Di come la violenza dai videogiochi non riceva un assist, ma piuttosto qualcosa di simile ad un esorcismo

Ho completato quasi tutte le missioni. Sparatorie, inseguimenti al cardiopalma, spionaggi, sfide e puzzle. Ho vissuto il dispiegarsi della trama sulla mia pelle. Ho fatto mie le ansie e le paure del protagonista.

 

Sono io Aiden Pearce. Sono stato vittima degli eventi. Ho perso tutto e ora esigo vendetta.

 

Mi trovo a metà dell’opera. Mandante ed esecutore, le mie prede. Ho sotto le mani l’esecutore dell’assassinio di mia nipote, Maurice Vega. È lui che mi ha portato a questo. È a causa della sua avidità che ho patito così intensamente, senza giustizia e consumato dalla vendetta.

Non ho avuto scelta. Ora si, però.

Posso scegliere. Su schermo ho due opzioni. Posso giustiziarlo o non farlo. Scelgo. Ma cosa? Questo abbiamo pensato durante quella missione di Watch Dogs. Sul finale ci siamo trovati di fronte una scelta vera e propria. Una di quelle che esclude la possibilità scartata. Scegliere la vita o la morte, il perdono o la vendetta.

 

Nota: l’articolo contiene – come avrete capito  – qualche spoiler sui possibili finali di Watch Dogs e Gran Theft Auto V. Leggete con consapevolezza
 

Il dilemma, a metà tra educazione e deformazione da gamer
Quando mi sono trovato di fronte al bivio ho pensato di getto di risparmiarlo. Uccidere le persone è male (ipocrita,che fino a 10 minuti prima hai devastato chiunque ti abbia intralciato, ipocrita come il finale buonista su quanto sia ingiusto decidere della vita e della morte altrui) oppure quel personaggio potrebbe darmi una ricompensa (avido senza ritegno che sottometti la tua morale all’item). Risparmiarlo, dunque? Sentirsi quindi buoni e saggi e santi? Riconoscersi nel mondo reale e virtuale nello stesso sistema di piccoli valori e paure? Forse si. Forse stavo proprio premendo quel tasto, stavo facendo quella scelta.

 

E invece no.

 

Analizziamo: sto giocando. Il valore del Gioco è l'interpretazione di Ruoli.

 

La comprensione quindi che aderiamo ed esercitiamo un Ruolo nel nostro Gruppo. Da bambini siamo guardie e ladri, marito e moglie, dottore e paziente, buono e cattivo. Ora sono quello con la pistola in mano. Ho davanti su una sedia, legato, il carnefice.

 

Giochiamo.

 

Giochiamo per vivere cose che non potremmo Mai vivere. a volte è un bene
Io ero il bersaglio, lui la freccia. Io sono il boia e lui il condannato a morte. È facile con modelli poligonali. Lo farei altrimenti? Avrei la stessa risolutezza? Lo stesso braccio alzato e lo stesso grilletto premuto? Il rumore, il sangue, la testa che ciondola. Ho ucciso il nemico virtuale. Mi sento svuotato. Come molti di voi sapranno proseguo nella trama, prendo il telefono del morto e scopro la triste realtà: il sicario a sua volta era tenuto sotto tiro! Non sono un boia, sono uno stupido, un avventato, un ragazzino. Mi sento in colpa e voglio sentirlo con tutta la maturità possibile. Voglio mettermi nei panni e nelle scarpe di chi spero non incrociare mai. Voglio vivere un’esperienza improbabile, virtuale, lontana e sicura che come un vaccino simula una malattia per ostacolarla nel futuro.

 


Per approfondire:
Watch Dogs
 

Con Franklin devo scegliere cosa fare. Tradire o non tradire un amico, un maestro? Decido ancora di sporcarmi e scendere nelle tenebre e allora uccido Micheal, in uno dei tre finali. Premo un tasto, certo. Ma la mia disposizione è assoluta e non lascia dubbi: sono un traditore. Dopo qualche minuto il pentimento è forte. La trama è soffocante e non ti permette di rimuovere l’accaduto.

 

Trevor ti disprezza, e farsi disprezzare da uno come Trevor la dice lunga.  Non ce la faccio. Riprendo dall’ultimo salvataggio e cambio scelta.

 

Esperimento riuscito. Ho scoperto la parte più bella di me, quella che non farebbe mai una cosa simile e che prova disgusto al solo pensiero.

 

Ho portato due esempi di trame videoludiche spiazzanti che se affrontate con maturità aiutano a rivedere molte proprie convinzioni e ridiscutere la fondatezza dei valori.  Parlarne è facile, ma quando ci troviamo di fronte colui che per noi incarna il Male, il nostro dolore? La causa sufficiente che ci ha fatto crollare il mondo addosso. Perdonare è facile? Infliggergli dolore con parole e azioni è facile?

 

La Scelta mi appartiene. Non è semplicemente “mia” in maniera impersonale.

 

La Scelta sono io. Taglio i ponti con l’indecisione e scelgo il mio oggetto proposizionale ossia una proposizione che descrive un’azione.

 

Posso esorcizzare il dolore e la frustrazione che provo attraverso un videogioco?

I videogiochi sono un ambiente sterile per eseguire un esperimento. Niente di più
Un’esperienza artistica multi-articolata che vede la mia partecipazione essenziale al dispiegarsi di essa sotto i miei occhi. Perché guardare la superficie increspata delle sparatorie e non cogliere la profondità oceanica del significato ludico? Lo faccio nel videogioco perché so così di non farlo nel mondo. Eseguo un esperimento in ambiente sterile.
Perché giudicare un videogioco, un film o un libro come “violento”? Crediamo forse che un’opera d’arte possa essere inoffensiva? Non suscitare passione e pulsione ancestrale? Vogliamo un.mondo sterile da mordere senza denti? Non sarebbe meglio accettarci per quello che siamo e accettare gli altri di conseguenza? Comprenderci anche nei nostri più bassi istinti, allora.

 

Il modo migliore e più inoffensivo è il videogioco.

#LiveTheRebellion