Noi siamo Nintendo. Sfidiamo tutti i giocatori: tu non ci puoi battere!

Questo slogan accompagnava il terrificante spot australiano del NES. Una cosa è certa: la filosofia di Nintendo è cambiata nel corso di trent’anni. Si è lasciata scavalcare sul fronte grafico, rimanendo indietro di una generazione; ha partecipato con scarso interesse alla corsa all’online, fornendo dei servizi spartani. Adesso, in un mondo che spinge l’acceleratore sulla Realtà Virtuale, cavalva il concetto opposto di Virtualità Reale. Che abbia superato il concetto stesso di superamento, per usare le parole di un certo “drago di Puzzle Bubble“?  Sta di fatto che se avessi l’onere di inventare uno slogan per la Nintendo attuale, credo che sarebbe:

 

“Noi siamo Nintendo. Sfidiamo tutta la concorrenza: tu non ci puoi prevedere!”.

 

D’altronde stiamo parlando dei geniacci che hanno piazzato i due schermi, per giunta touch, sul successore del “canonico” Game Boy Advance; stiamo parlando degli ideatori del telecomando che ha shakerato il mondo con una certa veemenza, facendosi strada persino nei luoghi più inospitali per un videogioco (vedasi: ospizi).


Per approfondire:
Annunciato Nintendo Labo
Proprio quando ci stavamo abituando alla natura modulare dell’ultima mirabolante creazione, hanno introdotto un nuovo twist la cui vera importanza, sotto vari punti di vista, è difficile da determinare.

 

Ma prima, di cosa stiamo parlando?

 

Cosa vuol dire “Virtualità Reale“?
Cos’è la Virtualità reale?
L’annuncio teaser di Nintendo parlava forte e chiaro: avrebbero presentato a breve una nuova esperienza interattiva. Scelta di parole azzeccatissima: l’esperienza è qualcosa che viviamo attraverso i nostri cinque sensi. LABO punta a fare esattamente questo, ad ampliare il nostro coinvolgimento nel videogioco, approdando sulla spiagge del tatto, oltre il binomio audiovisivo, un gesto che nemmeno l’avanzatissima Realtà Virtuale ha voluto tentare. Ragionando su questo fatto, noi di I Love Videogames abbiamo coniato il termine Virtualità Reale: anziché spedirci all’interno di un videogioco, Nintendo porta il videogioco nel nostro mondo. Per compiere una simile impresa non bastano i nostri cinque sensi, ma fortunatamente Switch ne ha una sua collezione, ed è pronta a metterli tutti a disposizione.

 

Ma in che senso, i “cinque sensi”?

 

Vi siete mai chiesti perché i Joy-Cons costano un’occhio della testa? È perché al loro interno contengono veramente un piccolo occhietto, che osserva il mondo dell’infrarosso in cerca di movimenti, rendendo possibile il mini-pianoforte mostrato nel trailer. Non solo: ad esempio, il giroscopio ed accelerometro sono la chiave per la canna da pesca, il volante e il robot; mentre il touchscreen permette di manovrare il robottino, che a sua volta sfrutta la vibrazione HD.

 

 

Col-LABO-razione
Quindi, complimenti a Nintendo. Sia per l’idea, che per il coraggio di realizzarla. Certo, potrebbero sorgere delle problematiche (imprecisione dei sensori, fragilità dei materiali), ma vedete, non è di queste cose che voglio scrivere.

Credo che il significato della Virtualità Reale vada oltre.

La virtualità reale è il piacere della materia
La questione, in fin dei conti, è questa: viviamo in un’epoca in cui i bambini sono abituati ad un consumismo frenetico, ad usare e gettare decine di app per cellulare ogni giorno (magari buttandoci dentro anche un soldino per le microtransazioni). Nel mezzo di questa operazione disumana di sterilizzazione del divertimento, Nintendo getta un’idea semplice. Buffo che sia proprio lei a farlo, lei che negli anni ’90 era ingiustamente vista come il simbolo del “rincitrullimento”. Eppure è proprio lei che propone di riportare il piacere della materia, il senso di unicità nell’imperfezione, il suono del pennarello che accarezza il cartone; cose che nessuno schermo 4K è in grado di fare.

 

Comprerò questi kit? No.

O almeno non tutti.

 

Non sono fatti per me, non sono un bambino o un genitore con un bambino. Ma cavolo, sfido qualsiasi genitore con un minimo di cuore ad ignorare idee come questa, a perdere l’occasione di creare qualcosa con il proprio figlio, lasciandolo così in balia di un freddo App Store.

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