Certi uomini vogliono solo veder bruciare il mondo. Chi ha avuto la malsana idea di escogitare questo botta e risposta è tra questi.
Chi vi scrive ha amato
DmC Devil May Cry.
Forse proprio perché è uno di quei tanti (troppi) titoli incompresi, presi di mira perché hanno osato andare contro lo status quo in un mercato dove gli appassionati di solito si lagnano dei giochi fotocopia, salvo poi non dare uno straccio di possibilità a chi prova a fare la rivoluzione.
Sarebbe
molto facile salire sul treno di quelli che ci avevano visto lungo, che avevano sposato il progetto dei
gaijin di Ninja Theory fin da subito e applaudito l’iniziativa di Capcom – di una Capcom più lucida di quanto sia ora, e abbastanza ludica da ammettere che la benzina nel serbatoio era finita e aveva bruciato
Devil May Cry 4. La verità è che anche chi vi scrive all’annuncio
era decisamente scettico e non ha paura di nasconderlo (al punto da dirlo candidamente anche davanti ad Alessandro Taini, l’Art Director del titolo e artista con le
palle quadrate).
Ed era scettico anche al day one, quando la sua copia del gioco è arrivata a casa prima di essere fagocitata dal lettore ottico di PlayStation 3.
Solo che a differenza di troppi di voi, chi sta scrivendo queste righe poi giocando ha messo via tutti i suoi pregiudizi.
E questo botta e risposta tra l’autore e voi lettori – questo ennesimo botta e risposta nato su Facebook e poi deflagrato fino alle nostre pagine – partiva proprio da questo presupposto:
vi sentite almeno un po’ in colpa, a distanza di anni e dopo aver, di fatto, sancito l’aborto di questa nuova epoca per Dante e Vergil?
DmC Devil May Cry: Vi sentite almeno un po’ in colpa?
Immaginate di essere fan accaniti di una serie storica. Una serie che ha inventato un genere, lanciato nell’olimpo il suo designer, consacrato il suo pubblisher.
Una serie che però vivacchia all’ombra di sè stessa, che ha finito le idee e si limita ormai a riciclare sempre la stessa formula dai tempi di PlayStation 2.
Un disegno familiare? Si, stiamo parlando di Devil May Cry.
Ma il problema grosso è che quando Capcom ha provato una strada nuova l’avete presa a pernacchie in faccia, preferendo i ricicli e le operazioni più da mercanti del software che da sviluppatori.
DmC Devil May Cry – il Devil May Cry di Ninja Theory, per essere chiari – era un prodotto clamoroso.
Con tantissime licenze e senza il timore reverenziale (anzi, chiamiamola con il suo nome: faccia da c*lo) che aveva Devil May Cry 4, ma prendendosi dei rischi, osando fare qualcosa di nuovo.
Svecchiando, in una serie che ne aveva tremendamente bisogno.
Eppure a tanti di voi non è andato giù, per diversi motivi che ci piacerebbe discutere qui sotto.
Ecco, perché? È solo per i capelli di Dante o perché la demo pagava dei dialoghi sicuramente non brillanti oppure c’è dell’altro, altro che noi abbiamo visto e voi semplicemente no?
via
Analizziamo le vostre risposte.
E l’analisi di queste risposte vede l’autore dell’articolo costretto ad esordire
chiedendo scusa: sono arrivati davvero tanti commenti a favore del lavoro di Alessandro Taini e soci – addirittura, anche attestati di stima diretti allo stesso Alessandro, che è
quasi di casa qui su
I Love Videogames –, e a dirla tutta anche diversi dei detrattori di DmC Devil May Cry (anche e soprattutto quelli schierati con Devil May Cry 4) hanno lasciato
commenti davvero intelligenti. Ci si aspettava un articolo in polemica, e invece il risultato finale probabilmente avrà più i connotati di una discussione tra appassionati.
Partiamo dalla critica che è andata per la maggiore, che riguarda una trovata di gameplay precisa: l’aver deciso di permettere di eliminare alcuni nemici
solo con delle armi specifiche. Scelta che, secondo voi, è andata a limitare e ad impoverire il pacchetto ludico del tutto, perché di fatto mette dei paletti alle combo che si possono eseguire in certe situazioni, laddove la serie ha sempre fatto perno sulla libertà e la spettacolarità della manovra di Dante.
E avete anche ragione, ma state guardando solo una delle facce della medaglia.
È indubbio che
sia come dite voi e che in queste circostanze non ci sia la libertà d’azione che si respirava nei capitoli “classici” – posto che, comunque, anche nei precedenti capitoli c’erano alcune
best practice che quando non applicate rendevano la vita del giocatore molto più dura.
Ma d’altra parte è anche vero che DmC Devil May Cry non punta solo sul battle system lato gameplay.
DmC va oltre il mero battle system
Uno dei tratti caratterizzanti del lavoro di Ninja Theory è l’Intelligenza Artificiale che c’è dietro i nemici che compaiono a schermo, molto più evoluta e “raffinata” nel mettere in piedi tattiche ai danni di Dante rispetto al solito. Ed è proprio l’IA a trarre il massimo beneficio da questa scelta: ci sono dei nemici che sono in grado di “castare” sui loro compari delle barriere energetiche che possono essere rimosse solo da armi angeliche o demoniache, andando – come avete detto – a limitare le combo a disposizione ma d’altra parte rendendo tutta la produzione
più viva, qualcosa di molto diverso dalle classiche arene più o meno mascherate dove il centro del palcoscenico erano le mosse acrobatiche di Dante. È una scelta che può piacere o non piacere, ma Ninja Theory ha deciso di giocarsela in questo modo anche e soprattutto per
prendere le distanze da
Devil May Cry 4, che sta proprio
dall’altro lato dello spettro – ovvero tante combo, tanto Dante, ma pochissimo attorno a lui – e lo ha fatto su esplicita richiesta di Capcom.
Già, Capcom sarà stata anche lesta a giustificare le vendite di DmC (inferiori a quelle di Devil May Cry 4) con la scelta di affidare la serie a dei gaijin, ma in prima battuta l’idea è stata loro e anzi,
sono stati proprio loro a chiedere a Ninja Theory di farla fuori dal vaso, come ci ha raccontato Alessandro Taini.
L’altra grossa critica è la scelta, quantomeno per le versioni PS3 e Xbox 360, dei
trenta fotogrammi al secondo, laddove la serie si era sempre assestata attorno ai 60 FPS.
Qua c’è poco da dire, state paragonando due prodotti concettualmente
molto diversi…
Devil May Cry era vecchio, fino a DmC
È inutile nasconderlo, Devil May Cry 4 è
molto più povero – da un punto di vista meramente tecnico e visivo – di DmC. Anzi, oseremmo dire
più statico, quando non si tratta di menare le mani. Perché quando non si combatte in Devil May Cry 4 – ma anche nei tre capitoli principali –
si vaga per la mappa esplorando e il titolo fa perno su un certo backtracking dei livelli (poi su questo fronte il quarto capitolo, come già detto,
esagera ad essere gentili…). Si sente insomma
lo zampino della matrice dei primi Resident Evil, saga di cui
Devil May Cry originariamente doveva essere una costola, e non è un pregio. È un’impostazione stilistica vecchia di almeno tre generazioni, se non quattro, che andava necessariamente svecchiata. Ed è stato fatto, perché gli spezzoni platform fanno proprio quello e i
momenti di Level Design più alto sono il livello della discoteca e la boss fight con Bob Barbas.
Che Devil May Cry fosse vecchio non lo diciamo noi,
lo ha detto Hideki Kamiya – ripetiamolo, Hideki Kamiya, quello che ha inventato lo
Stylish Action e poi lo ha demolito e
ricostruito a sua immagine con
Bayonetta – dicendo che Capcom per il prossimo capitolo dovrebbe percorrere una strada simile a quella presa da Santa Monica con il
God of War in salsa PS4. Perché la benzina, lo dicevamo prima, è finita, e non si può accettare che nel 2018 una software house con il budget che ha Capcom a disposizione sfrutti soluzioni stilistiche
figlie dei compromessi tecnici di PlayStation 2.
La verità, anche in questo caso, è che Ninja Theory ha
provato a svecchiare una formula che ormai era prossima allo stantio, e bisogna ammettere che ha fatto il possibile per farlo. Perché su PC i 60 fotogrammi al secondo si raggiungono anche su macchine che non sono di fascia alta, e sulle citate PlayStation 3 e Xbox 360 comunque si è fatto il possibile per
“simulare” i 60 FPS. Se ancora non basta, beh… Giocate la Remastered su PS4 e Xbox One, che tra le altre cose aggiunge una serie di extra assolutamente non di secondo piano (turbo mode su tutte), e che
non etichetteremmo mai come una bieca operazione commerciale come qualcuno di voi ha fatto nei commenti. Specie se poi lo stesso qualcuno è stato contento della Special Edition di
Devil May Cry 4…
Si parlava poi di una
scrittura meno brillante, specie nei dialoghi, rispetto a quanto visto in passato.
Dante è meno brillante? Vero. Ma c’è una motivazione (anche se non ci piace)
Essenzialmente vero, ma anche qui c’è da dire che più che una mancanza di abilità – troppo facile citare la sezione “Vaffanculo, no vaffanculo tu” presente nella demo… Il gioco poi durante le sue 10 ore di esperienza tocca momenti anche più alti – si tratta di una scelta dovuta dal voler rendere il tutto
meno Dante-centrico. Qui probabilmente Ninja Theory, lo dicevamo anche nella
recensione originale del titolo – ha effettivamente esagerato, andando a rimuovere quello che è il vero tratto caratterizzante della serie. Perché Dante nel corso dell’esperienza alla fine rifila
solo due o tre punch-line veramente memorabili (
Sembrava non finire più… Chiesa!), e in questo il confronto con il Dante più classico – che poi in realtà spesso è il Dante di
Devil May Cry 3, visto che l’originale era comunque
molto meno sborone e il Devil May Cry 2 si vestono i panni di un
fighetto con dei jeans della Diesel – è a senso unico. Ma d’altra parte, di nuovo, l’idea dietro l’operazione era svecchiare, e Ninja Theory lo fa anche
mettendo Dante a servizio della storia e cercando di raccontare qualcosa, infilando dietro lo schermo – anche a forza, per carità – una certa morale, prendendosela con le multinazionali ed il consumismo e sfiorando temi abbastanza delicati, specie sul finale.
Si poteva osare di più? Come ha detto qualcuno nei commenti, visto che alla fine non si tratta di un prequel ma di un vero e proprio
reboot,
si. C’erano i mezzi, c’era il talento per farlo – lo abbiamo visto con
Hellblade, come se non bastasse, Ninja Theory ha i
cojones per fare più o meno quello che vuole e c’era l’opportunità. Diciamo spesso che lo studio di Cambridge non ha avuto timore reverenziale nei confronti del franchise Devil May Cry, ed è vero.
Si poteva spingere anche di più, con il senno di poi.
Però di nuovo, andando a rispolverare una considerazione fatta da Alessandro sia in intervista che durante la puntata di Gameromancer che lo ha visto ospite, spesso è dal secondo capitolo che un videogioco decolla davvero. Basti pensare ad
Uncharted, diventato davvero memorabile con
Il Covo dei Ladri, o a uno dei tantissimi tanti sequel che hanno fatto meglio dell’originale. Praticamente a tutti tranne a
Devil May Cry 2, verrebbe da dire… Ma questo è materiale per uno dei prossimi approfondimenti della copertina.
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