Con il suo stile eccessivo e colorato, un sacco di umorismo e sprite ai massimi livelli, Metal Slug sarebbe diventato uno dei classici arcade di fine anni’90. Il gioco SNK, ideato dalla geniale mente di Kazuma Kujo, come un nuovo R-Type passo le nuove tecnologie, prende il nome dall’ormai leggendario super carro armato mascotte della serie: il Super Vehicle SV-001 – Metal Slug. La trama è semplice quanto basta per darci un motivo per iniziare a sparare all’impazzata: Marco e Tarma, soldati della Regular Army Peregrine Falcons danno la caccia al malvagio esercito capitanato dal generale Morden, che minaccia di prendere il controllo delle maggiori città del mondo in meno di 170 ore. Appena paracadutati nel primo stage ci accorgiamo che i soldati di Morden sono agguerriti tanto quanto sono stupidi: menzione d’onore ai sommozzatori che escono dai pozzi sparando i missili.
Il gioco vanta 6 livelli a difficoltà crescente (ma non ancora impossibili come i capitoli successivi), ognuno ambientato in una parte diversa del mondo e caratterizzato di conseguenza: da Londra ai ghiacciai. Fin da subito è disponibile la possibilità di giocare in due. Del resto un gioco del genere è il modo migliore per cementare un’amicizia. Il comparto sonoro rimane una delle parti più incredibili di Metal Slug: incalzante, adrenalico con tracce come il tema della First Mission o Steel Beast, che entrano in testa e non escono più, della serie che riascoltandola ti ricordi a che punto del livello incomincia ogni passaggio sonoro. Il gioco poi si distingue per i suoi leggendari suoni come “Mission start!” e l’eterno “Heavy Machinegun”. Metal Slug ha le carte in regola per diventare un grande classico, e sopratutto ha le tre caratteristiche che lo renderanno un must-have di ogni sala giochi: è divertente, è iconico e sopratutto è una droga.
Se penso a tutte le monete da 50 centesimi che ho chiesto ai miei genitori per un’altra partita che “questa è l’ultima poi andiamo a casa” mi viene il magone. Avrò avuto 4 anni, e conobbi il gioco in spiaggia, al mare quando ancora gli stabilimenti balneari tenevano i coin-up. L’idea di andare in spiaggia per vedere i miei amici, armarci di leggendari “pezzi da 50” e giocare a Metal Slug mi mandava su di giri al punto che non dormivo la notte. Ad ogni partita si formava una sorta di aureola attorno alla macchina, un’aureola fatta di bambini sudati che commentavano e che facevano gli esperti con il malcapitato di turno “si fa così, lì c’è il segreto, no non tirare le bombe… ecco sei morto, fai fare a me”. Una cricca di piccoli savi pronti a commentare chiunque ma destinati a non andare mai oltre il primo livello, perché era già tanto se arrivano a prendere lo stick. Poi arrivava il ragazzo di 17 anni dotato di riflessi a noi inaccessibili e finiva il gioco con UN SOLO GETTONE. Visibilio, estasi, catarsi.
Venne il giorno in cui il portinaio mi regalò la sua Playstation 1 con Spyro. Incominciai a pregare mia madre di portarmi al centro commerciale, perché lì, mi dissero, c’era un negozio pieno di videogiochi. Lì lo vidi sullo scaffale, Metal Slug X, il primo della saga adattato per PS1. Lo vidi e mi si fermò il cuore. Urlai. Urlai davvero nel negozio. Mi attaccai al braccio di mia madre e lei non ebbe scampo.
Parlare di Metal Slug è difficile per me: sono molto giovane e ho potuto recuperare i vari titoli solo su PC. Ma ho un ricordo indelebile nella testa: non vedevo l’ora di provarlo. Mio padre mi raccontava sempre di quando giocava a questo gioco ai cabinati, e di quanto fosse difficile, e quando ebbi coscienza finalmente di cosa fosse mai quella scatola piena di circuiti chiamata computer, decisi di emularlo, seguendo delle guide loschissime su YouTube. E sì, fu davvero soddisfacente uccidere i soldati, ma soprattutto, soprattutto mi divertivo tantissimo con il carro armato, quell’animazione strana di salto che nella mia testa lo raffigurava come fatto di gomma mi faceva perdere ore a saltellare in giro. Ah, inoltre, era davvero difficile, ‘tacci sua.Francesco Alteri, 22 anni, News Reporter
Mi ricordo che… per fortuna l’ho giocato solo su dispositivi miei e non arcade in sala giochi, così posso orgogliosamente dire di non vivere sotto un ponte!Andy Lingua, 28 anni, News Reporter
Mi ricordo che giocavo a Metal Slug in spiaggia, nel tendone arcade. Insieme alle partite, alla sfida e al pubblico di altri bambini mi sovvengono altri ricordi. Il fior di fragola, le 200 lire (poi 500 perché c’era ancora inflazione) chieste a mia madre. Non l’ho mai terminato e non sono mai stato il più bravo della spiaggia. La prossima volta che vedo l’arcade libero, vicino la pista da bowling, riproverò.Matteo Koi Denni, 30 anni, editor
Il precursore dei game as service… per iniziare bastavano 500 lire, per terminarlo alla fine ci rimettevi più che comprare un paio di cassette per il Super Nintendo… a proposito, evi maschingaH!Alessandro Ghisolfi, News Reporter
Metal Slug mi ha insegnato, per la prima volta, la parità di genere. Mi ha fatto capire che, anche se ti sembra di essere solo, una lotta può essere vittoriosa e merita di essere combattuta; che gli ostacoli nella vita sono molti, che ogni angolo può nascondere un motivo per lasciar perdere tutto, ma che le difficoltà possono essere superate. Metal Slug mi ha permesso di comprendere come l’aiutare gli altri sia sempre giusto, e che, a volte, ti premia e ti dà la forza per andare avanti.Lorenzo Lessi Tobia, 22 anni, News Reporter
Quando andavo da mia nonna era l’unico gioco del baretto-gelateria del paese. All’inizio ci passavo i quarti d’ora, ma poi man mano diventavi sempre più esperto del gioco e quindi passavi i pomeriggi con poche monete.Matteo Brisinello, PR Manager
Da giovane, quando avevo (credo) 10-11 anni, ero solito andare all’area verde più grande di Roma (Villa Ada ndr) insieme a mia nonna, per passeggiare, fare picnic ecc. Per anni è stata un’abitudine, non sempre costante ma comunque assai frequente.
All’ingresso di Villa Ada c’era (perchè ovviamente ci sono stati dei cambiamenti) una specie di mini-area giochi, con attrazioni per bambini e le solite cose, oltre a un piccolo bar. Ricordo molto bene che vi era anche il piccolo “angolo cabinati”, tra cui vi era appunto Metal Slug. Attratto dal saltellante Marco, che capeggiava nella “intro” sullo schermo del cabinato, mi capitò diverse volte di “investire” i soldi del gelato su Metal Slug. Non sono mai riuscito a completarlo, ma mi ci sono divertito svariate volte: ero già svezzato da anni e anni di Gameboy et similia, ma è stata un’altra esperienza formativa, per così dire: soprattutto per quanto concerne le leve e i tasti caratteristici del cabinato.
Ad oggi su Steam possiedo quasi tutti i titoli della serie, e mi è capitato di giocarci con piacere, per ricordare i bei vecchi tempi di una fanciullezza ormai trascorsa, dove, pur cosciente del fatto che sarebbe stato più intelligente mettere da parte quelle monete al fine di comperare una cartuccia (magari di Gameboy), ero comunque felice di investire in un po’ di divertimento in loco.Davide Viarengo, 24 anni, Editor
La passione era così tanta che sono arrivato a scaricare versioni fuffe su pc o smartphone pur di rigiocarci ancora!Davide Immobile, 26 anni, News Reporter
Metal Slug è uno di quei giochi che rimangono indelebili nella mente di ogni giocatore, uno di quei giochi capaci di rafforzare un’amicizia o una relazione, uno di quei giochi che sa intrattenere e divertire sempre.
Ricordo ancora il mio primo approccio con Metal Slug, ero davvero piccola e frequentavo il catechismo, all’oratorio stava una sala con i cabinati, un’area “dedicata al divertimento”.
Ricordo che ogni volta non vedevo l’ora che la lezione finisse per precipitarmi su quel cabinato, perché fuori mi aspettava mio fratello per prendermi e accompagnarmi a casa, ma non prima di aver fatto una partita, così stava lì in attesa con i gettoni pronti.
Passavamo tantissimo tempo a giocare lì insieme, così come nella realtà, anche nel gioco era sempre mio fratello quello a coprirmi le spalle e a proteggermi, tornavamo a casa sempre col sorriso. Nostra madre un po’ meno.Valentina Boi, 24 anni, News Reporter
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