Ah… gli anni novanta. Un decennio un po’ surreale, dal punto di vista di qualcuno che li ha solo intravisti (il millenovecentonovantanove che sarei io).
Chi fra voi ha vissuto i due lustri conclusivi del secolo scorso sarà abituato a tutti quei film con i cani parlanti e ai cellulari stile “mattone”.
Io personalmente fatico ad immaginare la mia vita in un’epoca in cui, anziché scagliarsi contro il
settimo sequel di Star Wars, ci si stava preparando all’idea succulenta di una intera trilogia di
prequel.
Anche le
seghe mentali che si faceva la gente erano molto diverse: mentre adesso le donne sono libere di sbudellarsi a vicenda negli sparatutto (a patto che non mostrino un centimetro di pelle che potrebbe
“triggerare” qualcuno), all’epoca c’era decisamente
meno baccano inutile sull’eccessiva sensualità delle curve femminili, a cui però si opponeva il terrore ingiustificato delle armi e della violenza nei videogame.
Forse però, gli sviluppatori di videogiochi di
fin du siècle avrebbero dovuto trastullare il loro
gulliver con un’altra questione, ovvero
il perché delle cose.
Shaq Fu, o come il Rim Breaker diventò il Rib Breaker.
Rielaboro velocemente la mia ultima frase prima che Banjo,
Crash o Sir Daniel vengano a spaccarmi una sedia in testa. Molti
team di sviluppo degli anni novanta avevano le idee chiarissime sulla direzione da intraprendere, ma è un dato di fatto che dallo stesso periodo sono nati dei
progetti altamente discutibili, ai quali manca veramente la coerenza, sin dall’idea di base.
E’ il caso di
Shaq Fu, un
picchiaduro del 1994 che ha come protagonista proprio quello Shaq che per vent’anni è stato uno dei volti di
NBA. Sviluppato dalla
Delphine Software e distribuito da
EA, il gioco è stato inizialmente accolto con recensioni freddine. La peculiarità della sua storia sta in ciò che sarebbe accaduto negli anni successivi, durante i quali
la reputazione del gioco è precipitata drasticamente, inserendolo in numerose
“Top 10 Worst Games of All Time”. Cos’è effettivamente successo? Il ribrezzo della critica è giustificato, o è tutto
Kung-Fumo e niente arrosto?
Quanto è brutto Shaq Fu?
La trama di Shaq Fu è tanto semplice quanto insensata, e vede il nostro campione di pallacanestro recarsi a Tokyo per una partita (il cui ricavato andrà rigorosamente in beneficenza). Piuttosto che allenarsi, preferisce gironzolare per un quartiere non specificato della capitale giapponese, dove a quanto pare
abbondano i banner pubblicitari di Pepsi e i dojo di Kung Fu. Shaq, intrigato dall’esotica disciplina marziale, entra subito in un dojo dove
Pai Mei un anziano signore lo riconosce al volo come
“colui che è stato scelto dalle stelle per salvare un certo Nezu”. Quasi senza fare domande, il
baskettaro si tuffa in un portale nascosto da una tenda, che conduce al “Second World” o, come è stato scritto nel gioco,
“2nd World” (eek!)
.
Da qui parte una serie di combattimenti alla
Street Fighter che tutto sommato non sono nemmeno così ingiocabili, e anzi sono caratterizzati da una buona fluidità delle animazioni e da alcuni sfondi discreti. Lo stesso non si può dire per i
controlli, che sono
abbastanza vergognosi: scordatevi di poter contare su un sistema di combo, perché le poche sequenze che potrebbero essere eseguite sono minate da un
input lag (un ritardo nell’eseguire il comando) veramente fastidioso.
Altra componente da dimenticare è
la colonna sonora, che
sembra una parodia di una generica musica da picchiaduro arcade, qualcosa che potrebbe uscire da un episodio de
I Griffin, o di
Gumball. Il design dei personaggi è altrettanto blando: basti pensare che il protagonista indossa una normalissima uniforme da basket mentre combatte avversari che sembrano provenire dalla peggiore collezione di
action figures di
He-Man.
Insomma: uno dopo l’altro ho parlato male di ogni aspetto di questa produzione, ma
ciò basta per giustificare l’odio della critica?
La risposta è
no, e il motivo è molto semplice: esistono giochi di gran lunga peggiori. Il web pullula di informazioni sulle più raccapriccianti oscenità videoludiche, a partire da alcuni titoli scaricabili sul telefono che sono davvero ingiocabili (non si avviano nemmeno), fino ad arrivare alle ormai celebri produzioni
Ludonic, che vengono cucinate proprio sotto i nostri nasi, in Italia.
Il Kung-Futuro di Shaquille
Anche se
Shaq Fu è indubbiamente un prodotto di pessima qualità, il Destino è stato buono con lui, donandogli un seguito che è appena stato sfornato. “A Legend Reborn” (così si chiama) è un titolo ironico e buffo, la cui forza è proprio quella premessa assurda che affondò le recensioni del predecessore:
“Shaqille O’ Neil è un maestro di Kung Fu!”.
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