per masochisti: sta al giocatore decidere quanto sfruttare i vari modi che il gioco offre per semplificare l’avventura attraverso Ashina, che sia livellare la vitalità del lupo o sfruttare lo strumento prostetico più efficace.
Nonostante le varie soluzioni offerte, il gioco potrebbe risultare comunque molto punitivo, ed in diversi punti lo è.

La difficoltà “naturale” non è solo nella sfida in se’.
Il giocatore la trova nell’affrontare ignaro di tutto un titolo dal gameplay così ricco di sfaccettature.
Il fan dei lavori di Miyazaki è quel tipo di giocatore che anche oggi, dove le speedrun iniziano ad uscire nel giorno della release perché ci sono catene che rompono il day one, si sparano tutto il gioco senza spoiler per il gusto di prendere mazzate sul muso, per quella sensazione di panico quando la Scimmia Guardiana si rialza brandendo la spada, per la frustrazione e la sopresa provate quando il ninja Corvino lo spiaccica al tetto del castello di Ashina, facendo scendere giù dal cielo oltre al ninja anche un paio di santi.

In Sekiro, la difficoltà incontra i gusti del giocatore. Ed ai giocatori di Sekiro piace la difficoltà.
Questo però non significa che il titolo ha valore solo perché difficile. Che abbiate battuto il demone dell’odio da puristi o abusando dell’invulnerabilità offerta dall’ ombrello di Suzaku, avrete comunque dovuto schivare la maggior parte degli attacchi come hanno fatto tutti.
Quando Gough Occhio di Falco parla al giocatore della caccia ai draghi la descrive come la più alta vocazione per un cavaliere.
Exhilaration, pride, hatred, rage…dragons teased our dearest emotions.
Il senso di tensione e di pericolo incombe sul giocatore a prescindere da quanto si sia preparato allo scontro, a prescindere da quanti livelli di attacco abbia ottenuto. Il bilanciamento numerico è importante in qualsiasi gioco, ma il tipo di ostacolo che ti pone davanti Sekiro difficilmente si supera semplicemente con un paio di cure in più.
L’esaltazione della vittoria in titoli come quelli di From Software non sono funzione dal valore parametrico della salute dei boss.
Discutere di opzioni per rendere il gioco più semplice non è eresia.
Per chi vuole uno slider di difficoltà dal menù di pausa invece ci sono i fulmini di Tomoe.

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