Sei anni dopo il criticato “Oltre i confini del mare”, i Pirati dei Caraibi tornano a solcare l’oceano, tra antiche leggende, epiche avventure, un’alta marea di umorismo e tantissima salsedine. La lunga pausa avrà fatto bene alla saga Disney? Spoiler (l’unico che troverete qui): SI. Scopriamo insieme perché!
Ospite di Disney al cinema Orfeo di Milano, sono stato all’anteprima dell’attesissimo quinto capitolo della piratesca saga, in arrivo nelle sale il prossimo 24 maggio, resa unica dal personaggio cult di Johnny Depp, il codardo capitano Jack Sparrow, qui più disgraziato che mai. Dopo sei anni dal quarto episodio, la saga riceve nuova linfa, grazie a inediti e azzeccatissimi personaggi e a una trama misteriosa e incalzante, che ci racconterà la storia del capitano spagnolo Salazar, matador dei pirati interpretato dal grandissimo Javier Bardem, in cerca della testa di chi l’ha relegato nel limbo dei non-morti. Chi sarà mai stato a riservargli questo destino? Un pirata amante del Rum per caso?
Ma come si fa a provare rancore ai Caraibi?
Armando Salazar, capitano spagnolo relegato nella condizione di non morto da Jack Sparrow…
Con un mare così cristallino e sabbia così candida è proprio un peccato sprecare tempo alla ricerca della vendetta, se non fosse che il villain di questo capitolo, il capitano della Silent Mary, Armando Salazar (Javier Bardem), il sole non lo vede da diverse lune, imprigionato nel Triangolo del Diavolo molti anni or sono da un giovane pirata di nome Jack, appollaiato sull’albero maestro “come un passero“, con la bussola che segna la rotta per la cosa che più si desidera in mano. In questo inferno, Salazar e la sua spietata ciurma “vive” una condizione di non-morte, una condanna per loro e per tutti gli scettici marinai che decidono di passare per il Triangolo, incuranti delle leggende che lo avvolgono. Proprio una nave della Royal Navy britannica, all’inseguimento di un vascello pirata, decide di non credere alle superstizioni e agli avvertimenti del marinaio in erba Henry Turner (Brenton Thwaits), figlio di Will (Orlando Bloom), maledetto e relegato sull’Olandese Volante, da cui Henry vuole liberarlo grazie al potere del leggendario e introvabile Tridente di Poseidone. Ciò che segue è una mattanza spietata e terribile, da cui esce vivo solo il giovane Turner, per raccontare quello che è successo e portare un messaggio a Jack Sparrow da parte di Salazar, un messaggio di morte, ovviamente.
…Sogna il momento in cui potrà mettere le mani intorno al collo dell’irresistibile e codardo pirata
Morte che è proprio l’ultimo pensiero dello stralunato pirata, alle prese nel frattempo con una rocambolesca rapina nella banca più impenetrabile dei Caraibi, talmente sicura da permettergli di dormire beatamente dopo aver bevuto Rum ed essersi intrattenuto con la moglie del comandante della Guardia Reale, proprio all’interno della cassaforte! Una delle tante scene esilaranti con cui il film ci delizierà. Tutto quello che avete letto accade nel primi 10 minuti di proiezione, da qui in avanti non ci addentreremo più nella trama, un po’ perché lo spoiler è una pratica meschina, e un po’ perché la sceneggiatura di questo capitolo è davvero brillante, coinvolgente e ricca di plot twist, tra grandi ritorni e nuove scoperte, dove la vera protagonista è l’avventura epica che i fantastici personaggi vivranno. Una sceneggiatura non più eccessivamente Jackcentrica, firmata Jeff Nathanson e molto IndianaJonesiana (saga di cui ha infatti curato la sceneggiatura del quarto capitolo, “Il regno del teschio di cristallo”), molto ben ritmata ed eterogenea, senza pause e con gli immancabili dialoghi brillanti a cui la saga ci ha abituato. Il tutto coadiuvato dall’abilità registica del duo Ronning/Sandberg.
Re(gia) dei mari
Le riprese sono infatti di una spettacolarità eccezionale, sia nei momenti più divertenti (una scena in particolare, mentre Jack sarà in punto di essere giustiziato, è in assoluto la più divertente, da lacrime, soprattutto grazie ad un’esilarante scelta registica) sia nelle immancabili scene d’azione, che siano battaglie tra vascelli a colpi di cannone (eccezionale in questo senso il flashback che racconta le origini di Salazar, di cui potete vedere un assaggio nel trailer poco sopra) o duelli all’arma bianca. Non c’è un momento di tregua in questo capitolo, in cui l’urgenza che hanno i protagonisti di giungere al Tridente di Poseidone verrà trasmessa anche agli spettatori, grazie a coreografie spettacolari, riprese in continuo movimento ed effetti speciali eccezionali.
Per la nostra ciurma prendersi un momento di pausa equivarrebbe a morte certa, e così anche noi veniamo tenuti costantemente sul filo di lana, grazie a un dipanarsi della vicenda sempre coerente con la sua velocità. Semplicemente il film è costruito benissimo, dall’inizio alla fine, approfondendo ogni aspetto del racconto e non lasciando nulla al caso, senza fretta ma sempre con un ritmo indiavolato, impreziosito da scelte stilistiche suggestive e tutte da vedere. Le scene che vedono tantissimi attori a schermo saranno molte e tutte coreografate divinamente, come se fossero la scena del ballo de “La Bella e la Bestia” in salsa action, dando allo spettatore quella sensazione di epicità che solo produzioni del genere trasmettono. Epicità che ritroviamo nei costosissimi e bellissimi effetti speciali, integrati alla perfezione nell’affascinante ambientazione, come se fossero avvenuti davvero davanti agli occhi dei registi. Vedremo così un intero edificio sfrecciare per la soleggiata cittadina caraibica di St. Martin trainato da dei cavalli, le acque del mare dividersi come solo Mosè saprebbe fare, e tante altre trovate capaci di lasciare di stucco chi guarda, tra cui la realizzazione artistica della putrida e marcescente ciurma di Salazar. Tutte queste sensazioni vengono vissute sulle note di una colonna sonora, prevalentemente orchestrale, incalzante, talmente potente ed epica da trasmettere la sensazione di un concerto live in sala, come da tradizione.
Una ciurma da Oscar
Probabilmente da Oscar no, però in un film di questo tipo la recitazione dev’essere corale, e in questo Pirati dei Caraibi – La Vendetta di Salazar, se la cantano che è un piacere. A partire da un Johnny “Sparrow” Depp che finalmente non deve più reggere l’intero cast, lasciando liberi tutti i suoi amici e nemici di esprimere la propria personalità, mettendo in luce soprattutto le due principali new entry nella sua ciurma, il già citato Henry Turner, figlio della sua storica spalla Will e grande esperto di leggende marittime, e Carina Smyth (Kaya Scodelario), astronoma che ripone nella scienza e nella logica le speranze di realizzare il sogno del padre, decifrare la sua misteriosa mappa e trovare il Tridente. Naturalmente una donna di scienza non era ben vista nella maschilistica società dell’epoca, che non ci mette molto ad accusarla di stregoneria e metterle una taglia sulla testa. L’astuta e affascinante ragazza però riuscirà a farsi più volte beffe della Royal Navy, trovando nel disgraziato pirata e in Henry degli alleati inattesi. Proprio la coppia che formerà col giovane sarà uno dei cardini del film.
Entrambi i giovani attori sono bravissimi e vestono a pennello i ruoli che sono stati confezionati per loro, estremamente diversi ma pronti a completarsi, una vera e propria ventata d’aria fresca nella saga, non facendo assolutamente rimpiangere lo storico duo Bloom/Knightley, cosa non da poco. Queste novità nel cast riusciranno a dare nuova linfa anche ai veterani quali lo storico capitano Hector Barbossa (Geoffrey Rush), ormai opulento re dei mari e deliziosamente doppiogiochista, sarà protagonista di uno dei colpi di scena più importanti della pellicola. E poi ci sono loro, i due principali contendenti in questo singolar tenzone di più di due ore: Sparrow e Salazar. Inutile girarci intorno, può piacere o non piacere un attore come Johnny Depp (a me piace tantissimo per esempio), ma quando veste gli stracciati ed eccentrici panni del pirata Disney è sempre uno spettacolo, grazie alla sua espressività e alle trovate geniali di cui è capace. Ancora di più in questo capitolo dove altri gli rubano giustamente un po’ la scena (non è da escludere che sia stata un po’ sua l’idea, avendo partecipato attivamente alla scrittura della storia), scongiurando il rischio di una continua e ridondante gag.
Due new entry giovani e rampanti impreziosiscono un cast di altissimo livello capitanato da Johnny Depp, tra cui spicca un Javier Bardem più spietato che mai. Equilibrio perfetto.
Con la Perla Nera tristemente imbottigliata, la sua rinascita dalle ceneri della sua precedente “vita da pirata” è affidata alla bagnarola Gabbiano Morente (il nome è tutto un programma) e ad una missione che è più che altro quella di salvarsi la pelle, piuttosto che arricchirsi. Questo perché anche la sua nemesi non sta cercando principalmente un tesoro, bensì la sua testa, con tanto di cappello e baffi. Salazar è un villain di quelli a cui solo Bardem sa dare vita, tanto che faccio fatica a pensare ad un altro attore che avrebbe potuto recitare questa parte. Il capitano spagnolo è rabbioso, triste e spietato, un morto che non ha trovato pace e che può addirittura tornare in vita. Ambiguo come l’agente Silva di “Skyfall” e spietato come l’Anton Chigurh di “Non è un Paese per Vecchi”, Salazar è il vero protagonista della vicenda, sia per lo spazio ad esso dedicato sia per il copione che gli è stato scritto, tra carismatici dialoghi e scene macabre che danno un equilibrio perfetto alla produzione.
In definitiva questo quinto capitolo di Pirati dei Caraibi è davvero, ma davvero un bel film, molto più intenso di quel che mi aspettavo. Dalla regia al cast, passando per una sceneggiatura non banale e un senso di avventura unico e completo, Disney ha fatto nuovamente centro, rinverdendo i fasti de “La Maledizione della Prima Luna” e raggiungendo un livello qualitativo che alza inesorabilmente l’asticella della saga. Dunque non vi resta che raccattare la vostra ciurma di disgraziati e salpare verso il cinema più vicino, sentirete l’odore del mare, la bianca sabbia sulla pelle e la morte col suo fetido fiato sul collo. Comprendi?
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