Anche Wrestlemania 33 è ormai alle spalle. Rollins sconfigge Triple H, Roman Reigns ritira The Undertaker… e Mojo Rowley vince l’Andre the Giant Memorial Battle Royal. Sì, proprio lui. L
o spettacolo offerto in quel di Orlando, Florida, è stato l’evento più guardato al mondo, e non parliamo solo di wrestling, ma di qualsiasi sport e sport-intrattenimento esistente. Uno show, questo, che ha portato nelle casse della regina madre del wrestling, la WWE, a incassare milioni e milioni di dollari, che verranno in parte reinvestiti nel gioco ufficiale dell’anno, che probabilmente si intitolerà WWE 2K18 e che farà divertire milioni di videogiocatori (o almeno così si spera). Ma se oggi la World Wrestling Entertainment è inarrivabile per qualsiasi altra federazione che si occupi di questo business, così non è stato nella seconda metà degli anni ’90, quando la WCW (World Championship Wrestling) demolì per anni l’allora WWF, sia in termini di rating televisivi che di guadagni economici; qualcosa che sfruttò con Action Figures, repliche delle cinture, giocattoli e appunto videogiochi.
La lotta fu durissima e combattuta anche con inganni e tradimenti, cosa che portò la compagnia di Ted Turner e quella di Vince McMahon a odiarsi. Senza continuare troppo con la storia di queste due compagnie, è importante riassumere per un attimo cosa accadde:
la WCW, forte di rating televisivi sempre più alti, decise di puntare molto sui talenti made in WWE: Hogan, Hall e Nash furono solo i primissimi, a cui si aggiunsero Luger, un rientrante Flair, Bret Hart, Ultimate Warrior, e altri ancora. I primi tre sopracitati furono i creatori di quella che probabilmente è stata la stable (gruppo di tre o più lottatori) più forte di sempre: il New World Order, o NWO, che però andò in rovina quando quasi l’intero roster entrò a farvi parte, tanto che questo fu poi diviso in due schieramenti, NWO Hollywood con a capo Hulk Hogan, e NWO Wolfpack con a capo Kevin Nash.
EA ci mette lo zampino
Alcune “prime volte” nel mondo del wrestling
I videogames creati dalla ormai defunta WCW furono dieci e furono sviluppati tra il 1990 e il 2000 da diverse case videoludiche, che ebbero più o meno successo. Naturalmente il wrestling ha ottenuto una visibilità sempre maggiore negli anni ’90, ed è per questo che è facile spiegare come il primo titolo mai creato prima,
WCW Wrestling, abbia venduto appena 100.000 copie per NES, mentre ci sarà un aumento sempre più consistente nei titoli successivi. I titoli videoludici targati WCW furono sviluppati da diverse case, ma fu sicuramente Electronic Arts a cercare di fare passi avanti significativi, tanto che presentò alcune “prime volte” nel mondo del wrestling, e tra questi figura senza dubbio
WCW: Mayhem.
Who’s Next?
Il vero simbolo di questo titolo è sicuramente
Bill Goldberg, tornato pochi mesi fa in WWE e riuscendo a conquistare la cintura nel corso del Pay Per View precedente a Wrestlemania, battendo in poco più di un minuto l’ex campione Kevin Owens. Nel 1998, Goldberg era sicuramente nel suo periodo migliore, e diventò simbolo della compagnia di Turner grazie a una serie di vittorie – ben 173 in dieci mesi – conquistate entro i primi cinque minuti dall’inizio del match. Ed è per questo che
Goldberg compare nel trailer, nell’intro, nell’immagine di copertina e addirittura in una mitica pubblicità italiana con la voce di sottofondo di Michele Posa.
Che roster!
Tutti i grandi nomi erano presenti
Graficamente parlando, il titolo in questione era sicuramente inferiore rispetto a quello della concorrenza, che oltre a questo dato, aveva dalla sua giochi più completi sotto molti punti di vista, ma quello in quel periodo, il motto
“WCW is where the big boys play” mostrava la realtà per quella che era, ossia una compagnia che aveva dalla sua un roster incredibilmente talentuoso, che tanto stava dando alla compagnia. Erano presenti tutti i grandi nomi, da Hogan a Sting, da Ric Flair a Scott Steiner, passando per Hall e Nash, senza dimenticare i favolosi four horsemen e i pesi leggeri, che tanto diedero alla compagnia e che passarono sotto l’ala dei McMahon una volta fallita la compagnia di Turner: Eddie Guerrero, Rey Mysterio Jr., Billy Kidman, Juventud Guerrera, Chris Jericho; nomi insomma ancora celebri oggi per diversi motivi.
Quest for the best
Il titolo offriva in realtà pochissime modalità, siamo quindi lontanissimi da quelle presenti nei titoli dedicati al wrestling più moderni, e al tempo stesso anche le stipulazioni dei match erano esigui, altro che Ladder Match, insomma. Oltre alla possibilità di creare un wrestler, opportunità da sempre presente in questo genere di titoli, era possibile selezionare un avvio veloce, con scelte puramente casuali, il Main Event, che invece ci permette di scegliere precisamente arene, personaggi e stipulazioni, ma soprattutto la Quest for the Best. In questa semplice modalità, bisognava semplicemente scalare i tanti gradini del ranking per diventare il più forte in assoluto, nonché il campione pluripremiato della compagnia sconfiggendo praticamente ogni singolo personaggio presente. Insomma troppo poco per oggi, ma forse abbastanza per il 1999.
Un mezzo per guadagnare e farsi conoscere
Com’è possibile intuire dalle parole con cui abbiamo cercato di descrivere WCW Mayhem, è possibile intuire come questo titolo non possa essere considerato oggi un gran bel gioco, e probabilmente non lo fu nemmeno a suo tempo, quasi 20 anni fa, quando il wrestling era tutt’altra cosa.
La lotta tra le due maggiori compagnie americane del settore passò anche e soprattutto da questo: il mondo extraring che WCW e WWE (allora WWF) stavano costruendo intorno a loro, e che portò ad ascolti televisivi che non furono mai più ribattuti negli anni seguenti. I videogiochi sono stati per questo un’arma importante per queste compagnie, che vedevano non solo l’opportunità di guadagnare di più, ma anche di farsi conoscere da quel pubblico che ancora ignorava cosa fosse il wrestling. Ma tutto ciò servirà come base ai primi veri titoli di un certo peso che furono creati a partire da PlayStation 2. Il titolo
Here Comes the Pain dirà molto probabilmente qualcosa ai fan di questo sport-spettacolo, ma ci sarà tempo per parlarne…
#LiveTheRebellion